Warschawski e l’obiezione di coscienza in Israele.

Da www.ilpuroislam.net

(18 Agosto 2006)

 Palestina occupata – L’analista politico Michel Warschawski, uno dei maggiori esponenti della sinistra israeliana  è stato fra i primi ebrei a rifiutarsi di prestare servizio militare fuori dai confini e per questo, durante la guerra in Libano dell’82 è stato più volte in carcere.  Recentemente, ha preso posizione contro l’invasione del Libano da parte d’ “israele”.

 Riportiamo di seguito alcune sue dichiarazioni:

 Palestina occupata“Ascolto con molta attenzione Nasrallah e, come altri commentatori in Israele, constato che i suoi discorsi sono pacati e di grande responsabilità: tutto il contrario dell’Occidente che si pretende baluardo di civiltà e che invece trasuda retorica fondamentalista. Sembra di assistere a un capovolgimento di valori: il campo laico che si abbandona al fanatismo, e quello religioso che, anche se parte da una diversa concezione, fa di tutto per non pronunciare discorsi confessionali.

Palestina occupata   “Non si può comprendere questa guerra d’aggressione contro il Libano, né l’accanimento contro i palestinesi, in particolare a Gaza, fuori dal contesto della guerra permanente e preventiva intentata dai neoconservatori di Washington a livello mondiale e fatta propria da Tel Aviv. L’obiettivo è quello di imporre l’egemonia nordamericana nella regione a scapito di regimi come Siria e Iran e organizzazioni politiche di massa come Hamas e Hezbollah, identificate come terroristiche. Ma questa guerra è stata anche un laboratorio, in termini di strategia, tattica, e sperimentazioni di armi che Israele ha ricevuto in questi anni da Washington: anche armi sconosciute”.

Palestina occupata –“Anche oggi il movimento contro la guerra è attivo, ma purtroppo al massimo mobilita 5-6.000 persone. Al suo interno, ci sono forze di sinistra o di estrema sinistra. La maggioranza ha meno di 25 anni. Sono quelli che si sono mobilitati nel corso di questi ultimi anni contro l’occupazione e la strategia di neocolonizzazione messa in atto dal governo. Sono quelli che si sono opposti alla costruzione del muro, alla repressione nei territori occupati, e che oggi costituiscono la colonna vertebrale del movimento antiguerra. Il discorso secondo cui c’è una minaccia del terrorismo islamico che incombe sulla democrazia, è ormai maggioritario, ha distrutto quella grande opposizione alla guerra, la sua efficacia e la sua capacità di produrre egemonia in Israele. Oggi la maggioranza della società vede nell’esercito l’ultima difesa contro un nuovo giudeicidio. Alcune delle unità combattenti più prestigiose assomigliano ormai agli squadroni della morte, specializzati come sono nelle cosiddette uccisioni mirate, ma la domanda per entrare a farne parte è altissima”.

Palestina occupata –“Da anni è in corso in Israele una massiccia campagna per convincere la società che la pace è un’illusione e che occorre tornare al cosiddetto spirito del ’48. Una vera controriforma su tutti i piani (culturale, ideologica, giuridica e istituzionale), che, dopo l’11 settembre, ha incontrato e inglobato la teoria dello scontro di civiltà e la retorica della guerra al terrorismo, purtroppo anche la sinistra moderata, quello che per voi è il centrosinistra, pensa che ci sia una civiltà minacciata dai barbari e che occorra difendersi. Si crede l’avamposto della civilizzazione nel cuore del mondo arabo, l’ultimo baluardo in seno alla barbarie: questo è il discorso che è passato. La  politica di guerra dei dirigenti israeliani porta alla catastrofe, e chiude le porte alla possibilità di una coesistenza nazionale con i palestinesi. Ci fanno odiare dagli arabi perché, pur vivendo in una regione araba, Israele rigetta il mondo arabo. Bisogna essere pazzi per credere che possiamo imporre la nostra esistenza in questa regione e contro il mondo arabo”.

Palestina occupata – “Con l’11 settembre c’è stata una svolta. Fino ad allora, i palestinesi venivano percepiti come nemici con cui si aveva una divergenza profonda, ma si dava per possibile che la questione potesse essere affrontata, che si dovesse arrivare a una qualche trattativa concreta. Aver assunto il discorso dei neoconservatori americani, ha spinto Israele a un cambiamento qualitativo: da nemici che erano, i palestinesi si sono trasformati in minaccia. E una minaccia non è più identificabile in un contenzioso concreto e in un nemico concreto, incombe e basta e ci si deve difendere. «Israele è una villa nel cuore della giungla», ha detto qualche anno fa Ehud Barak. Si può mai intrattenere rapporti con la giungla? Questo discorso domina e guida la politica israeliana e la gran parte dell’opinione pubblica”.

Palestina occupata – “Con la scomparsa del nemico globale che minacciava il cosiddetto mondo libero, e cioè l’Urss, e con l’azzeramento del processo di pace con i palestinesi, si è dovuto rimpiazzare il vuoto con una minaccia apocalittica. Non a caso, riferendosi ad Al Qaeda si parla di nebulosa: un mostro immateriale. Una guerra, quindi, che non si può mai vincere perché il nemico è un fantasma che non può essere identificato. Solo che la guerra è reale e fa disastri concreti. Però, la propaganda porta a leggere il presente e la storia come un immenso pogrom che continua da millenni e per cui non ci si può mai fermare: una dinamica di guerra infinita. Siamo sull’orlo del baratro e ne stiamo avendo un assaggio”.

Palestina occupata – “La politica di guerra dei dirigenti israeliani porta alla catastrofe, e chiude le porte alla possibilità di una coesistenza nazionale con i palestinesi. Ci fanno odiare dagli arabi perché, pur vivendo in una regione araba, Israele rigetta il mondo arabo. Bisogna essere pazzi per credere che possiamo imporre la nostra esistenza in questa regione e contro il mondo arabo”.

 

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