Tra urgenza e commenti poco chiari, i diritti dei Palestinesi si riducono

MEMO. Una retorica eccessiva unita alla mancanza di azioni costruttive ha creato molteplici aspettative nei confronti di Gaza. Negli ultimi giorni l’allarme si è moltiplicato in contrapposizione ad un falso ottimismo. Quest’ultimo è solo la facciata di un diffuso compiacimento che non si lascia turbare dalla riduzione degli aiuti finanziari per l’enclave.

Secondo l’agenzia di stampa Wafa, il primo ministro dell’Autorità palestinese, Rami Hamdallah, ha affermato che “restando uniti riusciremo a resistere a tutti i complotti contro la nostra causa nazionale, ad affrontare le ingiuste decisioni americane e le continue violazioni israeliane”.

Due giorni prima, il coordinatore speciale delle Nazioni Unite per il processo di pace in Medio Oriente, Nickolay Mladenov ha usato Twitter per fornire i dettagli di un incontro tra Hamdallah e il generale israeliano Yoav Mordechai. Mladenov ha affermato che i due dirigenti hanno discusso “soluzioni umanitarie critiche” e con un’affermazione bizzarra ha concluso: “si può fare molto se le condizioni sono adeguate”.

In entrambe le dichiarazioni, è implicito che i palestinesi debbano sottomettersi. Hamdallah non dovrebbe essere autorizzato a parlare di unità a nome di tutti i palestinesi, per non parlare della storia della resistenza per sfruttare a suo vantaggio le temporanee luci della ribalta. Vi sono prove sufficienti degli sforzi attuati da Hamdallah e dall’Autorità palestinese per obbligare il popolo di Gaza ad un altro farsesco tentativo di riconciliazione, impedendo ancora una volta, tramite misure punitive, l’accesso della popolazione alle necessità di base.

Come Hamdallah sa bene, l’unità nazionale è esclusa dall’equazione in quanto parte di un’entità che mira a supportare l’occupazione israeliana e contrastare l’indipendenza palestinese. L’unica equivalenza che emerge dalle sue dichiarazioni riguarda le diverse forme di oppressione imposte su Gaza, complementari alle violenze perpetuate nella Cisgiordania occupata. Strategie diverse producono risultati analoghi: privare il popolo di tutti i mezzi di resistenza di cui dispone per porre il monopolio della vicenda nelle mani di qualche “rappresentante” complice. Se i palestinesi vengono tagliati fuori dalla loro stessa storia, l’ANP è l’unico organo con cui la comunità internazionale può negoziare.

Ciò contestualizza ulteriormente il commento di Mladenov. Sfida ogni sorta di considerazione e obbligo. Se le condizioni fossero quelle giuste, Gaza non sarebbe ridotta a dipendere dagli aiuti umanitari internazionali; le Nazioni Unite dovrebbero enfatizzare questo fatto piuttosto che emulare Israele e gettare con altri mezzi l’enclave nell’oblio, collaborando a prolungare la sofferenza umana. Ma poiché le condizioni non sono quelle giuste, Mladenov ha l’obbligo di affrontare le discrepanze in termini di provvedimenti a livello umanitario e politico. L’aiuto umanitario non deve essere fornito a condizione che i palestinesi rinuncino ai loro diritti politici e umani.

Con iniziative fallimentari che diventano un’ulteriore imposizione esterna e premeditata nei confronti dei palestinesi di Gaza, gli attori politici coinvolti in Palestina si impegnano a tal punto nel mantenere l’indigenza degli abitanti dell’enclave che si ritroveranno costretti a rinunciare ai loro obiettivi politici. L’aiuto umanitario è un’arma potente ed è quella utilizzata da Israele, dagli Stati Uniti, dall’Autorità Palestinese e dalle Nazioni Unite per bloccare i palestinesi all’interno delle aree di navigazione del pianificato regime di miseria in cui stanno vivendo. Mentre l’attenzione continua a spostarsi sugli aspetti più cruciali della salute, il contesto politico viene lasciato sempre più nelle mani di rappresentanti istituzionali che trasformano in carità le richieste di autonomia dei palestinesi. Si dovrebbe ricordare tutto ciò quando si ascoltano le dichiarazioni di Hamdallah, Mladenov e le strutture di potere che rappresentano.

Traduzione per InfoPal di Beatrice Clemente