Vite sotto occupazione: “Ci terrorizzano nelle nostre case”

Gaza – Pchr. Lunedì 10 settembre 2012, velivoli militari israeliani hanno lanciato 2 missili su un vasto terreno a ovest del campo profughi di an-Nussairat, nel centro della Striscia di Gaza, distruggendo 2 stanze e un container, danneggiando 23 abitazioni e 10 ulivi e ferendo 7 civili palestinesi, dei quali 4 bambini e 2 donne. Tale attacco, diretto contro obiettivi civili, rappresenta una violazione del diritto internazionale.

Haniya ‘Abdul Hadi Kabaja, 60 anni, è una delle donne che, nella notte dell’attacco, ha subito danni minori. “Verso le 2 di notte ci siamo svegliati per il rumore dei bombardamenti”, racconta: “Eravamo tutti spaventati ma siamo tornati a dormire. Circa 15 minuti più tardi abbiamo sentito altri bombardamenti, e schegge che colpivano le pareti esterne della casa. Qualcosa mi ha colpito al volto, facendomi sanguinare. Mio figlio Anas, vedendo che ero stata colpita, ha cominciato a gridare, chiamando i suoi fratelli affinché venissero ad aiutarmi. Dopo avermi prestato i primi soccorsi abbiamo sentito Reema, la mia nipotina di 10 anni, piangere, e ci siamo accorti che anche lei era stata ferita, a una gamba”.

Dopo un po’, un’ambulanza ha portato Haniya e sua nipote all’ospedale Martiri di al-Aqsa. Le loro ferite non erano gravi e sono state dimesse subito.

Finora Haniya e la sua famiglia non hanno ottenuto alcuna motivazione per l’attacco, né sanno quale fosse l’obiettivo reale. “Eravamo tutti terrorizzati, i missili sono stati lanciati a soli 100 metri da dove viviamo. Altre persone, nei paraggi, sono state ferite dalle schegge dei missili, delle finestre sono andate distrutte e alcuni tetti in amianto sono stati danneggiati. In questa zona non ci sono stati più incidenti dagli attacchi di Piombo Fuso. Nessuno sa perché sia stata bombardata una zona deserta, vicina a delle abitazioni”.

Dal giorno dei bombardamenti la famiglia di Haniya vive nel continuo terrore di ulteriori aggressioni. Ciò ha avuto delle conseguenze particolarmente negative nei bambini: “I bambini si sono davvero spaventati. Di solito uscivano dopo il tramonto, per giocare o per andare a trovare dei parenti nelle vicinanze. Ora, dopo che fa buio, non escono più. Anche gli adulti ora hanno paura, e sappiamo tutti che non possiamo dire nulla contro l’occupazione israeliana, e che non possiamo fare nulla”.

Il figlio di Haniya, Mohammed, 32 anni, spera che gli attacchi contro civili disarmati abbiano fine, e invoca il rispetto dei diritti di tutti. “Voglio solo che le cose cambino, e che l’occupazione israeliana finisca. Siamo solo dei civili disarmati, ma loro continuano a seguirci e a terrorizzarci anche dentro le nostre case. Hanno ferito mia madre e mia figlia, che non avevano fatto nulla. Non causiamo problemi a nessuno, chiediamo solo il rispetto dei nostri diritti, della nostra terra e della nostra libertà. Siamo persone pacifiche e intendiamo rimanerlo. Dopo che siamo stati attaccati in tutti questi anni chiediamo solo il rispetto dei nostri diritti. Se anche ci ammazzano tutti e restiamo solo in 10, continueremo ancora a pretendere i nostri diritti”.

Colpire direttamente un obiettivo civile è considerato crimine di guerra dall’articolo 8 (2) (b) (ii) dello Statuto di Roma del Tribunale criminale internazionale. In modo analogo, la distruzione di proprietà privata è proibita dall’articolo 53 della IV Convenzione di Ginevra, a meno che essa non sia assolutamente necessaria per consentire le operazioni militari. Lanciare un attacco indiscriminato e intenzionale costituisce crimine di guerra, come definito dall’articolo 8 (2) (b) dello Statuto di Roma del Tribunale criminale internazionale. Inoltre, secondo il principio della proporzionalità, codificato nell’articolo 51 (5) (b) del Protocollo aggiuntivo numero 1 alla Convenzione di Ginevra, un attacco che possa prevedibilmente causare perdite accidentali di vite umane, ferimento di civili o danni a obiettivi civili, o una combinazione di essi, è considerato eccessivo relativamente al concreto e diretto vantaggio militare anticipato.

Traduzione per InfoPal a cura di Stefano Di Felice