Hasbara israeliana a Sheikh Jarrah: a proposito della pietra “terrorista” di Gilad Erdan e la logica distorta

MEMO. Di Ramzy Baroud. (Da Bocchescucite.org). L’ambasciatore israeliano alle Nazioni Unite, Gilad Erdan, sta guidando la propaganda anti-palestinese del suo Paese, questa volta impegnandosi in una campagna Hasbara preventiva in attesa di una reazione palestinese agli sgomberi in corso nel quartiere di Sheikh Jarrah a Gerusalemme Est.

“Lo considerereste un attacco terroristico se una pietra come questa venisse lanciata contro la vostra auro mentre viaggiate con i vostri figli?”, ha chiesto Erdan ai membri del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, tenendo la pietra tra le mani. “Condannereste questi brutali attacchi terroristici perpetrati contro i civili israeliani dai palestinesi?”

Questa logica israeliana, in cui i palestinesi oppressi sono descritti come l’aggressore, e l’oppressivo Israele, uno Stato di apartheid razzista sotto ogni punto di vista, si presenta come una vittima che si limita a difendere i propri cittadini, è abbastanza tipica.

Ma la logica selettiva di Erdan è, questa volta, indotta da qualcos’altro. La sua esibizione alle Nazioni Unite ha semplicemente lo scopo di creare una distrazione dagli attuali orribili eventi che si verificano a Sheikh Jarrah e in tutta la Gerusalemme Est occupata. Mercoledì 19 gennaio, la casa della famiglia palestinese Salhiya è stata demolita da Israele, rendendo 15 persone, per lo più bambini, senza tetto.

Pochi giorni prima, proprio in quel luogo si è verificato un evento straziante quando, in preda allo sconforto, i membri della famiglia Salhiya hanno minacciato di darsi fuoco per l’imminente perdita della loro casa di famiglia.

“Non è rimasto nulla per noi a Gerusalemme. Questa è la pulizia etnica. Oggi noi, domani i nostri vicini. Preferiremmo morire nella nostra terra con dignità piuttosto che arrenderci a Israele”, ha detto Mahmoud Salhiya, il proprietario della casa, prima di essere dissuaso dai vicini a non darsi fuoco.

Questi tragici eventi sono seguiti da vicino, principalmente dai palestinesi ma anche da persone in tutto il mondo. Se lo slancio della distruzione israeliana continua, è probabile che potremmo assistere a un’altra rivolta popolare. Lo spettacolo di Erdan all’ONU è un disperato atto di propaganda per dissuadere i membri della comunità internazionale dal criticare Israele.

Ma Israele non riesce a difendersi, come la sua incapacità di difendere la sua orribile violenza contro i palestinesi in tutta la Palestina occupata nel maggio 2021. Anche i tradizionali alleati di Israele si stanno esprimendo contro l’ultimo ciclo di pulizia etnica a Sheikh Jarrah.

L’inviato statunitense alle Nazioni Unite ha espresso “preoccupazione” per l’espulsione forzata nel quartiere palestinese. “Per fare progressi, sia Israele che l’Autorità Palestinese devono astenersi da passi unilaterali che aumentano le tensioni e vanificano gli sforzi per portare avanti una soluzione negoziata a due Stati”, ha detto Linda Thomas-Greenfield, usando il linguaggio solitamente pacato. Tuttavia, Thomas-Greenfield ha continuato a mettere in guardia contro “annessioni di territorio, attività di insediamento, demolizioni e sfratti, come quelli che abbiamo visto a Sheikh Jarrah”.

Sempre il 19 gennaio, il legislatore statunitense, Rappresentante del Wisconsin Mark Pocan, ha fortemente criticato la decisione israeliana di sfrattare con la forza la famiglia Salhiya a Sheikh Jarrah.

“La scorsa notte, con il favore dell’oscurità e il freddo gelido, le case della famiglia Salhiyeh a Sheikh Jarrah, Gerusalemme, sono state distrutte dalle forze israeliane lasciando 15 persone senza tetto. Questo è inaccettabile e deve finire”, ha twittato Pocan, aggiungendo il popolare aggregatore #SaveSheikhJarrah.

Da parte sua, l’inviato speciale delle Nazioni Unite per il Medio Oriente, Tor Wennsland, ha condannato fermamente l’espulsione della famiglia palestinese da parte delle autorità di occupazione israeliane.

“Esorto le autorità israeliane a porre fine allo sfollamento e allo sfratto dei palestinesi, in linea con i suoi obblighi ai sensi del diritto internazionale, e ad approvare piani aggiuntivi che consentirebbero alle comunità palestinesi di costruire legalmente e soddisfare le loro esigenze di sviluppo”, ha riferito il sito web delle Nazioni Unite nelle parole di Wennesland.

Tornando al teatrino di Erdan, dove ha mostrato il “terrorismo” palestinese presentando una pietra come presunta prova schiacciante, va detto che criticare o difendere la resistenza palestinese, per quanto simbolica, permette a Israele di impegnarsi in una conversazione fuorviante e frivola che crea un’equivalenza morale tra l’occupante e l’occupato, il colonizzatore e il colonizzato.

Sia che i palestinesi utilizzino una pietra, una pistola o un pugno chiuso per resistere e difendersi, la loro resistenza è moralmente e legalmente giustificabile. Israele, d’altra parte, come tutti gli altri occupanti militari e coloniali, non ha un argomento né morale né legale per giustificare l’oppressione dei palestinesi, la distruzione delle loro case, come quella della famiglia Salhiya, e l’uccisione dei loro figli.

A giudicare dalla crescente solidarietà con i palestinesi ovunque, è chiaro che la patetica esibizione di Erdan è solo un altro esercizio di futilità politica.

Niente di ciò che Israele può dire o fare cambierà l’evidente realtà che una nuova generazione di palestinesi sta, ancora una volta, unificando l’attivismo palestinese, in particolare sulla resistenza all’occupazione israeliana. Sia che l’oppressione israeliana stia avvenendo a Sheikh Jarrah, a Gaza o nel deserto del Naqab, i palestinesi ora rispondono collettivamente come un unico fronte. Grazie alla ribellione del maggio 2021, sono finiti i giorni in cui i palestinesi vengono espulsi dalle loro case nel cuore della notte come una normale pratica, senza conseguenze.

Inoltre, il linguaggio politico utilizzato per descrivere gli eventi in Palestina sulla scena internazionale sta cambiando. Il “diritto a difendersi” di Israele non è più la reazione istintiva che viene spesso usata per descrivere la violenza israeliana e la resistenza palestinese.

E infine, sembra che Israele non sia più la parte che modella gli eventi in Palestina e controlla la narrazione di questi eventi. I palestinesi e un crescente movimento internazionale di sostenitori stanno dinamicamente plasmando le percezioni globali delle realtà sul campo. Né Erdan né i suoi capi a Tel Aviv possono invertire questo slancio guidato dai palestinesi. La sua esibizione all’ONU riflette semplicemente il grado di disperazione e fallimento intellettuale di Israele e dei suoi rappresentanti.

Ramzy Baroud è giornalista ed editore di The Palestine Chronicle. È autore di cinque libri. Il suo ultimo è “Queste catene saranno spezzate: storie palestinesi di lotta e sfida nelle carceri israeliane” (Clarity Press, Atlanta). Baroud è un ricercatore senior non residente presso il Centro per l’Islam e gli Affari Globali (CIGA), Università Zaim di Istanbul (IZU). Il suo sito web è www.ramzybaroud.net.

Traduzione di Beniamino Rocchetto.