L’ONU: i servizi essenziali a Gaza sono ormai agli sgoccioli

PIC. La crisi dei finanziamenti delle Nazioni Unite per Gaza potrebbe costringere a chiudere 250 impianti, tra igienici, sanitari e idrici, a causa della carenza di combustibile. Lo ha comunicato lunedì 20 agosto Jamie McGoldrick, coordinatore umanitario dell’ONU.

“I servizi fondamentali nella Striscia di Gaza dipendono dal carburante di emergenza finanziato da donatori”, ha affermato McGoldrick. “Ora siamo rimasti senza fondi e verranno consegnate le ultime scorte nei prossimi giorni. Senza finanziamenti che permettano di continuare le consegne, i fornitori dei servizi saranno costretti a sospendere, o ridurre drasticamente, le operazioni a partire da inizio settembre, potenzialmente con gravi conseguenze”.

Tali strutture sono state sul punto di chiudere i battenti quando Israele ha fermato il flusso di gas e combustibile verso Gaza attraverso il valico di Kerem Abu Salem dal 1° al 14 agosto.

Tra le persone in pericolo di morte ci sono 4.800 palestinesi nelle unità di terapia intensiva. I servizi sanitari per il resto della popolazione verranno ridotti o completamente interrotti.

“Se i donatori interverranno prontamente, saremo in grado di prevenire un grave deterioramento delle condizioni, come un’epidemia o altri problemi di salute pubblica”, ha spiegato McGoldrick. “Però abbiamo bisogno immediatamente di finanziamenti per evitare il collasso dei servizi salvavita necessari”.

Gaza sopravvive con solo quattro o cinque ore di elettricità al giorno, di conseguenza i servizi essenziali dipendono fortemente da generatori di riserva alimentati a combustibile. La carenza di impianti idrici e igienici può anche contribuire allo scoppio di epidemie all’interno dell’enclave densamente popolata.

L’allerta di McGoldrick segue una serie di appelli per donazioni che le Nazioni Unite hanno effettuato durante l’estate, in particolare in vista della decisione degli Stati Uniti di tagliare drasticamente i finanziamenti all’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei rifugiati palestinesi (UNRWA).

Traduzione per InfoPal di Giulia Zeppi