Vite occupate: “Non mi smuoveranno dalla mia terra”

Pchr. Yusef Shahin (34 anni) possiede un granaio nel villaggio di Abasan, a est di Khan Yunis. Venerdì 1° giugno 2012, alle 6.30 circa del mattino, Yusef ha ricevuto una telefonata da un amico, dalla quale veniva a sapere che parte del suo granaio aveva preso fuoco. Il motivo: un apache israeliano aveva preso di mira le sue proprietà: “Mi sono precipitato verso il granaio e ho trovato dei carri armati israeliani fermi sul posto, così non ho potuto far niente”.
È solo uno degli ultimi episodi di incursioni condotte dalle forze israeliane e volte a distruggere le terre palestinesi; queste fanno parte a loro volta di una politica illegittima che viene adottata nei confronti della cosiddetta “zona cuscinetto” lungo il confine tra Israele e la Striscia di Gaza. Non si sa quali siano esattamente le aree incluse da Israele in questa zona, ma nel maggio 2009 Tel Aviv annunciò che si sarebbe estesa per 300 m dal confine all’interno della Striscia. In realtà, può essere profonda anche 2 km. Questo rende molto difficile la vita degli abitanti, visto che la larghezza dell’enclave palestinese raggiunge appena i 5 km nel punto più stretto. Le incursioni nella zona cuscinetto assumono normalmente la forma di spianamenti dei terreni tramite l’uso di bulldozer o attacchi aerei. Le azioni israeliane vengono anche accompagnate di frequente dal fuoco da guerra; come afferma Yusef, “prima di lanciare i bulldozer contro le fattorie, aprono il fuoco in modo esteso e senza preavviso. Se ci sono delle persone, alcune muoiono ed altre restano ferite.”

Al momento dell’attacco del 1° giugno, Yusef era a casa con la moglie e i tre figli, preparandosi per andare al granaio. Questo copre un’area di 17 dunum1 e si trova a circa 500 m dalla frontiera. 7 dunum sono stati inceneriti dall’attacco di venerdì. Il valore di perdite subite è stimato intorno ai 5.500 $ [più di 4.300 €, ndR]: “Questa è la mia terra, che si trovi a 500 m o anche solo a 2 m dal confine. Per 20 anni mi ci sono guadagnato da vivere, e non la abbandonerò”. Yusef racconta poi che le forze di difesa civile di Gaza sono giunte alle 7.30 del mattino per spegnere il fuoco, ma non hanno potuto procedere senza un accordo tra la Croce Rossa internazionale e l’esercito israeliano. Di conseguenza, le fiamme non sono state estinte prima delle 11.

L’agricoltore ricorda inoltre che non si tratta della prima incursione: “La mia terra è stata devastata una quindicina di volte. All’inizio del 2009, uno dei miei operai fu ucciso da un proiettile, ed un altro rimase ferito”. Il granaio aveva anche un pozzo e una cisterna d’acqua, entrambi distrutti in passato: “Se scelgo di andarmene, la mia terra verrà trasformata in un’area militare chiusa, mentre la mia presenza e quella di altri agricoltori rende questa possibilità più difficile. Preferisco restare ed affrontare gli attacchi”.

Yusef non è l’unico fattore ad essere stato gravemente danneggiato dall’ultimo attacco israeliano. Nell’operazione di venerdì, il fuoco ha divorato anche i terreni e i mucchi di grano appartenenti ad alcuni suoi vicini, sebbene Yusef non conosca bene l’ammontare dei loro danni.

Mi ci erano voluti sei mesi per preparare il grano per la raccolta, ed ora mi restano solo queste perdite” continua Yusef, indicando una nuvola di cenere nera che il vento solleva vicino al granaio: “La mia sola esperienza è nel lavoro agricolo. Se me ne vado, che cos’altro farò? Come sosterrò la mia famiglia? Questa terra mi fu lasciata da mio padre, ed apparteneva a mio nonno. La lascerò anch’io ai miei figli, quando morirò”.

Il mirare in modo diretto ad un bersaglio civile rappresenta un crimine di guerra, com’è stabilito nell’Articolo 8(2) (b) (ii) dello Statuto di Roma della Corte criminale internazionale. La distruzione di proprietà private è vietata in modo simile nella quarta Convenzione di Ginevra, Articolo 53, a meno di essere resa assolutamente necessaria dallo scopo delle operazioni militari. La direzione delle offensive contro le proprietà private nella zona cuscinetto rende impossibile ai palestinesi produrre l’alimentazione necesssaria al proprio sostentamento, e rappresenta quindi una violazione nei confronti di numerosi provvedimenti intorno ai diritti umani, incluso il diritto a disporre in modo adeguato di viveri (come dichiara l’Articolo 6 della Convenzione internazionale sui diritti civili e politici).

Per vedere un video della testimonianza di Yusef Shahin, clicca qui.

http://www.pchrgaza.org/portal/en/index.php?option=com_content&view=article&id=8521:occupied-lives-i-shall-not-be-moved-from-my-land&catid=146:video&Itemid=306

1 dunum = 1000 m² in Palestina, 2500 m² in Iraq.