Mursi, FM, nuovo presidente dell’Egitto: “Rispetteremo tutti i trattati”

Al Masry Al Yowm. Domenica 24 giugno, il neo-eletto presidente egiziano, Mohammed Morsy (Mursi, ndr), ha promesso di essere un leader “per tutti gli egiziani” e ha invocato l’unità nazionale dopo una competizione elettorale polarizzante.
Nel suo primo discorso televisivo sulla Tv di Stato, Morsy ha dichiarato che sarà un leader di “tutti gli Egiziani – musulmani, cristiani, anziani, bambini, donne, contadini, insegnanti, operai, lavoratori del settore privato e di quello pubblico, commercianti”.
“Mi rivolgo a voi, grande popolo d’Egitto… per rafforzare la nostra unità nazionale”, ha detto, aggiungendo che l’unità nazionale “è l’unica strada per uscire da questi momenti di difficoltà”.
Morsy ha giurato di onorare i trattati internazionali e ha promesso di preservare gli accordi internazionali dell’Egitto – in riferimento all’accordo di pace con Israele.
“Preserveremo tutti i trattati e gli accordi… veniamo in pace”.
L’Egitto fu il primo Paese arabo a siglare un trattato di pace con Israele.
“Stabiliremo relazioni equilibrate con tutti i Paesi del mondo sulla base di interessi comuni”, ha affermato, ore dopo che era stato dichiarato il nuovo presidente, a seguito di una competizione elettorale polarizzante contro Ahmed Shafiq, l’ultimo premier sotto il presidente destituito, Hosni Mubarak.
Al ballottaggio, Morsi ha ottenuto il 51,73 percento dei voti con 13.230.131 preferenze.
L’elezione ha diviso la nazione in due, tra coloro che avevano paura di un ritorno del vecchio regime sotto Shafiq, e gli altri che volevano tenere la religione fuori dalla politica e temevano che la Fratellanza possa mettere a rischio le libertà individuali.
Egli ha ricordato i quasi 900 manifestanti uccisi nella rivolta dell’anno scorso, dicendo che senza “il sangue dei martiri” non sarebbe diventato presidente.
“La rivoluzione continua, fino a che tutte le sue istanze non saranno esaudite”, ha sottolineato.
Nel suo discorso non-conflittuale, non ha fatto cenno alla presa di potere, all’ultimo momento, dei militari che hanno spogliato il presidente della maggior parte delle sue prerogative.