Manifestazioni a Gaza per Caracas: sul pericoloso gioco dell’Occidente in Venezuela

MEMO. Di Ramzy Baroud e Romana Rubeo. Centinaia di palestinesi sono scesi in strada nella Gaza occupata per mostrare il loro sostegno al governo eletto democraticamente del Venezuela e al suo legittimo leader, Nicolás Maduro.

Il Venezuela sta lottando per sconfiggere un tentativo di golpe supportato da Stati Uniti, Israele e molti altri governi occidentali.

La relazione tra Venezuela e Palestina è stata particolarmente forte sotto la presidenza dell’ultimo leader venezuelano, Hugo Chávez, e dell’attuale presidente Maduro. Nessuno dei due leader ha perso l’opportunità di mostrare la propria solidarietà nei confronti delle persone palestinesi, un fatto che ha sempre infastidito Tel Aviv e i suoi benefattori occidentali.

Le manifestazioni a Gaza, tuttavia, sono state più di una dimostrazione di gratitudine verso un paese che ha abbastanza coraggio da tagliare i ponti con Israele in seguito all’ultima guerra del 2008-9 a Gaza; una campagna sanguinosa conosciuta come “operazione Piombo fuso”. Centinaia di palestinesi furono uccisi in quella guerra unilaterale. Nessun governo arabo che abbia legami diplomatici con Israele aveva mai chiuso i suoi rapporti con Tel Aviv; mentre Caracas, lontana più di 10.000 chilometri, lo ha fatto. All’epoca, l’ex presidente Chávez accusò Israele di “terrorismo di Stato”.

Ma c’è più solidarietà palestinese in Venezuela che in questa storia recente. I palestinesi hanno subito un trauma collettivo lungo decenni dal colonialismo e dall’occupazione militare israeliani basati sugli Stati Uniti. Questi ultimi si sono imposti come “onesti mediatori di pace” in modo da mascherare la loro interferenza politica e ingerenza nel Medio Oriente, mentre supportavano totalmente e ciecamente le aggressioni israeliane.

Mentre i venezuelani hanno tutto il diritto di protestare contro il governo, chiedendo maggiore responsabilità e soluzioni economiche alla povertà devastante che sta affrontando il paese, nessuno ha il diritto di intromettersi negli affari del Venezuela né di ogni altro paese sovrano.

Dobbiamo ricordare che il governo degli Stati Uniti non è stato quasi mai fonte di stabilità in Sudamerica, certamente non dalla dottrina di Monroe del 1823. Da allora, gli USA non si sono semplicemente intromessi, ma sono proprio intervenuti a livello politico e militare, supportando vari colpi di Stato, che hanno capovolto o tentato di deporre governi democraticamente eletti.

Ciò che è in corso a Caracas è la replica di quella triste e tragica storia.

Gli insani rapporti tra gli USA e i loro vicini del sud hanno assunto un tono sempre più scuro quando, nel 1904, il presidente americano Theodore Roosevelt dichiarò il “diritto” del suo paese a mantenere un “potere politico internazionale” in America Latina. Da allora, l’intera regione è divenuta un affare di Washington.

Attualmente, Washington, alla continua ricerca di opportunità da sfruttare, vede la possibilità di indebolire il Venezuela e il suo governo.

I venezuelani cercano di affrontare la povertà schiacciante una situazione sociale davvero instabile. L’iperinflazione e il crollo dell’industria petrolifera del paese hanno portato a una crisi economica drammatica, con circa il dieci per cento della popolazione in fuga dal paese. Pessime scelte politiche hanno portato a una escalation della già endemica corruzione, fino a un significativo indebolimento della produzione locale e una crescente perdita di valore della valuta del paese.

Tuttavia, c’è ancora un ampio consenso attorno al governo socialista del presidente Maduro, come testimoniato dalla sua vittoria nel 2018 alle elezioni presidenziali.

Nonostante la presenza di circa 150 osservatori internazionali di 30 paesi e organizzazioni internazionali, che hanno dichiarato che le ultime elezioni venezuelane sono state trasparenti, gli oppositori interni, supportati dagli USA e dai suoi alleati occidentali, le hanno denunciato come “frode annunciata”, ancor prima che Maduro pronunciasse il suo discorso della vittoria.

Gli USA e i loro alleati sono frustrati dal fatto che nonostante i problemi economici, la maggior parte dei venezuelani sia rimasta riunita attorno a Chávez, e adesso a Maduro, che sono percepiti, soprattutto dalle classi più povere, come leader nazionali indipendenti che lottano contro la costante destabilizzazione e il neocolonialismo degli Stati Uniti.

L’ordine mondiale sta cambiando in modo vasto, ma le élite dirigenti degli USA rifiutano il cambiamento. Riferendosi all’esigenza di Washington di “proteggere la democrazia” in Venezuela, il consigliere per la sicurezza nazionale degli USA, il famigerato sostenitore israeliano John Bolton, ha ammesso che il golpe venezuelano è un’opportunità per sfruttare il petrolio del paese e le risorse naturali.

“Farà una notevole differenza per gli Stati Uniti dal punto di vista economico”, secondo quando ha riferito Bolton a Fox News in un’intervista questa settimana, “se le industrie petrolifere americane facessero investimenti e sfruttassero le capacità petrolifere in Venezuela”.

Sfortunatamente, il boicottaggio americano contro il Venezuela ha spinto il paese a vendere il suo oro in cambio di una valuta utile, così come i beni di consumo, cibo e medicine. Il golpe ha l’obiettivo di mettere Caracas in ginocchio.

I predatori occidentali si stanno facendo avanti, ogni partito svolge il ruolo assegnatogli, come se la storia si ripetesse. La Banca di Inghilterra (BoE) ha impedito agli ufficiali di Maduro di ritirare 1,2 miliardi di oro venezuelano. Inoltre, la sfacciata ingerenza da parte di paesi stranieri sta diventando così evidente che il ministro degli esteri del Regno Unito, Sir Alan Duncan, ha suggerito che la BoE ha garantito l’accesso alle riserve di oro al leader oppositore autoproclamato Juán Guaidó.

Germania, Francia e Spagna hanno dato un ultimatum al Venezuela di Maduro: il presidente ha otto giorni di tempo per indire le elezioni, altrimenti riconosceranno la presidenza a Guaidó. Ieri, il Parlamento europeo ha riconosciuto Guaidó come leader de facto del Venezuela, nell’assoluta irriconoscenza dei diritti democratici dei venezuelani.

Inoltre, per quanto possa sembrare ambiguo, Maduro gode ancora di una legittimazione all’interno del suo paese maggiore rispetto a Donald Trump o Emmanuel Macron rispettivamente in Stati Uniti e Francia. E ancora, nessuna entità minaccia di intervenire in Francia, dalla parte ad esempio dei “Gilet gialli”, che hanno protestato a migliaia per settimane, chiedendo la fine del mandato di Macron.

È doppiamente importante che il Venezuela non collassi prima di questa sinistra campagna americana, per via del crescente potere dell’estrema destra in America Latina e in Sudamerica, ovvero, l’ondata di forze reazionarie in Brasile.

Se l’ordine politico venezuelano si disintegra, anche altri ne diverranno un target: Bolivia, Cuba e addirittura il Messico.

A partire dalla parziale retrocessione degli USA dall’Iraq nel dicembre 2011, e dallo “snodo verso l’Asia” dell’amministrazione Obama, per affrontare l’inevitabile dominio della Cina, i policymaker degli USA sono stati inclini a mostrate un ritorno anche in Sudamerica. Più di recente, l’appena ex ambasciatrice ONU degli USA, Nikki Haley, è stata un mezzo per costituire l’aggressiva politica americana nei confronti del Venezuela.

Ora che il paese sta combattendo la povertà estrema, risultante dalla manipolazione dei prezzi del petrolio, gli Stati Uniti vedono in ciò la possibilità di fare la loro mossa e conclamare il loro ruolo distruttivo e autoritario in questa parte del mondo. Le elezioni in Brasile del leader di estrema destra, Jair Bolsonaro, che vuole “rendere il Brasile di nuovo grande”, sta influendo sull’equilibrio a favore delle forze reazionarie dell’intera regione.

Ma il complotto contro il Venezuela è un’opportunità anche per coloro che vogliono sfidare il vecchio ordine, per riferire agli USA che “quando è troppo, è troppo”; che l’era dei colpi di Stato e degli interventi intrisi di sangue dovrebbe essere ormai alle spalle, e che il Sudamerica non deve più essere soggiogato.

Così come i palestinesi hanno combattuto per anni contro la tirannia israeliana, i venezuelani continueranno a combattere il tiranno straniero e gli interventi politici e militari illeciti. Inoltre, con una vera e tangibile solidarietà globale, entrambe le nazioni prevarranno, presto o tardi.

Traduzione per InfoPal di Giorgia Temerario