Vite sotto occupazione: “Violazione del diritto alla libertà di culto”

Pchr. La moschea al-Aqsa, a Gerusalemme Est, è considerata uno dei siti sacri dell’Islam, come indicato nella sura al-Isra’, il capitolo del Corano conosciuto come “Il viaggio notturno”: “Gloria a Colui che di notte trasportò il Suo servo dalla Santa Moschea alla Moschea remota, di cui benedicemmo i dintorni, per mostrargli qualcuno dei nostri segni. Egli è Colui che tutto ascolta e tutto osserva”. Secondo il Corano è “la terra della ricchezza e del raduno”, e una preghiera detta alla moschea di al-Aqsa equivale a mille preghiere dette altrove. Per questo motivo è considerato il terzo sito sacro dell’Islam e un importante luogo di preghiera.

Dal 2005 ai palestinesi della Striscia di Gaza e della Cisgiordania è precluso l’accesso alla moschea dalle Forze israeliane, con il pretesto di ragioni di sicurezza. Ciò equivale a negare ai palestinesi la libertà di manifestare la propria religione e il proprio credo, violando un aspetto fondamentale del diritto alla libertà di religione.

Sheikh ‘Omar Mahmoud, 47 anni, è il presidente della Corte d’appello della Shari’a nella Striscia di Gaza. Nella sua qualità di autorità legale e di leader religioso egli esprime il proprio punto di vista sull’importanza dell’accesso alla moschea al-Aqsa: “La moschea al-Aqsa è stata la seconda moschea della terra ad essere costruita, essendo stata edificata 40 anni dopo la prima, della Mecca. Essa è stata la prima qibla dell’Islam (la direzione verso la quale i musulmani pregano). Al-Aqsa è considerata il luogo verso il quale il profeta Muhammad viaggiò nel suo Viaggio notturno, e nel quale egli pregò prima dell’ascesa al cielo: per questo è un luogo sacro. La moschea costituisce una parte fondamentale della nostra dottrina e della Shari’a. La terra di Gerusalemme e l’area che circonda la moschea sono considerate la Terra della resurrezione. Non è importante solo per la fondazione dell’Islam ma anche per altre religioni. Al-Aqsa non è solo un luogo di culto, ma anche una scuola con una sezione dedicata all’istruzione femminile”.

Sheikh ‘Omar fa notare che diversi aspetti fondamentali del diritto alla libertà religiosa vengono negati dalle forze israeliane, e che queste violazioni oltrepassano le restrizioni al libero accesso: “Le azioni delle forze di occupazione israeliane nei Territori palestinesi occupati sono una chiara violazione di diverse norme, non solo per i musulmani ma per chiunque. Per prima cosa, i bombardamenti hanno colpito molte moschee nei Territori occupati, ed anche molti siti del patrimonio islamico, come i cimiteri in cui furono seppelliti i compagni del profeta Muhammad. Alcune moschee, come la moschea Qisaria, sono state trasformate in pub, e altre, come ad esempio la moschea Ibrahimi, sono state divise in due sezioni, una per gli ebrei e il resto per i musulmani.

“Ci sono poi, in corso, i lavori di scavo sotto la moschea di al-Aqsa, per la ricerca del ‘tempio di Salomone’ per gli ebrei: questo non dovrebbe succedere. Anche i diritti dei cristiani sono stati violati, ad esempio quando i coloni israeliani hanno imbrattato con degli slogan una chiesa a Betlemme, occupandola ed espellendone i palestinesi”.

Oltre a ciò, solo ad alcuni cristiani palestinesi è permesso visitare Gerusalemme e Betlemme, secondo restrizioni in base all’età. Questo vuol dire che ad alcuni di loro non è permesso presentare domanda, e l’accesso ai loro siti religiosi sottostà a misure di restrizione. Questo è un atto di discriminazione, in quanto i musulmani  non possono in nessun caso presentare domanda.

Le politiche israeliane di impedimento di acceso ad al-Aqsa rivolte ad alcuni gruppi di musulmani risalgono all’inizio dell’occupazione: “La violazione principale è stato il divieto d’accesso alla moschea rivolto ai fedeli della Striscia di Gaza e della Cisgiordania. Durante la prima intifada, iniziata nel 1987, solo alcune persone potevano visitare Gerusalemme, previo rilascio di autorizzazione. Dopo l’inizio della seconda intifada nel 2000, le forze di occupazione decretarono una restrizione completa e un divieto totale, e a nessuno, da Gaza o dalla Cisgiordania, è stato permesso raggiungere al-Aqsa per i rituali. Ma questa non è l’unica violazione. Nemmeno i palestinesi in possesso di carta d’identità israeliana che vivono a Gerusalemme hanno libero accesso alla moschea: a volte viene loro concesso, altre no, a seconda dell’umore dei militari preposti ai controlli.

“Israele ha continuamente chiuso tutti i valichi di frontiera della Striscia di Gaza per quasi 5 anni. Il blocco illegale della Striscia imposto da Israele si è progressivamente irrigidito dal giugno del 2007. Sheikh ‘Omar pensa che le restrizioni siano una violazione del diritto alla libertà religiosa, e che non debba essere permesso che continuino ad accadere: “Per i palestinesi è una restrizione di accesso completa a qualcosa di molto importante per la loro dottrina. Nemmeno coloro che entrano in Israele attraverso il valico di Eretz, per cure mediche, possono accedere a Gerusalemme con il permesso di cui dispongono.

“L’ironia sta nel fatto che agli stranieri di tutto il mondo l’accesso al sito è consentito, ma non ai palestinesi. Questa è un’evidente oppressione, e una chiara violazione della libertà di religione e del diritto alla libertà di culto. In quanto musulmani abbiamo garantita la libertà di culto per qualsiasi religione, nella Striscia di Gaza, dove nessuno ha mai attaccato altre persone per motivi legati alla religione. Ma le forze di occupazione israeliane hanno commesso ogni violazione nei Territori palestinesi occupati per impedire la libertà di culto. Le forze di occupazione ci hanno negato la libertà di movimento anche per scopi di culto, e questa è un’ingiustizia verso i musulmani. È molto triste non poter effettuare i propri riti liberamente”.

Sheikh ‘Omar ritiene che vada intrapresa un’azione, da parte della comunità internazionale, che ponga fine a questa situazione: “L’unica cosa che possiamo fare in questo momento è sensibilizzare l’opinione pubblica internazionale attraverso i mezzi di informazione, e chiedere ad altri paesi che ci vengano in soccorso per far terminare lo stato di cose attuale. Il messaggio delle violazioni e dei crimini che riguardano la moschea di al-Aqsa dev’essere trasmesso in tutto il mondo. Che sia il diritto dei musulmani o dei cristiani ad essere violato, tutto ciò deve finire immediatamente”.

Il diritto alla libertà di religione e di credo è sancito dall’articolo 18 del Patto internazionale sui diritti civili e politici, ed è stato riaffermato dalla Dichiarazione sull’eliminazione di tutte le forme di intolleranza e di discriminazione religiosa e di credo, approvata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 1981. Questo diritto fondamentale è anche protetto da diversi strumenti di diritto internazionale, tra i quali l’articolo 18 della Dichiarazione universale sui diritti umani del 1948, che afferma che: “Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di manifestare, isolatamente o con altre persone in comunità, in pubblico o in privato, la propria religione o il proprio credo nell’insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell’osservanza”.

Traduzione per InfoPal a cura di Stefano Di Felice