Palestinese esiliato in Italia: ‘Le bombe israeliane mi hanno provocato il cancro’.

Roma – Infopal

E’ malato di cancro, Mohammad Said, 28 anni, palestinese esiliato in Italia cinque anni e mezzo fa a seguito dell’assedio israeliano alla Basilica della Natività, a Betlemme, dov’era asserragliato con altri resistenti.

Più volte ha rinunciato a telefonare alla sua famiglia a Betlemme per nasconderle la propria malattia, ma alla fine la sofferenza ha vinto, e Mohammad, presa la cornetta, ha rivelato tutto a suo padre.

‘Ho bisogno di cure’

In un collegamento telefonico col il nostro corrispondente, il padre di Mohammad ha raccontato tra le lacrime: “Non so cosa dire. Sono rimasto scioccato quando ho saputo che Mohammad è malato di cancro. La notizia del suo esilio è stata molto meno dura di quella della sua malattia”.

Ha poi proseguito: “Mohammad mi aveva informato che doveva sottoporsi a un’operazione a un testicolo, per estrarre una scheggia di missile che lo aveva colpito, durante uno degli attacchi israeliani, qualche anno primo di essere espulso. Ci aveva tranquillizzati dicendo che l’operazione non destava preoccupazioni. Ma quando è stato operato in Italia, i medici hanno capito che la situazione era più grave, hanno scoperto che era malato di cancro”.

Dopo un attimo di silenzio, il padre riprende a parlare alzando la voce: “Caro Mohammad, lo sai che tua figlia Ayat e tuo figlio Said ti chiamano sempre? ‘Dov’è papà, ci manca papà…Mohammad aveva cercato di non dirci nulla della sua grave malattia, ma la situazione e la sua urgente necessità di cure lo hanno costretto a informarci, anche perché l’ospedale italiano ha chiesto il consenso”.

Ha infine lanciato un appello: “Chiunque possa dare una mano a Mohammad non deve aspettare. I padri italiani ricordino che Ayat e Said attendono il ritorno del loro papà, non fateli aspettare invano!”. Poi, si è rivolto ai responsabili dell’Anp: “Ricordatevi sempre in che condizioni vive un figlio lontano dalla sua famiglia, soprattutto quando il cancro affianca il suo esilio!”.

Iniziativa umanitaria

L’appello del signor Said non è rimasto inascoltato. Pochi giorni fa è partita un’iniziativa di sostegno per il ritorno di Mohammad Said, alla quale hanno partecipato numerose associazioni e molti giovani.

Wael Baalusha, portavoce dell’iniziativa, ha dichiarato: “La questione di Mohammad è umanitaria e richiede che ogni palestinese sia libero di muoversi con tutte le sue forze per ritornare in patria”. E ha aggiunto: “Faremo di tutto per premere sui responsabili e trovare una soluzione rapida affinché Mohammad riceva le cure necessarie”.

Gli esiliati di Betlemme

Da parte sua, Jihad Ja’arah, uno dei palestinesi esiliati in Irlanda e portavoce di tutti i suoi connazionali che si trovano nella stessa condizione, ha accusato l’occupazione israeliana di essere responsabile di quanto sta accadendo loro, “dell’umiliazione, dell’ingiustizia e della lontananza dalle nostre famiglie, che non vediamo da più di cinque anni”.

Ja’arah, in una dichiarazione alla stampa, ha ricordato anche le difficili condizioni di salute di Mohammad Said e ha chiesto all’Anp di trasferire i suoi genitori in Italia perché possano stargli vicino durante la sua malattia e il suo esilio: “La situazione di Mohammad Said è molto difficile a causa dell’impossibilità di lasciare la città in cui vive attualmente, cosa che può fare solo col permesso della polizia italiana”.

Ja’arah si è quindi appellato nuovamente all’Anp perché s’interessi della questione degli esiliati, in particolare di quelli presenti nella Striscia di Gaza. Gli "esuli della Chiesa della Natività a Gaza" hanno lanciato un appello perché Mohammad Said possa tornare dalla sua famiglia e hanno sollecitato le associazioni per la difesa dei diritti umani a intervenire per il rientro di tutti esuli.

Il direttore del Centro Palestinese per i Diritti Umani, Raji as-Surani, ha precisato che l’espulsione in sé è un crimine e una violazione della IV Convenzione di Ginevra: “I paesi europei non avrebbero dovuto accettare di ospitare gli esuli, visto che l’allontanamento stesso è illegale, essendo stato comminato a tempo indeterminato, e ricordando sempre che la legge europea è contraria a questa pratica”. E ha aggiunto: “L’esule Mohammad in questo momento dovrebbe essere in patria, a casa sua, vicino alla sua famiglia, anche a causa delle sue condizioni fisiche, che richiedono cure immediate.” Ha infine messo in rilievo che ciò che sta facendo l’occupante israeliano tenendo lontani gli espulsi non è più giustificabile allo stato attuale delle cose, per cui a maggior ragione bisogna permettere a tutti i costi il rientro dei palestinesi colpiti da questa condanna.

Nel 2000, le forze di occupazione israeliane assediarono per 40 giorni la Chiesa della Natività di Betlemme, durante i quali, dopo aver invasa la città, spararono ininterrottamente lanciando bombe contro l’edificio sacro e impedirono a più di 200 cittadini palestinesi rifugiatisi all’interno l’accesso ai medicinali e ai rifornimenti di cibo. 8 palestinesi furono uccisi e 25 rimasero feriti; altri 26 furono espulsi nella Striscia di Gaza e 13 ancora nei paesi europei, compresa l’Italia.

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