Washington pretende di riscrivere la storia degli attentati di Buenos Aires.

Riceviamo e pubblichiamo.
In questi giorni i mass-media, incoraggiati dall’ordine di arresto internazionale emesso dal pubblico ministero argentino Nissman nei confronti di nove personalità politiche iraniane (tra cui l’ex Presidente Hashemi Rafsanjani e l’ex Ministro degli Esteri Ali Akbar Welayati), hanno rispolverato l’oscura vicenda degli attentati terroristici che colpirono Buenos Aires nel 1992  e 1994 per incrementare la propaganda di guerra contro la Repubblica islamica dell’Iran e il movimento di resistenza islamica libanese Hizbullah.
 
L’Associazione Islamica "Imam Mahdi" (AJ), con la traduzione di questo articolo del giornalista e scrittore francese Thierry Meyssan (autore de "L’incredibile menzogna" e "Il Pentagate", entrambi stampati in Italia da Fandango Edizioni), già presidente della Rete Voltaire di Parigi, a cui a breve faranno seguito articoli e saggi di altri ricercatori e studiosi, intende presentare al pubblico italiano le verità nascoste di quelle vicende, i tentativi di depistaggio e copertura, le montature e fabbricazioni, nonchè i reali autori e beneficiari.  
 
Associazione Islamica "Imam Mahdi" (AJ)

 

 

Washington pretende di riscrivere la storia degli attentati di Buenos Aires

 
Con lo scopo di dar peso alle accuse contro la «Mezza luna sciita» (Iran, Siria, Hizbullah libanese), Washington ha deciso d’includervi anche gli attentati commessi a Buenos Aires agli inizi degli anni 90. Nei paesi “atlantisti” [1] si da generalmente per scontato che quegli attentati furono opera di terroristi musulmani, nella fattispecie Hizbullah o l’Iran. Tuttavia nessuno più crede a queste accuse e la stessa giustizia argentina è orientata oggi verso la pista israeliana.
Infatti, la versione inizialmente accreditata fu decisamente smentita sin da allora dalla Corte Suprema argentina. I neoconservatori hanno reagito montando tutta una operazione per sovvertire i fatti. A seguito di una riunione tenutasi a Washington nel maggio 2006, con la partecipazione di due alti magistrati di Buenos Aires, il governo e la giustizia sono stati fatti oggetto di forti pressioni. In risposta, un gruppo di cittadini argentini guidati dal dottor Oscar Abdura Bini [2] ha presentato al Tribunale di Gran Istanza di Buenos Aires una querela per ostacolo alla giustizia contro l’American Jewish Committee [3] e i pubblici ministeri Nissman y Martínez Burgos.
Per comprendere le implicazioni di questa disputa è necessario ricordare gli attentati.
Il 17 marzo 1992 una violenta esplosione distrusse l’ambasciata di Israele a Buenos Aires e procurò gravi danni ad una chiesa cattolica e ad una scuola adiacente. 29 persone morirono e 242 restarono ferite.
Al principio, l’inchiesta si orientò verso la pista islamica. Si pensava che l’attentato fosse stato commesso da un kamikaze palestinese al volante di una camionetta piena d’esplosivo, che l’autore fosse membro della Jihad Islamica e che volesse vendicare l’assassinio commesso da Israele dello shaykh Abbas al-Musawi, capo dell’Hizbullah libanese, e della sua famiglia. Secondo quella versione, l’operazione di Buenos Aires era stata preparata da un gruppo di pakistani e coordinata da [shaykh] Mohsen Rabbani, incaricato culturale dell’ambasciata dell’Iran. Quest’ultimo fu arrestato, alcuni anni più tardi, in Germania e liberato in seguito per mancanza di prove.
Il 18 luglio 1994, un’altra esplosione devastò a Buenos Aires l’edificio della Associazione di Mutua assistenza Israelo-Argentina (AMIA) che costò 85 morti e più di 300 feriti.
Anche l’inchiesta su questo nuovo attentato si orientò verso la pista islamica. L’attentato venne attribuito a un kamikaze de 29 anni, tale Ibrahim Husseyn Berro, al volante di un veicolo imbottito d’esplosivo. Anni dopo, si emise un ordine d’arresto contro Imad Mugniyeh, membro dell’Hizbullah libanese. Più tardi, l’ambasciatore dell’Iran in Argentina, Hadi Soleymanpur, fu arrestato nel Regno Unito ma dovette essere liberato per mancanza di prove.
Tutti questi sospetti, sotto le sembianze di conclusioni definitive, si ripetono da anni in ogni tipo di enciclopedia, benché non ci sia nulla a confermarli. Quel che è più interessante è che con il passar del tempo gli stessi investigatori argentini hanno abbandonato le versioni suggerite da israeliani e americani e hanno costruito una ipotesi totalmente opposta: i due attentati furono commessi da agenti israeliani per contrastare l’antisionismo della comunità ebraica argentina.
E’ necessario collocare le incertezze degli investigatori argentini nell’inquieto contesto politico del loro paese, costantemente estremizzato da cambi di governo e insurrezioni. Finora non è stato emessa alcuna sentenza definitiva su nessuno degli attentati, cosa che consente che ognuno tragga le conclusioni che più gli aggradano in base a elementi contraddittori del processo.
Comunque sia, il meno che si possa dire a riguardo è che la pista del terrorismo islamico risulta già inconsistente e che i neocon hanno fatto tutto il possibile per insabbiare definitivamente l’inchiesta.
Il 5 marzo 2002, il giudice istruttore Alfredo Horacio Bisordi comparve a porte chiuse davanti ad una commissione d’inchiesta parlamentare per deporre in veste di testimone in merito al primo attentato. La Rete Voltaire ottenne la trascrizione di tele udienza.
Secondo il giudice Bisordi, il commissario Meni Battaglia diresse l’inchiesta sull’attentato all’ambasciata. In questo fu supportato, anche se in maniera non ufficiale, da un berretto verde (non identificato) dell’ambasciata degli Stati Uniti e dal responsabile della sicurezza dell’ambasciata d’Israele, Ronie Gornie. C’è da supporre che ambedue avessero una grande esperienza sulla realizzazione di questo tipo di attentati in Medio Oriente. Seguendo i consigli dei due «esperti», il commissario adottò immediatamente l’ipotesi del veicolo imbottito d’esplosivo e fece rapporto d’aver trovato frammenti del motore di una camionetta Ford 100.
Risultò impossibile stabilire una lista esatta delle vittime in quanto risultò che la lista dei diplomatici israeliani accreditati in Argentina non corrispondeva con il personale reale dell’ambasciata, differenza che non venne mai spiegata. Il giudice Bisordi avrebbe voluto che si eseguisse l’autopsia delle vittime, ma il commissario Battaglia s’oppose affermando che le autopsie non avrebbero apportato nuovi elementi. Di fronte all’insistenza del giudice, anche il gran rabbino d’Argentina si oppose alle autopsie perchè, nel caso delle vittime ebree, si sarebbe trattato di una profanazione. In conclusione, non si eseguì nessuna autopsia.
Il giudice poneva due interrogativi: Perchè gli attentatori attesero che l’ambasciata restasse vuota per realizzare l’attentato se un centinaio di personalità ebraiche erano state ricevute poche ore prima con tutti gli onori in quello stesso luogo? Perchè ricorsero ad un kamikaze per lanciare la camionetta contro l’ambasciata se questo era assolutamente inutile?
 Poiché il suo scetticismo si faceva sempre più evidente riguardo alla versione che si tentava di imporgli, il giudice ricevette una visita del direttore aggiunto dei servizi segreti argentini (SIDE), il dottor Gerardo Conte Grand. La missione di quest’ultimo era quella di riportarlo alla ragione.
Con il crescere dei suoi sospetti, il giudice si presentò all’improvviso in commissariato durante l’interrogatorio di un testimone chiave, un tassista che testimoniò d’aver accompagnato all’aeroporto, subito prima dell’attentato, un gruppo di musulmani che gli avevano chiesto di allontanarsi rapidamente dal quel posto prima che si trasformasse  in un inferno. Il giudice Bisordi interrogò personalmente il testimone. Credendo di trovarsi di fronte a qualcuno compiacente come gli altri poliziotti, il tassista rifiutò di identificarsi e si presentò come «l’uomo d’Israele». Arrivò persino a dire che era colonnello dell’esercito israeliano e che aveva partecipato alla Guerra dei Sei Giorni.
Gli elementi riguardanti la seconda inchiesta sono rivelatori tanto quanto quelli citati e comprendono persino un “vero” falso poliziotto israeliano che è di casa nei commissariati e nelle prigioni argentine, conduce interrogatori fuori da ogni procedura ed esercita pressioni sui testimoni. Questo individuo scompare quando la giustizia argentina gli chiede spiegazioni sulla sua attività. Il governo israeliano, che inizialmente negava l’esistenza di questo individuo, finì per riconoscere d’averlo utilizzato impedendo però che deponesse.
La Corte Suprema d’Argentina si riunì a porte chiuse per esaminare i diversi elementi del caso degli attentati. Quest’organo convalidò le investigazioni scientifiche che stabiliscono formalmente che, contrariamente a quanto s’ammise all’inizio, non ci fu alcuna autobomba condotta da kamikaze e che invece gli esplosivi erano stati collocati dentro gli edifici fatti saltare, sia all’ambasciata d’Israele che alla sede dell’AMIA.
Di conseguenza, si invalidò tutto quel che si era detto inizialmente sull’origine dei veicoli.
Il giorno seguente a questa udienza, il portavoce dell’ambasciata di Israele a Buenos Aires deplorò queste conclusioni e accusò i giudici della Corte Suprema di antisemitismo.
Per far luce su questi attentati la giustizia argentina avrà ancora bisogni di molta indipendenza e perseveranza, cosa che suscita alcune riflessioni.
Risulta strano che ci sia bisogno di una decina d’anni per provare che un attentato fu realizzato collocando l’esplosivo dentro un edificio e non mediante l’utilizzazione di una autobomba condotta da un kamikaze. Si rende necessario segnalare di pari passo che nell’attuale inchiesta sull’assassinio del primo ministro libanese Rafiq Hariri, la tesi della autobomba, considerata come certa dall’inviato speciale dell’ONU Detlev Mehlis, non costituisce attualmente più che una ipotesi di lavoro per il successore di quest’ultimo.
Nel corso di 14 anni, numerosi esperti occidentali hanno redatto lavori sul terrorismo basandosi su di una interpretazione erronea degli attentati di Buenos Aires. Gli autori di questi lavori ignorano o fingono di ignorare i progressi dell’inchiesta argentina, cosa che è sintomo di incompetenza o mala fede. Si aggrappano così alle conclusioni dei loro ragionamenti benché le premesse siano false.
Risulta doloroso constatare che nonostante le inchieste giudiziarie sui grandi attentati terroristici addebitati ai musulmani, a Buenos Aires come a New York, Bali, Casablanca, Madrid o Londra, continuino a non dare risultati concreti, ciò non impedisce affatto ai governi neoconservatori e ai loro «esperti» di continuare ad imporre le loro conclusioni generiche.
Gli Stati Uniti sono abituati a modificare in maniera retrospettiva l’identità di coloro a cui si attribuisce la paternità degli attentati realizzati in questo paese, cercando in questo modo di accusare sempre il loro avversario reale o immaginario del momento. E ora pretendono di riscrivere la storia anche fuori del loro territorio.
E’ importante tuttavia mantenere la vigilanza riguardo ai guerrafondai che sfruttano sfacciatamente gli attentati di Buenos Aires a vantaggio delle loro intenzioni di etichettare come «terrorista» questo o quell’altro partito o governo ed invocarne la distruzione.
 
Thierry Meyssan


[1] Paesi che fanno parte della NATO.
[2] Il dott. Oscar Abdura Bini è molto conosciuto in Argentina in quanto, avendo come paziente la moglie del presidente Carlos Menem, si rifiutò d’avvelenarla secondo le richieste dello stesso presidente.
[3] Creato dopo la Rivoluzione Russa, l’American Jewish Comitté fu inizialmente una associazione anticomunista. Attualmente si è trasformata in neoconservatrice.
 
Traduzione a cura dell’Associazione Islamica "Imam Mahdi" (AJ) 
 

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