Attivisti di Black Lives Matter si uniscono a una manifestazione a Bilin

389111CRamallah-Ma’an. Venerdì 29 luglio, le forze armate israeliane hanno arrestato due attivisti nel disperdere le proteste settimanali nel villaggio di Bilin, nel distretto di Ramallah nella Cisgiordania occupata.

Le forze israeliane hanno arrestato due manifestanti, identificati come Hamzah Ghazi al-Khatib, 17 anni, e l’attivista per la solidarietà palestinese Inad Leaf – la cui nazionalità rimane tuttora ignota – portandoli verso una destinazione sconosciuta.Una rappresentante dell’esercito israeliano ha dichiarato di stare cercando tra i verbali.

Bilin è stato uno dei villaggi più attivi nelle proteste pacifiche di opposizione organizzate contro le politiche di Israele per molto tempo, e i residenti protestano ogni venerdì da 11 anni consecutivi, spesso dovendo affrontare gas lacrimogeni, proiettili di acciaio rivestiti di gomma e granate lanciate dalle forze armate israeliane.

Venerdì i manifestanti innalzavano foto dei tre membri della famiglia Dawabsha, commemorando le vittime uccise quasi un anno fa, quando alcuni coloni estremisti israeliani avevano bombardato la loro abitazione nel villaggio di Duma vicino Nablus, lasciando Ali Dawabsha, di 4 anni, unico sopravvissuto.

Gli abitanti del villaggio hanno ricevuto il sostegno degli attivisti israeliani e internazionali, tra cui alcuni attivisti del movimento Black Lives Matter, movimento di giustizia e uguaglianza razziale nato negli Stati Uniti in risposta alle numerose “uccisioni extragiudiziali” di afroamericani da parte degli agenti di polizia e dei civili. Lo scopo del movimento è lavorare per “un mondo in cui le vite dei neri non siano più soppresse sistematicamente e intenzionalmente”.

Molti attivisti del movimento hanno trovato un obiettivo comune con la resistenza palestinese all’occupazione israeliana nei territori palestinesi e le violazioni dei diritti umani nei confronti dei civili palestinesi, in particolar modo dato che Israele è stato oggetto di condanne diffuse internazionali per quella che è stata definita dai critici una politica di “sparare per uccidere”, dall’inizio dell’ondata di uccisioni lo scorso ottobre, quando più di 200 palestinesi sono stati uccisi dalle forze israeliane, molti dei quali in apparenti “esecuzioni extragiudiziali” pur non essendo colpevoli.

In una dichiarazione sulla pagina Facebook del movimento Black Lives Matters è stata pubblicata una foto di attivisti che reggono una bandiera palestinese e insegne di solidarietà alla protesta.

“Nella lotta per la dignità, la giustizia e la libertà, il movimento Black Lives Matters si impegna alla lotta condivisa e globale per le popolazioni oppresse, ovvero le popolazioni della Palestina occupata e altre comunità indigene che per decenni hanno opposto resistenza all’occupazione della loro terra e alla pulizia etnica del loro popolo, e la cancellazione della loro storia e delle loro esperienze”, si legge nella dichiarazione.

Nella dichiarazione, inoltre, gli attivisti di Black Lives Matter si impegnano alla “lotta, solidarietà e appoggio globale al movimento Boycott, Divest and Sanction(BDS) per la libertà, la giustizia e l’uguaglianza del popolo palestinese e per mettere fine al supporto internazionale dell’occupazione”.

La protesta di venerdì non è stata la prima volta in cui attivisti di Black Lives Matter hanno fatto visita in Palestina esprimendo la loro solidarietà al popolo palestinese.

Un gruppo di attivisti del movimento, tra cui l’importante giornalista americano Marc Lamont Hill, ha pubblicato un video a gennaio 2015 filmato a Nazareth in solidarietà al popolo palestinese nella lotta contro “l’apartheid israeliano”.

Il video è stato realizzato a conclusione di un tour di 10 giorni a cui hanno partecipato rappresentanti di gruppi associati a gruppi per i diritti dei neri e la giustizia razziale tra cui i Dream Defenders, Black Youth Project 100, Black Lives Matter e alcuni attivisti associati al movimento Ferguson contro la violenza delle forze di polizia.

Facendo riferimento alle città statunitensi diventate il centro delle proteste e dei movimenti di giustizia dopo le ripetute sparatorie ai danni di afroamericani disarmati, gli attivisti hanno dichiarato nel video: “Noi veniamo qui e scopriamo leggi che sono state firmate con l’inchiostro ma scritte con il sangue degli innocenti. Siamo al fianco dei popoli che continuano a lottare con coraggio e a opporre resistenza all’occupazione, alle persone che continuano a sognare e lottare per la libertà. Da Ferguson alla Palestina, la lotta per la libertà continua”.

Nel dicembre 2014 la delegazione ha anche ospitato un evento, tenutosi all’Università di Birzeit a Ramallah,in solidarietà con la lotta degli afroamericani negli Stati Uniti.

Traduzione di Giovanna Niro