Il Muro dell’Apartheid ruba terra ai contadini palestinesi. La storia di Ahmad

Salfit-PIC.  Gli occhi guardano lontani verso la sua terra situata dietro al Muro dell’Apartheid, a nord di Salfit, non riuscendo a trattenere le lacrime o a volte trattenendole a stento. Come egli stesso ammette, la perdita della sua terra è come “un fuoco ardente”, così come l’immagine della raccolta delle olive, che le autorità dell’occupazione israeliana hanno reso impossibile, è ancora viva nella sua memoria.

Il Muro di Separazione ha derubato il coltivatore Ahmad al-Damas, 82 anni, della città di Salfit, di oltre 60 dunum dei suoi terreni di famiglia nelle aree di Wadi Al-Rahman, Wadi Hiyaj e Sanabel, a nord del governatorato di Salfit. Ahmad dice “Non so cosa stiano facendo le forze di occupazione israeliana con le mie terre dato che non abbiamo il permesso di accedervi, se non per pochi giorni all’anno. Durante la stagione di raccolta delle olive, ci permettono di raccoglierle per un periodo limitato durante la giornata, senza prestare alcuna attenzione alle nostre esigenze”.

“Noi eravamo soliti recarci nei nostri campi al mattino presto, quando gli uccelli iniziavano a cantare. E noi intonavamo le nostre canzoni tradizionali. Lo spirito di cooperazione era migliore rispetto a quello che è adesso, e le nostre giornate erano migliori e più piacevoli, ed eravamo tutti felici”, ha aggiunto, riportando alla mente quei bellissimi giorni in cui si raccoglievano le olive, prima della costruzione del Muro di Separazione. Dopo aver fatto un lungo respiro, continua: “L’occupazione ha cambiato tutto in peggio, e la nostra gioia e felicità si sono trasformate in miseria ed umiliazione ed ispezioni ai cancelli del muro controllati dall’occupazione”.

Feste degli ulivi.

Ha inoltre sottolineato che in passato la stagione delle olive era un importante evento a carattere nazionale: “Usavamo dormire sulle nostre terre e vivevamo protetti, in sicurezza e prosperità. Ma adesso viviamo in povertà e veniamo continuamente umiliati ai cancelli situati presso il muro dall’occupazione. E’ proibito entrare od uscire senza i permessi. Quindi non sappiamo che cosa accade alle nostre terre durante tutto l’anno ad eccezione del periodo della stagione delle olive, quando ci permettono di entrare nei terreni.

“Ora vi è la stagione della raccolta, iniziando da quella delle olive Sarees ed in seguito tutti gli altri tipi. E’ vero che non sappiamo quando ci permetteranno di entrare ancora nelle nostre terre, però noi continueremo a sfidare l’occupazione, restando aggrappati alla nostra terra, nonostante la loro arroganza.

“La terra significa tutto per noi: vita, sussistenza, futuro, patria, dignità ed orgoglio, e tutte le misure punitive dell’occupazione non ci scoraggeranno dal preservare le nostre terre, noi moriremo su di esse a testa alta, e seguiremo le orme dei nostri predecessori che hanno versato il loro sangue”.

Secondo Abu Maazouz l’albero di olivo rappresenta la battaglia per la propria identità contro l’occupazione, specificando che “ogni volta che si ripresenta la stagione della raccolta delle olive, l’occupazione ed i suoi coloni si innervosiscono, diventando molto pericolosi, ed agiscono come cani randagi, cercando di rovinare la stagione con tutti i mezzi possibili, e di terrorizzare i Palestinesi in tutti i modi per impedir loro di raggiungere i frutteti e le vigne per raccogliere le loro colture.

“L’occupazione ha cercato anche di rubarci gli alberi di olivo, e di presentarli davanti al mondo con la loro propaganda per promuovere il turismo, mettendoli sui francobolli come simbolo della loro storia e cultura. Ma questo non indebolisce la forza o la determinazione dei Palestinesi e le sfide continuano. Noi Palestinesi affermiamo invece che questa è la nostra storia, e le nostre radici ed i nostri olivi sono testimoni della nostra verità ed identità”.

Espansione coloniale.

Ghassan Daghlas, direttore dell’ufficio di monitoraggio delle colonie nel nord della Cisgiordania, ha detto che i terreni situati dietro al muro, sia a Salfit che nel resto della Cisgiordania, hanno subito gravi perdite durante la stagione delle olive a causa del periodo troppo breve concesso agli agricoltori per la loro raccolta, della confisca dei terreni e degli sradicamenti, e delle aggressioni dei coloni contro i campi ed i coltivatori.

Per quanto riguarda la legalità di quel che l’occupazione sta facendo durante la stagione delle olive, il ricercatore Khaled Ma’ali afferma che le misure e le restrizioni imposte dall’occupazione israeliana, attraverso i propri militari, nei confronti degli agricoltori che si trovano dall’altra parte del muro, violano il diritto umanitario internazionale. Le autorità di occupazione non potrebbero disturbare il periodo della raccolta delle olive ed infastidire gli agricoltori, dato che ciò costituisce una violazione del diritto al lavoro della popolazione civile, come stabilito dall’art. 52 della Quarta Convenzione di Ginevra.

Ha sottolineato, inoltre, che i villaggi e la città di Salfit, così come il resto dei distretti palestinesi, soffrono durante la raccolta delle olive a causa dell’occupazione israeliana e delle sue violazioni, che hanno lo scopo di espellere e sfollare i coltivatori per permettere ai coloni israeliani di espandere i loro insediamenti.

Traduzione di Aisha Tiziana Bravi