Afghanistan dopo 20 anni, tra imperialismo e menzogna

Di L. P. per InfoPal. Joe Biden ci dice chiaramente che gli Americani sono andati non per esportare la democrazia, ma per rivendicare l’11 settembre. Parole agghiaccianti… Parole che neanche Trump ha mai detto… Eppure più del 50% dell’Occidente crede che Trump sia stato il peggiore Presidente USA.
Ha affermato, inoltre, che è stato inutile addestrare l’esercito afghano perché non ha mai avuto  voglia di sconfiggere i Talebani, senza dire che i più grandi analisti geopolitici sono stati critici verso l’addestramento USA dell’esercito afghano dichiarandolo più volte come ridicolo, come se non ci fosse una vera e proprio volontà di addestrarli per dei motivi di difesa. Questo fa pensare che già da più di dieci anni gli americani fossero consapevoli di quanto fosse inutile la guerra in Afghanistan, continuando però a bombardare e a colpire civili a 360 gradi, mentre i Talebani riconquistavano sempre più terreno. 
Biden aveva dichiarato che Kabul non sarebbe caduta eppure poche ore fa è stato smentito, ma ha detto che lui aveva promesso che se ne sarebbe andato.
In tuitto ciò possiamo dire che è stata una guerra inutile, come hanno sempre affermato i movimenti pacifisti di tutto il mondo. Gli americani hanno creduto all’Afghanistan sono per l’oppio, il litio e per la posizione strategica sotto Russia e Cina.
Alcuni analisti americani parlano ancora di “tentativo fallito di costruire una democrazia” – un’analisi vergognosa soprattutto dopo le dichiarazioni di Biden che ci ha ribadito la politica atlantista di sempre: linea dura con Cina e puro piacere americano per la guerra. Finalmente sappiamo perché Obama mandò 80.000 soldati in Afghanistan, non per “costruire una democrazia”, come ci disse il Premio Nobel per la Pace, ma per creare un grande rilancio del PIL americano che da sempre si fonda sulla produzione e il rifornimento di armi.
Il discorso di Biden è stato di una tale gravità da far inorridire persino i neocon e i liberali occidentali: “Dovevano sconfiggere il terrorismo e non costruire una nazione”. Ma vent’anni di presa in giro, di cui noi pacifisti eravamo consapevoli ma solo perché abbiamo dubitato della retorica e della propaganda acritica a rete unificate che ha osannato, giustificato la guerra e preparato l’opinione pubblica “attutendo il colpo”, mostrandoci ancora una volta che preparare l’opinione pubblica significa “contenere la conflittualità” e far passare ogni cosa come “accettabile”.

Tuttavia, la dimostrazione maggiore è che le cose che succedono altrove ci interessano poco e niente, che tutta questa presa in giro non cambierà la vita agli occidentali, ricordandoci ancora una volta che la lontananza alimenta la nostra indifferenza. 
Dopo vent’anni di politiche guerrafondaie imperialiste, di sangue, di morti, di mine antiuomo, le parole di Biden non solo ci dicono che la NATO è un’organizzazione militare al servizio degli USA, ma che gli USA vivono il loro delirio di onnipotenza e nessuno può fermarli. La guerra in Afghanistan ci ha di mostrato che gli USA se vogliono una guerra la fanno, la portano avanti, influenzano un’intera organizzazione militare militare come la NATO, coinvolgono tutti i loro alleati, usufruendo dei propri rapporti di forza.
Ma la cosa più orribile è che i media Italia continuano a definirli “errori”. Per i media occidentali è stato un “errore” la guerra in Iraq, un “errore” la guerra in Afghanistan, un “errore” l’addestramento di 300.000 truppe afghane le cui armi adesso sono in mano ai Talebani che sono più forti di prima. Ci si dimentica spesso e velocemente di quello che è successo, ma è giusto dire che i Talebani oggi sono più forti rispetto al 1996 grazie all’occupazione militare USA, un’occupazione militare della NATO che è illegale. Con questa impostazione per la prima volta la NATO veniva meno al vincolo territoriale delle sue missioni che non consentiva missioni “out of area” (limitata per statuto all’Atlantico e all’Europa) e che nella forma originaria dello statuto del 1949 prevedeva unicamente una risposta a un attacco, ma non una missione di venti anni per occupare una nazione, cambiarne il regime e devastarla. I Talebani vennero finanziati dagli USA in funzione anti-sovietica per destabilizzare una nascente nazione socialista che stava iniziando a  vedere diritti garantiti, compresi quelli delle donne.
Gli USA, con la guerra in Afghanistan, hanno aperto le strade al consolidamento del salafismo afghano, una branca ultra-integralista del wahhabismo. Si tratta, per altro, di due correnti integraliste che, durante la Conferenza Islamica Mondiale a Groznyj del 2016, sono state dichiarate non sunnite e quindi non islamiche in quanto frange kharigite. Nonostante tutto il mondo abbia parlato di Islam e gli USA, con la Guerra in Afghanistan, abbiano globalizzato le politiche anti-musulmane creando un nuovo nemico necessario per l’Occidente: una guerra inutile che ha creato morte e distruzione da un lato e dall’altra interessi coloniali ed imperialisti. 
La sfacciataggine imperialista nel dire la verità dei fatti, che si è sempre saputa, non viene riconosciuta come tale e non riscuote troppa indignazione perché i media fanno da “anestetico anestetizzante” che rende la cosa “normalmente discutibile”. Questa è la principale vittoria dell’informazione di guerra embedded: far passare cose terribili con normalità anche se normali non sono. La pervasività del mainstream riesce, oggi, a farci passare dei veri e propri crimini come degli errori… Una cosa che negli anni Settanta non sarebbe successa ed avrebbe portato la gente in piazza esattamente come successe con il Vietnam.
Eppure coloro che vi si sono opposti per 20 anni sono stati etichettati e stigmatizzati come “pacifisti”, “comunisti”, “antirealisti”, “utopisti” e, devo dire, ultimamente “complottisti” o addirittura filo-russi, stando in linea con l’attuale banalizzazione dei temi e la polarizzazione isteriche delle opinioni. 
La guerra in Afghanistan è stata una grande opera di comunicazione politica e di informazione di guerra (info-war) che ha fatto veramente credere a gran parte della popolazione occidentale che fossimo lì, in primis l’Italia, a “stabilizzare” un Paese non-democratico. Agli analisti geopolitici e ai politologi che si sono divertiti in questi anni a fare analisi, forse per prendere qualche soldo per le loro presenze nei talk show, vorremmo chiedere: quale processo di democratizzazione ha avuto oggi l’Afghanistan e quale ha avuto negli anni 60-70? Se fossero intellettualmente onesti direbbero che negli anni 60-70 si stava formando una democrazia, il cui progetto è stato volontariamente interrotto. Ad oggi ci chiediamo, invece, se l’ex-Presidente Ghani fosse sempre stato consapevole di essere  una pedina per l’interesse ad uso e consumo atlantico, o se invece temesse un retrofront da parte dell’esercito afghano addestrato dagli USA. Se fosse così come è possibile che chi era “addestrato” (in modo ridicolo) per combattete i Talebani, si sia alleato oggi con loro? Come è possibile che una alleanza militare di 51 Paesi occidentali abbia già perso da 10 anni contro poche migliaia di Talebani? Se fosse stata una scelta strategica? Domande che meritano risposte perché tutto è molto lacunoso e le notizie sono sempre parziali e filtrate da un sistema di informazione pronto a destare scandalo quando vuole (pensiamo allo scandalo mediatico del burqa 20 anni fa) e a contenerlo all’occorrenza (oggi che Biden ci dice apertamente che è stata una guerra senza fini, se non quelli imperialisti).
“Eravamo privi di una comprensione fondamentale dell’Afghanistan, non sapevamo quello che stavamo facendo” – disse il generale americano Douglas Lute nel 2015.
Da tempo si sapeva che, come per il Vietnam, anche questa guerra non poteva essere vinta. Ma è andata avanti alimentandosi della sua stessa propaganda, del falso mito di se stessa e delle menzogne che venivano costruite a tavolino e somministrate all’opinione pubblica.

20 anni di guerra.

241.000 morti. 5 milioni di profughi. 2.000 miliardi spesi solo dagli USA, 8 miliardi spesi dall’Italia. 54 soldati italiani morti.
Queste sono le cifre in vent’anni di occupazione militare USA in Aghanistan… e oggi siamo tornati a una situazione simile a quella del 2001.

Queste erano anche le cifre che poco tempo fa diede Gino Strada in un suo articolo prima di morire… Chissà cosa direbbe adesso, anche se possiamo immaginarlo, forse mentre rispondeva all’ex ministro della Difesa Mauro che gli diede del “fantasma in Afghanistan”. Proprio lui che, come i suoi predecessori e i suoi successori, definì l’intervento militare italiano in Afghanistan con un dovere che avevamo come alleati degli USA. Un dovere che vale anche se sono menzogne?
D’altronde fino ad oggi ha prevalso la linea di Massimo D’Alema che invitava i pacifisti ad essere “orgogliosi” della missione in Afghanistan, affermando: “Il modo in cui si discute dell’Afghanistan non rende onore al nostro paese”. Detto da uno guerrafondaio imperialista che approvò l’intervento militare in Jugoslavia può sembrare solo un episodio di coerenza.
Eppure la verità è un’altra e la rabbia è incommensurabilmente superiore soprattutto perché oggi possiamo dire che avevamo ragione. Noi pacifisti avevamo ragione!
Per comprendere il disastro compiuto dagli Stati Uniti e dalla coalizione Nato in Afghanistan occorre andare oltre l’informazione manipolata che è stata generosamente distribuita all’opinione pubblica, che è stata un vero oppio dei popoli, che ha dato l’illusione che la guerra fosse giusta e che stesse ottenendo gli effetti sperati. Grazie agli “Afghanistan Papers” ora sappiamo qualcosa in più sulla manipolazione militare dell’informazione in questo conflitto. 
Come ha riportato Peacelink, gli Afghanistan Papers sono “una serie di documenti interni dell’Ispettore Generale Speciale per la Ricostruzione dell’Afghanistan (SIGAR) ottenuti dal Washington Post attraverso il Freedom of Information Act. Essi documentano la guerra degli Stati Uniti in Afghanistan e rivelano che i funzionari di alto rango erano generalmente dell’opinione che la guerra fosse impossibile da vincere, ma lo tennero nascosto al pubblico. La verità è stata manipolata per tutta la durata del conflitto. [7] La giornalista Lulu Garcia-Navarro ha affermato che “i nuovi Pentagon Papers descrivono gli sforzi espliciti e sostenuti del governo degli Stati Uniti per fuorviare deliberatamente il pubblico”.
John Sopko, ispettore speciale statunitense per la Ricostruzione dell’Afghanistan (SIGAR), ha parlato di fronte al Congresso USA e ha dichiarato che i funzionari statunitensi hanno regolarmente mentito per 18 anni di guerra in Afghanistan, esagerando i rapporti sui progressi compiuti. Sopko, non a caso, è stato convocato di fronte alla Commissione per gli Affari Esteri della Camera a seguito della pubblicazione, da parte del Washington Post, di alcuni documenti noti come Afghanistan Papers.
Secondo Sopko l’informativa del 2014, in cui si affermava che “oggi 3 milioni di ragazze e 5 milioni di ragazzi sono iscritti a scuola, rispetto ai 900.000 di quando i talebani governavano l’Afghanistan”, sarebbe stata volutamente manipolata. I funzionari statunitensi hanno mentito sul numero di bambini afghani iscritti nelle scuole, un indicatore chiave dell’amministrazione Obama, anche se “sapevano che i dati erano pessimi”. Questo il vero paradigma di democrazia statunitense: da “democrazia del sapere” a “democrazia del fottere”, altro che sviluppo e modernità. Fu proprio Sopko a dire che le atrocità commesse dai “signori della guerra” , allineati con la coalizione guidata dagli Stati Uniti, hanno spinto molti afghani ad unirsi ai Talebani in segno di resistenza alla situazione di stallo. Per quanto sia una contraddizione, così è stato ed oggi i Talebani sono stati lasciati indisturbati.
La guerra in Afghanistan è stata una sperimentazione imperialista in tutti i sensi: dal punto di vista geopolitico, militare, tecnologico, economico e comunicativo. Una vergogna riprovevole che meriterebbe un altro processo per crimini di guerra.
Aveva ragione veramente Gino Strada, come aveva ragione anche Giulietto Chiesa che da ormai trent’anni portava avanti un’informazione libera contro le derive cerchiobottiste e apertamente Status quo. Ad oggi possiamo dire che ci resta solo da capire come mai, nonostante ciò che sta accadendo, i giornalisti mainstream, resosi conto delle fandonie che hanno diffuso e scandalizzati dai fatti recenti, possano ancora lasciare intendere che “gli americani non dovevano andarsene proprio in una situazione di bisogno del genere” come se, oltre ad essere  artefici del disastro, dovessero anche i salvatori.