Jenin-PIC. La vita dei palestinesi residenti a Barta’a, nella Cisgiordania occupata è scandita dall’apertura e dalla chiusura del posto di blocco. Alcuni soldati israeliani supervisionano il transito di migliaia di palestinesi verso il nord della Cisgiordania.
Il noto posto di blocco è l’unico punto di collegamento tra Barta’a, a est, Jenin a sud e il resto della Cisgiordania. Il villaggio è completamente isolato per la presenza del muro. Impiegati, studenti, operai e mercanti devono adattare i propri orari a quelli di apertura e chiusura del posto di blocco.
Majid Kabaha, residente a Barta’a, fa notare al reporter del PIC che questo ha cambiato radicalmente lo stile di vita degli abitanti, così come era già successo in altri villaggi isolati dietro il muro di separazione in Cisgiordania.
Le sofferenze per gli abitanti sono molteplici. Operai e mercanti vengono arrestati, sia se tentano di attraversare per andare a lavorare al mercato di Barta’a che per lavorare nella Linea Verde. Per molti palestinesi, passare il posto di blocco vuol dire essere arrestati.
Varie forme di sofferenza
Tawfiq Kabaha, membro del consiglio comunale di Barta’a, dichiara al reporter di PIC che il posto di blocco, installato nel 2003 dopo la costruzione del muro di separazione israeliano, è una delle tante sofferenze inflitte ai residenti.
Kabaha ha aggiunto che il consiglio comunale fa del suo meglio per rispondere alle esigenze della popolazione, dal momento che l’isolamento provocato dal muro di separazione e dal posto di blocco rendono il suo lavoro molto più complicato rispetto ad altri consigli comunali in Cisgiordania.
Il consiglio fornisce inoltre servizi sanitari, ambientali e istituzionali ai residenti ma è totalmente dipendente dai soldati israeliani ai quali deve chiedere i permessi.
I lavoratori spesso si vedono costretti ad annullare alcune attività a causa dei pochi permessi forniti ai posti di blocco.
Trasferimenti forzati
Per l’ex ministro degli Affari dei priginieri palestinesi, Wasfi Kabaha, il posto di blocco è invece un mezzo di repressione. Sta per essere praticamente sfrattato dal suo villaggio dato che le autorità di occupazione israeliane (IOA) si rifiutano di dargli il permesso necessario per attraversare il posto di blocco e raggiungerlo. Ciò accade nonostante l’IOA per legge dovrebbe impegnarsi a garantire a tutti i residenti dei villaggi isolati il permesso di attraversare i posti di blocco per poterli raggiungere.
Per anni a Kabaha è stato negato questo permesso, il che gli ha impedito di essere presente in numerose occasioni. Così, il posto di blocco è anche uno strumento di umiliazione per i palestinesi.
L’attivista Abdilhakim Nasser ha dichiarato al reporter del PIC che le IOA hanno installato 66 cancelli nel muro in Cisgiordania. Di questi, 27 sono chiusi, 39 aperti e 19 aprono solo in determinate stagioni come quella della raccolta delle olive.
Il villaggio di Barta’a ha subito grandi cambiamenti demografici sin dal 1948, quando fu diviso in due e la parte occidentale venne assegnata alla Palestina occupata nello stesso anno, mentre la parte orientale si trova entro i confini stabiliti nel 1967. Da quest’ultima occupazione il villaggio, come molti altri in Cisgiordania, ha sofferto molto e subito tanti cambiamenti.
Nel 2003 le IOA isolarono il villaggio dietro il muro di separazione, il che ha causato cambiamenti radicali in termini di geografia e di popolazione. È stato infatti isolato dai villaggi limitrofi e dai suoi confini naturali con Jenin, creando disagi continui agli abitanti.
D’altra parte, i servizi e la popolazione del villaggio sono relativamente aumentati grazie al passaggio aperto verso le altre terre del 1948.
Traduzione di Giovanna Niro