Raid delle forze israeliane in un istituto femminile a Hebron

alfaihaaHebron-ImemcNel pomeriggio di martedì 5 gennaio 2015 le forze israeliane sono penetrate nella scuola elementare femminile Al Faiha’a nella città occupata di Hebron. Le bambine non si trovavano a scuola in quel momento, erano presenti solo gli insegnanti.

La squadriglia, di circa otto soldati, si è introdotta nella scuola per recuperare dei filmati dalle telecamere di sicurezza e per scattare foto dal tetto dell’edificio, che domina il check-point dove un soldato era stato ferito qualche giorno prima. Questo è solo uno dei molti posti in cui i militari si sono introdotti in cerca di prove del tiratore, non ancora identificato.

La preside della scuola ha riferito di essere stata tenuta sotto tiro e di non aver potuto lasciare l’edificio per un’ora. Ha chiesto ai soldati di poter chiamare e parlare con il ministro dell’Educazione, ma sia il telefono della scuola che il suo cellulare sono stati confiscati, rendendo quindi impossibile telefonare a qualcuno o scattare qualche fotografia di prova.

Questa non è la prima volta che le forze israeliane entrano nella scuola. Nelle settimane precedenti i soldati erano penetrati nel cortile durante l’orario scolastico, mentre gli studenti si stavano preparando per gli esami, e avevano lanciato bombole di gas lacrimogeno in una vicina scuola di ragazzi.

La scuola è ora chiusa per vacanze per tre settimane, e la preside, che è a capo del complesso da due anni spiega: “Dovrei venire a lavorare durante le vacanze almeno un giorno a settimana, ma gli insegnanti e il personale non si presenteranno, quindi non è sicuro”.

In aggiunta al terrore scatenato dai soldati, insegnanti e studenti hanno anche subito le molestie e gli attacchi dei coloni. Le alunne iscritte alla scuola sono diminute negli ultimi anni, passando da 260 a 252 studenti, ma la preside spiega che si rifiuta di trasferire le alunne, ripartendole in altre scuole, perché “loro” (le forze di sicurezza israeliane e i coloni) vogliono che quest’area e la scuola vengano chiuse. La scuola e le attigue case delle famiglie, dove anche qui i soldati sono entrati a scattare fotografie, sono le uniche strutture ancora aperte, nelle vicinanze di via Shuhada dove i palestinesi sono formalmente interdetti. Così tenere la scuola aperta e funzionante si trasforma in una forma di resistenza contro l’occupazione.

Traduzione di Marta Bettenzoli