Vivere sotto assedio: l’uccisione indiscriminata dei contadini palestinesi

Gaza-Pchr. “La nostra vita è stata ribaltata da quando è morta mia madre. Con la sua morte, abbiamo perso la colonna portante della nostra dimora”. Hani Salem Elomor è un uomo sposato, padre di tre figli e residente nell’area di El-Elfokhari, a Khan Younis. Sua madre, Zeina, è stata uccisa dalle forze d’occupazione israeliana nel 2016 mentre lavorava nelle piantagioni della famiglia.

Zeina era sola nel pensare ad Hani e ai suoi sei fratelli e l’unico introito della famiglia si basa principalmente sui due dunum (unità di misura terriera) di terreni da loro posseduti ed utilizzati per le piantagioni di grano. Questi terreni si trovano nell’area El-Elfokhari, a circa 350 metri dal confine con Israele. Apparentemente, questo terreno è situato al di fuori della zona cuscinetto implementata dall’occupazione israeliana, che si estende dal confine israeliano per 300 metri nella Striscia di Gaza. Quella cuscinetto è un’area dove i palestinesi non possono accedere, una situazione illegale sia per la legge israeliana che per quella internazionale. Secondo l’Ufficio delle Nazioni Unite per il Coordinamento degli Affari Umanitari (OCHA), la zona cuscinetto occupa almeno il 17% del territorio appartenente a Gaza, rendendo rischioso per i palestinesi lavorare nel 35% dei terreni da loro utilizzabili. L’area a ridosso del confine è quella con più restrizioni.

Questo sta influenzando negativamente le risorse di sostentamento di decine di migliaia di contadini gazawi, che possono contare significatimente sull’agricoltura per il sostentamento delle proprie famiglie. Inoltre, le forze d’occupazione israeliane regolarmente appiccano fuochi nella zona cuscinetto e nelle aree circostanti. Zeina è stata vittima proprio di uno di questi incendi.

La sera del 5 maggio 2016, Hani ricevette una chiamata dal fratello Monzer che lo informava del fatto che la mamma era stata ferita da un proiettile sparato dalle forze d’occupazione e in quel momento si stava dirigendo verso l’Ospedale Europeo di Gaza. “Corsi subito all’ospedale e quando arrivai, vidi la mia famiglia entrare nella sala d’emergenza. Li seguii e vidi il corpo senza vita di mia madre disteso su uno dei letti, con la faccia coperta. Inconsciamente, scoprii il suo volto e vidi il sangue  coprirle il collo, la spalla e la mano destra. I dottori mi informarono che mia mamma era stata uccisa sul colpo dagli israeliani”, riporta Hani.

Zeina stava raccogliendo fieno nella piantagione, mettendolo nelle borse così da poterlo portare a casa, quando le forze di occupazione le spararono, come riportano i familiari che l’accompagnarono in ospedale. Nel luogo dell’accaduto c’erano anche altri coltivatori che lavoravano nei loro terreni.

L’area è pianeggiante, la vista è chiara, e l’attacco è avvenuto durante il giorno, cosa che dimostra che l’omicidio è avvenuto senza motivo. “C’è una torre militare israeliana a circa 350 metri di distanza, quindi i militari potevano vedere a occhio nudo che mia madre era solo un civile che lavora la sua terra per portare qualcosa a casa. Le spararono senza motivo”, enfatizza Hani. “Dalla fine dell’ultima guerra di Gaza, Israele ha concesso ai contadini di coltivare questa zona utilizzando piantagioni che non superino gli 80 centimetri d’altezza, come grano e mais, e proibisce a queste persone di costruire serre e ogni tipo di stabilimento in quest’area”, sottolinea Hani.

Imporre una zona cuscinetto attraverso incendi costituisce un crimine di guerra, come è stato stabilito dalla quarta Convenzione di Ginevra e dallo Statuto di Roma, che proibisce di prendere di mira e ferire gravemente o uccidere un civile o una persona protetta. Ad ogni modo, le truppe israeliane appiccano incendi nella zona cuscinetto che spesso finiscono con il prendere di mira i civili e con attacchi indiscriminati. Inoltre, impedire ai palestinesi di accedere alla propria terra costituisce  una violazione di numerosi provvedimenti delle leggi internazionali sui diritti umani, incluso il loro diritto al lavoro e ai più alti standard di vita e di salute. Di conseguenza, il PCHR ha compilato una lettera chiedendo al procuratore militare generale di aprire un’indagine sull’incidente del 30 maggio 2016. Una nota venne inviata dal PHCR, il 26 aprile 2017 relativa alla denuncia, a cui venne risposto  che l’incidente è sotto indagine della procura militare israeliana per gli affari operazionali.

“Un anno dopo, giorno dopo giorno, andiamo ancora nella nostra terra e lavoriamo allo stesso modo come se nostra madre fosse ancora tra noi. Le forze di occupazione hanno tentato di spaventarci diverse volte, ma non l’avranno vinta e non abbandoneremo mai i nostri terreni”, dice Hani. “Fino ad oggi, non conosciamo la ragione per cui nostra madre fu uccisa; le tolsero la vita per niente. Speriamo che vengano fatti i nomi dei responsabili anche se a distanza di un anno non c’è alcun progresso nella risoluzione di questo caso”.

Traduzione per InfoPal di M.D.F.