WikiLeaks: ‘Il file Israele’

Tell er-Rabi' (Tel Aviv) – Ma'an. Alcuni giornali israeliani hanno fornito una presentazione degli affari palestinesi così come sono emersi – una settimana fa – da documenti statunitensi confidenziali.

Ancora una volta, è il fondatore del sito web WikiLeaks, Julian Assange, a divulgare i documenti, rimasti in secondo piano a causa dell'esplosione di violenze nella Striscia di Gaza, innescate a partire da giovedì scorso.

I documenti sono composti dai commenti rivolti a ufficiali statunitensi provenienti dalle alte cariche parlamentari, dell'esercito e del movimento dei coloni israeliani.

Il premier israeliano sul conto di 'Abbas e Fayyad. Novembre 2009: secondo quando rende pubblico il quotidiano israeliano “Haaretz”, in una conversazione con legali americani, Benjamin Netanyahu critica il presidente dell'Autorità palestinese (Anp) Mahmud 'Abbas, per aver mostrato di essere “di cattivo umore” e commenta come segue: “Dimostrare di essere di cattivo umore non è una buona condotta politica”.

Nel rapporto relativo allo stesso incontro, il premier israeliano Netanyahu accusa i palestinesi di speculare sullo stereotipo secondo il quale “Netanyahu è un ostacolo alla pace, mentre, allo stesso tempo, continuano a 'gironzolargli intorno'”.

Netanyahu afferma di “aver sostenuto la soluzione dei due Stati, di aver rimosso le restrizioni di movimento in Cisgiordania e di aver tenuto a bada la costruzione delle colonie per avere in cambio solo una debole risposta”.

Dirà il premier israeliano: “Come si sono comportati i palestinesi oltre a fare soltanto congetture?”

Ancora in base ai documenti relativi agli incontri con esponenti del Congresso statunitense, poco prima che Netanyahu assumesse l'incarico alla guida del governo di Israele nel maggio 2009, Olmert era impegnato a fornire un'altra valutazione dei leader palestinesi.

“'Abbas non è come 'Arafat. 'Arafat è stato un assassino, 'Abbas invece è un ragazzo gradevole (…) 'Abbas e io abbiamo speso molte ore intrattenendo 'magnifici colloqui'”.

“Nel 2005 la maggioranza elettorale conferì l'autorità ad 'Abbas, tuttavia egli non ne fece uso”, secondo il parere di Olmert. Il premier dell'Anp Salam Fayyad invece “è un buon manager, ma non è un politico”, per l'ex premier israeliano.

Quando (negli incontri cui si riferiscono i documenti) fu chiesto a Olmert quale suggerimento avrebbe voluto dare al suo successore, questo preferì non farlo per non mettere in imbarazzo Netanyahu. D'altra parte Olmert mise in chiaro che “Netanyahu avrebbe comunicato le proprie posizioni ad 'Abbas e questo lo avrebbe “mandato al diavolo”.

WikiLeaks 'il file Israele'. La presente serie di documenti si basa su 10mila file tutti relativi a Israele. Tra questi ve ne sono anche numerosi fuoriusciti da ambasciata e consolato statunitensi di Tel Aviv e Gerusalemme, dai quali emergono informazioni decisamente delicate da una prospettiva militare, secondo quanto si sostiene sul quotidiano “The Guardian”.

Il primo gruppo di documenti entra in scena nella stampa internazionale a novembre 2010. Allora, il commento di Netanyahu era stato: “Israele non è stato leso da questi documenti”.

Nel dicembre 2010, Assange confidò alla Tv del Qatar “Al-Jazeera” di avere 2.500 documenti relativi all'Agenzia d'Intelligence israeliana, il Mossad.

La vittoria elettorale di Hamas. Stando ad Haaretz, tra i documenti “Israel WikiLeaks” trapela l'avvertimento mosso dal consigliere alla difesa israeliana, Amos Gilad, a un ufficiale del Dipartimento di Stato Usa, Elizabeth Dibble, risalente al settembre 2005 in merito alle elezioni palestinesi del gennaio 2006:

 

“Se Hamas dovesse divenire una potenza di fatto e dovesse entrare nella vita politica, allora, sarà una catastrofe, soprattutto se l'Anp continuerà a essere impotente”.

Tuttavia, i dirigenti israeliani fallirono nell'anticipare i risultati del voto, che si chiusero con oltre la metà dei seggi ad Hamas. Gilad aveva predetto che Hamas avrebbe vinto con il 40%.

“Questo darà (a Hamas) un'immagine positiva, ma non gli conferirà una responsabilità politica”, commentò Gilad.

“(Hamas) offrirà qualunque cosa pur di vincere, e occuperà le municipalità. Intende prendere Nablus e occuparne tutti gli incarichi. Guadagnerà così un potere notevole e preparerà poi la strada perché i palestinesi sfoghino tutta la loro frustrazione”.

La minoranza palestinese in Israele. Negli ultimi documenti, così come esposti nei dettagli da Haaretz, nel maggio del 2008, il capo della sicurezza interna israeliana confidò a un diplomatico statunitense che “i palestinesi in Israele hanno goduto di troppi diritti”.

“Lo Shin Bet è una 'voce per assistere gli arabi israeliani in modo costruttivo'”, dirà il direttore dell'agenzia Yuval Diskin prima di esporre la minaccia rappresentata dai parlamentari palestinesi alla Knesset (parlamento israeliano) e dai palestinesi che entrano in Israele grazie alla possibilità del ricongiungimento familiare.

Dal 2003, il ricongiungimento familiare (verso Israele) tra membri della stessa famiglia nati in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza è stato bloccato.

Diskin sosteneva che un permesso di tale natura aveva rappresentato una punto di “follia”, dal momento che i palestinesi in Israele hanno legami familiari con “cattiva gente dall'altra parte coinvolta in affari negativi”. Pertanto, secondo Diskin, “ai parenti venivano inculcate queste cattive idee”.

Ma il capo della sicurezza israeliana si appella pure a questioni razziali che presentano lo spettro di una minoranza ebraica. Dirà Diskin: “I beduini hanno portato con sé donne dalla Striscia di Gaza e da Jenin, e oggi hanno molti bambini (…) Pertanto è necessario fare una gestione controllata dell'immigrazione”.

Diskin criticherà pure il ruolo dei deputati palestinesi alla Knesset affermando: “Essi non diffondono i valori e i principi democratici di Israele e fanno abuso della propria immunità diplomatica (…) Essi sono vicino al nemico e sono associati con gente come (il presidente siriano) Bashar Assad”.
Quindi Diskin li accuserà di “tentare di immettere il conflitto israelo-palestinese in una nuova direzione”, connotandolo, cioè, di un “timbro nazionale”.

“Fortunatamente essi non stanno riscuotendo successo, almeno tra l'opinione pubblica generale, cosa che conta di più nelle questioni di ordinaria amministrazione”.

Quanto emerso fini qui, ha suscitato la collera dei deputati palestinesi lo scorso venerdì. “Così dichiarando, Diskin ci ha definito nemici piuttosto che cittadini”, ha affermato Hanin Zo'ebi, membro del partito palestinese “Balad”, rivolgendosi al quotidiano israeliano online “Ynet”.

“Sappiamo bene cosa intendeva Diskin quando ha dichiarato che 'siamo portatori di cattive idee'. Vuole azzittirci. (…) Non ci preoccupiamo di cosa pensa la gente della nostra partecipazione alle conferenze palestinesi insieme a persone provenienti dal resto del mondo. Ciò che Diskin teme maggiormente è quello che siamo in grado di raccontare sul conto di Israele e sulle sue nuove leggi”.

A tal proposito, sempre secondo quanto riporta “Ynet”, Taleb as-Sana, del gruppo “Ta'al”, ha chiesto l'apertura di un'indagine, commentando: “Diskin ha superato il limite”.

Dissenso tra le file dell'establishment israeliano. I documenti “Israel WikiLeaks” fanno emergere un dissenso interno all'establishment politico israeliano in merito alle modalità da adottare per affrontare le questioni palestinesi.

Diskin definisce la polizia israeliana “incompetente” tanto da aver indotto lo Shin Bet a dover interferire con il caso del leader di “Balad” Azmi Bishara, accusato di spionaggio con Hezbollah. Bishara abbandonò Israele nel 2007.

Da un rapporto emerso dall'ambasciata statunitense a Tel Aviv del novembre 2009, trapela anche il nome del generale dell'esercito Yoav Galant, all'epoca responsabile su Gaza e sul sud di Israele. Galant avrebbe detto: “La leadership politica israeliana non ha ancora fatto le scelte politiche necessarie per rispondere alle priorità”.

Galant faceva riferimento a un obiettivo da raggiungere nel breve termine, ovvero rafforzare Hamas e applicare una tregua, mentre, contemporaneamente, si sarebbe dovuto impedire al movimento di mantenere la propria presa su Gaza nel lungo periodo.

I documenti sui coloni israeliani. I documenti mostrano anche le critiche mosse dai leader dei coloni israeliani verso quanto definiscono “il costo della politica”, ovvero la violenza contro i palestinesi alla quale i coloni si sono votati in reazione ai freni posti da Israele alle loro attività illegali (le colonie) in Cisgiordania.

E così, Elyakim Haetzni, fondatore del consiglio per le colonie “Yesha”, incontrando diplomatici Usa si mostrerà preoccupato dal fatto che “le guide spirituali dei coloni (i rabbini) non stanno facendo abbastanza per arrestare le aggressioni contro i palestinesi”.

Il capo di “Yesha”, Danny Dayan, dirà che “l'atteggiamento di alcuni coloni è stato un orrore morale”.

Sebbene oggi sconfessi tutto questo perché “avulso dall'attualità”, dai documenti sugli incontri, allora Dayan affermò che “incentivi economici contro l'evacuazione delle colonie sarebbero stati accettabili 'ad un giusto prezzo'”.

Su Haaretz, inoltre, si riportano i contenuti relativi alla dipendenza dei politici israeliani dall'organizzazione non governativa “Peace Now“, che, notoriamente, si oppone alle colonie. Detta dipendenza poggerebbe sulla necessità dei politici di raccogliere informazioni utili alle proprie imprese (coloniali) in Cisgiordania.

Nel 2008, Eitan Broshi, assistente al ministero della Difesa di Ehud Barak, avrebbe confidato a diplomatici statunitensi di essere “impaziente” di incontrare rappresentanti di “Peace Now” per discutere di colonie in Cisgiordania.

Più tardi, ufficiali americani riportarono alcuni commenti rilasciati dal rappresentante di “Peace Now” su Broshi: “sembra non essere al corrente sulle recenti attività edilizie in alcune colonie, poi ha posto domande sullo status legale di altri insediamenti”.

Ora ci si aspetta che, nei prossimi giorni, la stampa israeliana prosegua nel riportare le migliaia di documenti di cui è in possesso.

Intanto, non sono mancati i primi commenti secchi sulle possibilità che dietro la loro pubblicizzazione vi sia proprio la leadership israeliana.

Non sorprende allora, quello dell'analista israeliano Alon Idan, pubblicato lunedì scorso su Haaretz: “Il 'file Israele' di WikiLeaks dimostra come il popolo israeliano ami essere governato in modo aggressivo da gente con la tendenza a dare in pasto menzogne”.

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