Wafa’ Albis: ‘Riappropriarsi della vita con la liberazione’

Jabaliya (Gaza) – InfoPal. Di 'Abdel Ghani ash-Shami. Sei anni fa la giovane palestinese Wafa' Albis non esitò ad indossare la cintura esplosiva e dirigersi verso Beit Hanun (Eretz), valico a nord della Striscia di Gaza, controllato dalle forze d'occupazione israeliane. La sua intenzione era quella di farsi saltare in aria tra i soldati israeliani per vendicare l'uccisione di bambini, donne e anziani palestinesi.

E' l'unica detenuta liberata proveniente dalla Striscia di Gaza, e rilasciata a margine dell'accordo di scambio tra Hamas e Israele. Due anni fa, Israele le aveva negato il rilascio, quando in cambio di un filmato video che mostrava Shalit vivo, furono liberate 20 detenute. Wafa' ebbe salva la propria vita per un errore tecnico: la cintura che indossava non esplose.

La ragazza ha raccontato al nostro corrispondente da Gaza i dettagli dell'operazione che avrebbe voluto condurre per vendicare l'uccisione dei piccoli Iman Hajjo e di Muhammad al-Durrah, come dei numerosi altri bambini uccisi durante l'Intifada al-Aqsa. Wafa' ha raccontato anche i dettagli del suo arresto, dell'interrogatorio, e del suo rilascio. La ragazza, inoltre, ha confidato le proprie prospettive future.

Wafa' proviene dal campo profughi di Jabaliya, nel nord della Striscia di Gaza. Il 20 di giugno del 2005 fu arrestata al valico di Beit Hanun (Eretz) con l'accusa di affiliazione a Fatah e per aver tentato un'operazione suicida. Fu condannata a 12 anni di prigione, ne ha scontati più di sei e la scorsa settimana è stata rilasciata.

Vendicare i bambini. Racconta Wafa': “Ogni volta che un bambino palestinese veniva ucciso, ero afflitta dal dolore. Pensavo sempre a un modo per vendicarli. Un giorno andai da un leader delle Bigate “Shuhada' al-Aqsa”, ala militare di Fatah con la richiesta di affidarmi un'operazione di resistenza. Dopo un primo rifiuto, l'uomo accettò dietro mia insistenza”.

“Quando entrai presso il valico tra i soldati, tentai più volte di innescare l'ordigno senza riuscirvi. I soldati mi scoprirono e iniziarono a disarmarmi con l'uso di un robot”.

Tra la vita e la morte. “Ero seriamente intenzionata a donare la mia vita alla resistenza. Israele crede che i nostri attacchi siano dettati da volontà suicide, ma non è così. Noi amiamo la vita, quella degli altri e l'amiamo così tanto da donare la nostra. Israele continua a massacrare il nostro popolo”.

Al ritorno a casa, il giorno della liberazione, Wafa' troverà ad aspettarla tutti i parenti, i vicini e gli amici. Tutti sono venuti a farle gli auguri perché è stata liberata. Perché, dopo la tentata operazione di resistenza, si è riappropiata doppiamente della vita.

La tortura e l'isolamento. Wafa' ha raccontato al nostro corrispondente da Gaza il periodo della detenzione: dall'arresto all'interrogatorio fino alle torture fisiche e psicologiche subite, il lungo isolamento in una cella sotterranea e lo strazio del divieto di visita impostole per tutto il periodo di detenzione

“Nella prigione di Ramla sono stata confinata all'isolamento: senza sole, solo sporcizia e insetti ovunque”.

Quasi a voler deridere le minacce di assassinio che alcuni israeliani – compresi deputati – sollevano in questi giorni contro gli ex detenuti, Wafa', ha osservato: “Se mi uccidono, esaudiranno quello che era il mio desiderio in passato, per il quale ho trascorso sei anni della mia vita in prigione”.

Rivolgendosi al presidente dell'Autorità palestinese (Anp), l'attivista di Fatah ha rivolto un messaggio “affinché segua il percorso della resistenza per liberare tutti i detenuti palestinesi dalle carceri israeliane, soprattutto oggi che i negoziati si sono rivelati un metodo fallimentare”.

Wafa' ha solo parole di rispetto e apprezzamento per la resistenza palestinese che ha condotto l'accordo con pazienza e fermezza dal primo giorno dell'operazione “L'illusione svanita”, nel 2006, nella quale il caporale israeliano Gilad Shalit fu catturato.

Wafa' riprenderà l'università e non abbandonerà l'attivismo politico, a sostegno dei prigionieri e a fianco della lotta del popolo palestinese, fino alla fine dell'occupazione israeliana.

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