Da prigione a parco

E.I. Da prigione a parco.

Ogni giorno Ahmad Abu Foul, un uomo di 55 anni, si reca in quello che è stato il luogo in cui è stato brutalmente torturato, il parco di al-Saraya, nella città di Gaza. Per quanto oggi il parco sia un positivo punto di incontro in cui rilassarsi, l’uomo fatica a dimenticare gli abusi subiti in quegli stessi luoghi.

Nei primi anni dell’intifada nel 1987, Abu Foul è stato imprigionato per tre mesi, accusato di essere un membro attivo del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina e di lanciare bombe Molotov ai militari israeliani.

L’uomo era detenuto in isolamento ed è stato ripetutamente sospeso al soffitto con delle catene. I suoi carcerieri lo hanno forzato a rivelare informazioni sulle sue attività politiche e sui suoi vicini del campo rifugiati di al-Shati, anch’esso coinvolto nella resistenza armata.

Il parco è stato inaugurato quattro anni fa ma Abu Foul non vi si è recato prima del 2018. “Mi sembrava una città fantasma. È come se potessi ancora sentire i gemiti degli uomini torturati” ha detto l’uomo.

Indicando le diverse aree del parco, Abu descrive e racconta i luoghi che ha vissuto; “Qui c’erano le celle. Qui le stanze degli interrogatori. Questo invece era il cortile in cui i detenuti si incontravano [per allenarsi]. L’area laggiù in fondo era ricoperta di filo spinato”.

“Interrogatori e torture”.

La prigione di Al-Saraya è stata costruita dai britannici, i quali hanno amministrato la Palestina dal 1920 al 1940. L’autorità inglese ha cercato di soffocare ogni tipo di disobbedienza al governo e il progetto colonizzatore sionista, che loro stessi avevano sponsorizzato.

Quando lo stato di Israele fu fondato nel 1948, Gaza era ancora controllata dall’Egitto e al-Saraya veniva utilizzata sia come sede degli uffici governativi, sia come prigione.

Nel giugno del 1967 Israele invase Gaza e il sito di al-Saraya incominciò ad essere utilizzato per rinchiudere i palestinesi che si rifiutavano di accettare l’oppressione. Gli israeliani rinominarono l’area di al-Saraya come Prigione Centrale di Gaza ma i cittadini preferirono mantenerne il nome originale.

“La prigione è stato il luogo di interrogatori e torture” ci rivela lo storico Salim al-Mubayid. “Era una zona fortemente sorvegliata perché si temevano attacchi dei combattenti della resistenza [che avrebbero cercato di liberare i prigionieri], come poi è effettivamente accaduto”.

Ali Yaghi, 78 anni, è stato imprigionato da Israele tra il 1970 e il 1985 in seguito alla sua attività con il Partito popolare palestinese, un’organizzazione socialista. Ha passato il primo anno di reclusione nella Prigione Centrale di Gaza, prima di essere spostato ad Ashkelon, una prigione all’interno dei confini di Israele.

“Siamo stati brutalmente torturati e costretti a confessare” dice Yaghi, riferendosi all’anno di prigionia trascorso a Gaza. “Gli interrogatori erano condotti attraverso metodi estorsivi e con minacce verso le nostre famiglie”.

Bombardamenti.

Dopo gli accordi di Oslo, nel 1990 l’Autorità Palestinese ha assunto il comando della prigione. In seguito, la gestione della prigione sarebbe passata ad Hamas, il quale gestisce gli affari interni di Gaza dal 2007, anno di duri scontri tra le sue forze armate e quelle leali al rivale Fatah.

Il 28 dicembre 2008 – il secondo giorno dell’operazione Cast Lead, un’importante offensiva alla città di Gaza – Israele ha bombardato la prigione dall’alto. Una guardia è rimasta uccisa e la maggior parte della prigione è andata distrutta. I tiratori palestinesi hanno successivamente esecutato un numero indefinito di prigionieri che sono scappati dopo il bombardamento, secondo quando riportato dallo Human Rights Watch. Le autorità guidate da Hamas vi avevano rinchiuso delle persone accusate di “collaborare con il nemico”.

Successivamente Israele ha bombardato al-Saraya durante un altro importante attacco a Gaza, nel novembre 2012. La distruzione della prigione ha scatenato un dibattito riguardo le sorti di quell’area di undici acri. Tra le idee vi era quella di trasformare la prigione in un centro commerciale.

“Era troppo grande perché il governo palestinese ricostruisse tutto l’edificio e non c’erano abbastanza sponsor per investire nell’opera” dice Naji Sarhan del ministero pubblico di Gaza.

Imad al-Din al-Saftawi è uno degli uomini che nel 1987 è fuggito dalla prigione di Gaza. Inizialmente si nascose in Egitto e, in seguito, in Siria.

Nel 1995, al-Saftawi ritornò a Gaza, dove l’Autorità Palestinese gli trovò un lavoro. Cinque anni dopo, venne arrestato dalla polizia israeliana mentre attraversava Rafah – tratto che separa Gaza dall’Egitto – tornando da un viaggio di lavoro negli Emirati Arabi Uniti.

Dopo l’arresto ha passato 18 anni in carcera a Israele.

Rovine e macerie.

Al-Saftawi si è recato al parco di Al-Saraya solo una volta da quando ha aperto, nonostante ci sia passato diverse volte.

“Sono felice che il luogo delle mie torture oggi sia un posto in cui le persone si rilassano” ha affermato. “Adesso c’è un prato e gli alberi, ma moltissimi ex-giovani rivoluzionari hanno brutti ricordi legati a questo posto, ricordi legati all’occupazione di Israele e a quello che ha fatto”.

Ahmad al-Dabba, 28 anni, è laureato in business all’università al-Quds ma, non essendo riuscito a trovare miglior lavoro, è ora un commerciante che vende cibo e bevande ai visitatori di al-Saraya.

“Le persone più anziane vengono qui e ci raccontano quando tristemente noto fosse questo posto anni fa” racconta il giovane “Al-Saraya è testimone di una serie infinita di violazioni dei diritti umani. Adesso, però, è diventata un’importante risorsa per noi”.

Ahmad Rabie, 40 anni, è un altro venditore del parco. Ha notato come l’area ha subito una considerevole trasformazione rispetto a quando l’antica prigione è stata bombardata dagli israeliani.

“Prima era terribile, tutto rovine e macerie” dice l’uomo “oggi le persone vengono qui per mangiare, bere e rilassarsi”.

Traduzione per InfoPal di Sara Origgio