In Qatar, le leadership di Hamas e Fatah avevano stabilito la formazione di un governo di unità con il compito assoluto di allestire elezioni presidenziali e legislative, e lavorare alla ricostruzione di Gaza.
“Se i registri fossero pronti oggi, ci vorrebbero almeno 4 o 5 mesi per lo svolgimento delle elezioni”.
La pensa come ‘Abbas anche Mahmoud al-‘Aloul, membro del Comitato centrale di Fatah, quando dice: “Rimpasto e riconciliazione non sono inconciliabili”, e rassicura che il suo partito a Gaza sta subendo un cambio ai quadri.
Tra coloro che hanno mosso critiche di incompatibilità del rimpasto con la riconciliazione, vi è Osama Hamdan, responsabile di Hamas per le relazioni internazionali di stanza a Beirut, quando aveva detto: “Il rimpasto di governo è illegale e contrario all’approccio degli accordi del Cairo e di Doha. La scelta di ‘Abbas sospende il processo per l’implementazione della riconciliazione”.
“Nessuna riconciliazione può contenere precondizoni, esse la disapplicano prima ancora che essa possa prendere forma”.
Dal Comitato Centrale di Fatah, ‘Azzam al-Ahmed, scarica su Hamas la responsabilità per lo stallo nella riconciliazione e dice: “Ad oggi il governo di Gaza non ha ancora permesso alla commissione elettorale di essere operativa”.
Al-Ahmed scredita l’ipotesi di un fallimento nell’unità palestinese a causa dell‘ingerenza statunitense e, spingendosi oltre il leader di Fatah dice: “Se gli Usa hanno un ruolo nel deragliamento della riconciliazione, questo si esplica attraverso i rapporti che essi hanno con i Fratelli Musulmani e i loro recenti incontri lo dimostrano”.
“Una volta consentito alla commissione elettorale di lavorare, il presidente formerà il governo”.
Ma le critiche provengono da altri fronti, ancora da Hamas, con il leader Salah al-Bardawil, che parla “strumetalizzazione dell’affare registri di Gaza per gettare ombre e produrre diffidenza tra i mezzi dell’informazione, sia sul fronte interno, sia internazionalmente”.
Al-Bardawil respinge le accuse di al-Ahmed e intravede nelle parole del leader di Fatah, un tentativo di porre in secondo piano il grave coordinamento in materia di sicurezza e repressione tra sicurezza dell’Anp e Israele.
Dal Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (FplP) definiscono “grave lo scambio epistolare tra Anp e Israele in merito a un possibile ritorno ai negoziati e chiedono ad ‘Abbas un incontro ad alla presenza di tutte le fazioni palestinesi”.
“Accordi bilaterali con l’occupante congelano la riconciliazione palestinese e, soprattutto, danno un colpo di grazia a un consenso popolare che, sebbene ancora debole e poco omogeneo – si stava formando intorno al processo politico della riconciliazione”.