Voci da Gaza – Se fossi in lei

photo-by-Wissam-NassarGaza –The Palestine Telegraph. Di Nesreen Kamal.

Ero pronta per dormire, stavo poggiando la testa sul cuscino rosso a forma di cuore, e mi stavo coprendo con una mezza coperta. La musica suonava piano, quando, all’improvviso, la bellissima armonia è stata seppellita dal suono acuto e prepotente di un attacco aereo israeliano nelle vicinanze. Sono quasi caduta dal letto e sentivo il cuore battermi nel petto come reazione al bombardamento. Sono rimasta immobile sul letto per un po’… tentando di capire cosa fosse successo. Era passato veramente tanto tempo dall’ultima volta che avevo visto tremare le pareti e il soffitto della mia casa per un attacco aereo, pensavo di non riconoscere il rumore delle bombe, ma mi sbagliavo.

Ho acceso la radio e sentito il giornalista: “Gli aerei israeliani hanno bombardato zone diverse nella Striscia di Gaza; schegge di granata hanno ferito una ragazza mentre era in casa durante uno degli attacchi aerei”. Non sono riuscita a sentire altro perché i pensieri mi urlavano in testa. La ragazza ferita stava in santa pace a casa sua, e il bombardamento era lì vicino.

Era semplice per me immedesimarmi, la nostra condizione era quasi la stessa, tranne che per la ferita. Ho poggiato la testa tra le braccia raccolte sulle ginocchia e ho chiuso gli occhi. Ho visto brillare nell’oscurità  luci rosse e blu; ci ho messo un po’ di tempo per capire che era l’ambulanza sul luogo del bombardamento. Poi ho visto l’ombra della ragazza, appesa al braccio di uomini che salivano le scale per metterla nell’ambulanza. Dov’era ferita esattamente? Dove? Ho provato a guardare con attenzione, ma un fumo nero, sporco e puzzolente mi ha impedito di vedere. Poi, tutto a un tratto, mi sono trovata davanti a lei, sconvolta, con le sopracciglia inarcate, gli occhi e la bocca spalancati, e la fissavo.

Qual era l’ultima volta che si era pettinati i capelli? La polvere che la ricopriva e i tanti graffi sul viso la facevano sembrare ancora più in disordine. Le mani, le gambe e il corpo trasandato era tutto quello che riuscivo a vedere, ma la testa era bassa e io volevo guardarla negli occhi. Mi sono avvicinata per guardarla da più vicino, e avrei dovuto farlo prima. Adesso riuscivo a sentire il suo respiro pesante e il pianto. La paura e l’orrore che aveva vissuto erano visibili nel suo aspetto: i capelli e i vestiti in disordine, le braccia sporche. Ha messo la sua mano nella mia e in quel  momento mi sono vergognata della mia futilità che mi faceva notare solo l’aspetto esteriore della ragazza, e improvvisamente ho compreso che non era facile immedesimarsi nonostante le cose che avevamo in comune!

Mi sono vergognata perché non provavo il suo dolore, non sentivo le sue urla e le sue richieste di aiuto, non condividevo l’orrore che le impediva di preoccuparsi delle condizioni dei suoi capelli e del suo corpo. Ma al mondo chi si preoccuperebbe del proprio aspetto, quando è in pericolo di vita? Ho posato l’altra mia mano sulla sua, mi sono disperata con lei, ho sentito il cuore battere forte, ho sentito i droni e gli aerei israeliani librarsi sulle nostre teste, ho sentito rimbombare un’espolsione, ho provato dolore, ho visto sangue spillare dal mio corpo, ho sentito il respiro pesante, ho visto gli occhi della ragazza mentre mi fissava, sconvolta, con le sopracciglia inarcate, gli occhi e la bocca spalancati, e poi ero di nuovo in me!

Ho girato la testa a destra e a sinistra, cercando di assicurarmi che ero ancora sana e salva nel silenzio della mia stanza. Tutto era come prima, ma diverso da come era prima che la mia immaginazione imbastisse i fili di quella storia apparentemente vera. Tutto era come prima, ma diverso. Non riuscivo più a pensare! Volevo solo dormire, sperando di non svegliarmi col corpo ricoperto del colore del mio cuscino.

Traduzione di Maria D’Ascia