Viaggio nella terra di “Muro, muro, cadi giù”

IMG_20140407_175916Torino. Di Mariagrazia Nemour.

A Torino in questi giorni viaggia in lungo e in largo per la Palestina.

Dal Museo di Arte Orientale, dal Rettorato, dal Teatro Regio si alzano in volo decine di racconti da, e per, la Terra Santa. Obbligatorio vaccinarsi contro i pregiudizi, prima di partire.

Il  viaggio del 7 aprile è iniziato con Egidia Beretta, la mamma di Vittorio Arrigoni. Viaggio nelle emozioni di una donna che tra qualche giorno vivrà il terzo anniversario dell’assassinio del figlio. Una morte italiana in terra palestinese, oscurata da una benda, morte legata, sequestrata. Una morte violentata dalle immagini di un video internet.

Egidia è una mamma con la valigia in mano che si sposta per raccontare un figlio non ordinario. Vittorio amato eppure così inquieto, alla ricerca del perché di ogni giorno. Vittorio che partecipa a vari campi di lavoro in Africa e nell’Europa dell’Est, ma che solo a Gerusalemme trova una risposta alla domanda che lo assilla. Perché la Palestina è una Terra violata, ma sa fare innamorare. E quando ci si innamora, si sa, l’unico desiderio è tornare, si accetta di vivere con poco e di faticare, per quel poco. Quando un uomo si innamora, trova il coraggio di scrivere alla propria madre: so che ti faccio preoccupare, ma posso stare solo qui.

Le radici della famiglia di Vittorio affondano negli anni della Resistenza italiana, e lui ha voluto dare nuova linfa a quelle radici reinventandosi partigiano, più di mezzo secolo dopo la seconda guerra mondiale. Partigiano in un conflitto ugualmente impari, di occupazione. Pietre a graffiare carri armati. Vik è un partigiano che sale e scende dalle ambulanze prese di mira dai cecchini, che cammina nei campi di prezzemolo davanti ai soldati con i fucili puntati, che urla da una piccola imbarcazione: pescano per sopravvivere, perché sparate?

Egidia conclude ricordando tutta la gioia che albergava in Vittorio, sorride dei suoi tanti racconti sui bambini, sugli aquiloni. Durante l’intervento un neonato ha continuato a intercalare le parole di Egidia con squillanti la-la, probabilmente, a Vittorio sarebbe piaciuto.

Il viaggio prosegue con Luisa Morgantini – già vice-presidente del Parlamento europeo – che parla del bisogno di tornare, dopo essere stati la prima volta in Palestina. Stesso bisogno espresso da Chiara Ingrao (sindacalista, femminista, pacifista) che ricorda come proprio la sua esperienza in Palestina – nel tentativo di fare incontrare e confrontare donne israeliane, palestinesi, ed europee – abbia dato nuovo vigore alla sua esistenza e alle sue battaglie.

È l’antropologo Jeff Halper a continuare il viaggio, raccontando della nascita del suo impegno civile, il giorno in cui una ruspa israeliana rade al suolo la casa del vicino palestinese, un amico. Quel giorno la ruspa non ha disintegrato solo mattoni, ma anche le convinzioni di un israeliano, su Israele.

Alla giuda del viaggio si mette il pastore valdese Daniele Garrone, e a seguire Don Nandino Capovilla che divide idealmente la platea in due pullman. A destra i parrocchiani di un fantomatico Don Luciano, che partecipano al viaggio in Terra Santa per adempiere a un voto, per turismo, per dire ci sono stato. A sinistra, un pullman di cristiani, tutto qua. I cristiani in Palestina ci vanno con occhi e orecchie ben aperti, entrano volentieri nelle case della gente per prendere un tè. Domandano, sorridono, ringraziano. Spesso piangono. Pregano anche per strada, senza bisogno di un santuario.

La Palestina è una Terra di risposte, ma è necessario mettersi in ascolto, avere il coraggio di sentirle, quelle risposte.

Ognuno dal viaggio si porta a casa quello che gli assomiglia di più. Don Capovilla alza un libricino colorato: una parrocchiana che di mestiere fa la maestra, è tornata a casa e  ha scritto una fiaba per i suoi bambini, “Muro, muro, cadi giù”.