Di L.P. – 14 maggio 2020. Ovviamente la notizia non ha avuto rilevanza mediatica, anzi è stata volutamente nascosta secondo il principio della “gerarchizzazione delle notizie” del giornalismo embedded e mainstream, che, in termini meno eufemistici significa autocensura. Qualche giorno fa è arrivata la notizia della vittoria della Palestine Solidarity Campaign (PSC) alla Corte suprema dopo aver contestato le normative del governo del Regno Unito che vietano ai regimi pensionistici delle amministrazioni locali (LGPS) di disinvestire in contrasto con la politica estera e di difesa del Regno Unito, limitando così la possibilità di cessione da parte delle società coinvolte in Israele violazioni dei diritti umani.
La decisione meritava risonanza mediatica poiché la campagna per promuovere la causa dei diritti umani e della liberazione del popolo palestinese ha ricevuto un enorme appoggio dalla Corte Suprema del Regno Unito. Una battaglia legale durata per ben quattro anni, conclusasi finalmente con il riconoscimento che i piani pensionistici delle amministrazioni locali (LGPS) avevano il diritto di applicare principi e considerazioni etiche ai loro investimenti e scegliere legalmente di non investire in società complici dell’occupazione illegale della Palestina o che producano e vendano armi a regimi colpevoli di violazioni dei diritti umani e di oppressioni di interi popoli.
Nel 2016 il Dipartimento per le comunità e le amministrazioni locali aveva pubblicato una guida che vietava ai regimi pensionistici delle amministrazioni locali (LGPS) di perseguire il disinvestimento da paesi stranieri e industrie della difesa del Regno Unito, includendo un divieto di disinvestimento nelle aziende sulla base del loro commercio di prodotti fabbricati nei Territori palestinesi occupati. Nel giugno 2017, il PSC ha presentato una domanda di Revisione giudiziaria che ha portato la Corte amministrativa a dichiarare illegale la decisione di vietare i fondi LGPS da questo tipo di disinvestimento. La Corte d’appello ha quindi annullato la decisione della Corte amministrativa in un’udienza nel maggio 2018 e nel novembre 2018, la Campagna BDS ha ottenuto il permesso di presentare ricorso contro questa sentenza presso la Corte suprema.
La sentenza pronunciata recentemente a favore della PSC arriva a pochi mesi dopo che il governo di Boris Johnson aveva proposto di introdurre una legge anti-BDS che vietasse agli enti pubblici di imporre le proprie campagne di disinvestimento o sanzione contro paesi stranieri. Questo intento fu ampiamente condannato dagli attivisti per i diritti umani come attacco liberticida ai diritti civili.
Questa è stata una vittoria storica per la causa palestinese, ma soprattutto una vittoria della solidarietà internazionalista poiché ha sostenuto che i salari differiti dei lavoratori non dovessero essere usati per investire in aziende o in paesi che violano i diritti di altri lavoratori. Ciò dimostra anche una sconfitta sul piano legale del governo britannico che fa sicuramente da deterrente al suo intento di equiparare antisemitismo e antisionismo come se fossero la stessa cosa. Per l’ennesima volta si chiarisce che è un diritto opporsi alle logiche di mercato che giocano a favore di Israele, ma soprattutto che ciò sia una scelta di umanità.