Palestina: drammatica la situazione umanitaria nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania. Gerusalemme sotto attacco

InfoPal. A cura di Angela Lano. La situazione in Palestina, in particolare nella Striscia di Gaza, è sempre più drammatica, a livello umanitario, sanitario e politico, e Gerusalemme è sotto attacco giornaliero dei coloni e della polizia israeliana. Ne abbiamo parlato con l’arch. Mohammad Hannoun, presidente API e responsabile dell’Associazione benefica di Solidarietà con il popolo palestinese -Abspp. 

Qual è la situazione umanitaria ed economica in Palestina? In particolare nella Striscia di Gaza?

“La situazione nei Territori palestinesi è drammatica, soprattutto nella Striscia di Gaza, dove due milioni di cittadini vivono in un carcere a cielo aperto, a causa dell’embargo e della pandemia. Mancano medicinali e strutture, e i trasferimenti medici sono resi molti complicati e difficili, anche verso l’Egitto. I morti si sono moltiplicati negli ultimi mesi, per la diffusione del coronavirus. La situazione economica, in particolare a Gaza, è molto negativa, a causa dell’assedio e dell’indifferenza della Comunità internazionale.

“Per ciò che riguarda la situazione economica nella Striscia di Gaza, c’è un rifiuto, da parte delle banche internazionali, di accettare bonifici dalle ONG. Noi, come Abspp, non possiamo effettuare bonifici bancari a favore dei nostri oltre mille orfani gazawi, all’interno dei progetti che seguiamo e sosteniamo per le famiglie disagiate.

“La stessa cosa avviene a Gerusalemme, in particolar modo nel mese di Ramadan, a causa dei blocchi: il primo, ampio, ha lo scopo di impedire l’arrivo dei Palestinesi dal nord e dal sud della Cisgiordania. I checkpoint sono peggiori delle frontiere, in quanto impediscono il passaggio dei Palestinesi, adottando regole restrittive: il numero delle persone che possono passare dipende da permessi e ordinanze che vengono concessi dalle autorità di occupazione. Di solito, nel mese di Ramadan, ne vengono concessi di più perché recarsi ad al-Aqsa è una consuetudine religiosa da anni. Di solito, circa 200mila fedeli si recano alla Moschea al-Aqsa, specialmente per le preghiere notturne e per celebrare il mese di Ramadan.

“Il secondo blocco è per gli stessi gerosolimitani, in particolare per il raggiungimento delle Porte della Città Vecchia, come Bab al-Amoud/Porta di Damasco. A queste Porte hanno piazzato telecamere, checkpoint, polizia con i cani, complicando la vita dei Palestinesi. Dall’altro lato, allo stesso checkpoint – per la politica delle due misure – fanno entrare tutti i coloni scortati dalla polizia, senza chiedere documenti o fare controlli. Questi controlli sono riservati solo ai cittadini palestinesi, anche con residenza a Gerusalemme. Tutto ciò complica la loro vita: per esempio, i commercianti della Città Vecchia vivono grazie al flusso delle persone che vi entrano – oltre 200 mila sono solo i fedeli – e questo è positivo per l’economia della città. Invece, purtroppo, i tanti controlli e posti di blocco all’ingresso, riducono la presenza palestinese e rovinano l’economia.

“Tutto ciò ci porta a raddoppiare gli sforzi per aiutare decine di migliaia di Palestinesi a Gerusalemme, in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza. A Gaza, oltre l’80% delle famiglie dipende dagli aiuti umanitari, e se questi non arrivano, esse non hanno neanche gli alimenti base con cui vivere”.

Quali sono i loro più urgenti problemi?

“Sono tre, principalmente: 1) nella Striscia scarseggiano i medicinali, a causa dell’embargo. Le merci e i medicinali arrivano nel porto di Ashdod e vengono trattenute, ritardandone la consegna ai commercianti nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania. Questo significa che la merce arriva deteriorata o scaduta. 2) L’effetto devastante sulle famiglie palestinesi delle politiche dell’ANP di Ramallah, che detiene il pieno controllo dell’economia palestinese, restringendo molto le quote per la Striscia di Gaza per quanto riguarda l’assistenza sociale e sanitaria. Le quote sono al minimo storico. 3) Gli stipendi dei dipendenti pubblici gazawi, anche questi erogati da Ramallah, arrivano in ritardo e con riduzioni del 30-40%.

“Per ciò che riguarda gli aiuti per i gazawi, c’è un dato positivo proveniente dal Qatar che ogni mese manda 100 dollari per famiglia (40mila famiglie). Grazie a questi aiuti la gente sopravvive, ma il costo della vita è altissimo. Dunque, per risolvere queste difficoltà bisogna porre fine all’embargo, dare la libertà ai gazawi e aprire tutte le banche mondiali per permettere alle Ong di finanziare i loro progetti nella Striscia di Gaza.

Quali sono i progetti che l’Abspp sta portando avanti, in particolare in questo periodo di Ramadan?

“La nostra associazione è molto impegnata nel sostenere e finanziare i progetti umanitari nella Striscia di Gaza. In questo primo trimestre abbiamo finanziato: 1) l’apertura di tre centrali idriche per garantire, gratuitamente, l’approvvigionamento di acqua potabile alle famiglie nella Striscia di Gaza; 2) l’adozione a distanza. Purtroppo, nella Striscia di Gaza, negli ultimi 15 anni, la popolazione gazawi ha sofferto diverse offensive israeliane, pagando un prezzo umano altissimo in termini di morti, feriti, disabili e distruzione materiale e dell’economia. Questo significa avere decine di migliaia di orfani che hanno bisogno di essere sostenuti per avere una vita dignitosa. 3) Sosteniamo centinaia di famiglie gazawi attraverso adozioni parziali, pagando ad ognuna 100 dollari al mese, che certamente è poco, ma è già un aiuto. 4) Distribuiamo pacchi viveri, che costano 30 euro, e garantiscono alla famiglia di sopravvivere per un mese: contengono 16-18 generi di prima necessità.

“Nel mese di Ramadan, mese sacro per i musulmani, abbiamo progetti specifici: 1) cucina solidale. La nostra associazione garantisce cucine gazawi, prendendole in affitto in determinati quartieri, garantendo 1000 pasti caldi, che comprendono riso, yogurt, pane, carne, pollo, ecc. Per tutto il mese, all’ora della rottura del digiuno, le nostre squadre di volontari distribuiscono questi pasti alle famiglie più bisognose. Questa cucina solidale gira per tutta la Striscia di Gaza per garantire che tutte le famiglie bisognose, in tutti i quartieri gazawi, ne possano beneficiare, garantendo la giustizia sociale. Sappiamo che 1000 pasti giornalieri non sono sufficienti per far fronte alle grandi necessità della popolazione gazawi, ma è già un inizio…

“Alla fine del mese del Ramadan c’è la Eid al-Fitr. I bambini aspettano questa festa per indossare abiti nuovi e ricevere doni. La nostra associazione ha già predisposto la distribuzione, attraverso le associazione partner gazawi, di regali, abbigliamento e aiuti economici. Gli aiuti economici prevedono una somma ai capofamiglia per far fronte alle spese di gestione della vita di tutti i giorni – affitto, bollette, e così via”.

Cosa sta succedendo a Gerusalemme e come rispondono la Comunità internazionale e i Paesi Arabi?

“Ciò che sta succedendo a Gerusalemme fa parte di un progetto dichiarato dai vari governi israeliani che si sono succeduti, e riguarda il cambiamento totale della città: cambiamento demografico, architettonico, urbanistico. E’ un progetto di pulizia etnica nei quartiere gerosolimitani, che prevede la cancellazione, quando è possibile, di ogni traccia della presenza dei Palestinesi. A livello archeologico, gli scavi nel centro storico della città non hanno portato alla luce nessuna traccia del “tempio di Salomone”. Per cui tutti i tunnel, gli scavi e la dislocazione degli autoctoni palestinesi, come succede di continuo nel quartiere di Silwan, non hanno basi storiche e archeologiche. I coloni arrivano, falsificando dei certificati di proprietà e costringendo le famiglie palestinesi a lasciare le loro case, minacciando con tutti i mezzi possibili, occupando le case con la forza delle armi e l’appoggio della polizia israeliana, come sta succedendo nel quartiere di Sheikh Jarrah, o come successe l’anno scorso, quando la polizia rase al suolo oltre 128 unità residenziali nei quartiere di Sur Baher, il cosiddetto Wadi al-Hummus e così via. E’ veramente in corso un progetto di pulizia etnica e i coloni e i successivi governi israeliani si spostano sempre di più verso l’estrema destra. L’attuale quarto governo Netanyahu ha ministri coloni ultrà, che  lavorano per un progetto chiaro e dichiarato: Gerusalemme è una città ebraica, Gerusalemme agli ebrei. Durante manifestazioni presso Porta al-Amoud/Damasco gridano ‘Morte agli Arabi’, dandoci degli ‘stranieri’, dei ‘clandestini’, quando sono loro i clandestini, gli stranieri importati dall’Europa e dal resto del mondo. Non avevano mai visto Gerusalemme, prima, ma ora pretendono di essere loro gli autoctoni e noi i clandestini. All’inizio del mese di Ramadan hanno dichiarato il piano di invasione, il 10 maggio, della Spianata della Moschea di al-Aqsa, per festeggiare Israele, far sventolare la bandiere israeliane e eseguire le loro preghiere. Mentre a noi Palestinesi, musulmani, a cui la Moschea appartiene, viene tolto il diritto di raggiungerla, a loro viene dato l’appoggio della polizia. Questa situazione ha portato all’esplosione di proteste, il 22 aprile, quando i giovani di Gerusalemme, indifesi ma con la volontà di proteggere la loro patria e i luoghi sacri, hanno lanciato un appello, attraverso i social, di dirigersi verso la Porta al-Amoud/Damasco per affrontare queste atrocità dei coloni e della polizia israeliana.

“I giovani hanno liberato la Porta al-Amoud/Damasco, hanno vinto, tuttavia la lotta è continua, non si ferma. I coloni hanno annunciato di proseguire la loro guerra contro i Palestinesi e la Moschea al-Aqsa. La situazione andrà avanti, la minaccia continua. Questo significa che la Comunità internazionale deve difendere i diritti degli autoctoni palestinesi e fare pressioni sul governo e sui coloni israeliani, affinché il diritto internazionale venga rispettato. Gerusalemme Est, secondo il diritto internazionale, fa parte dei Territori occupati, perciò deve essere sostenuta e devono essere condannate le violazioni israeliane. Purtroppo, le politiche sfacciate di Israele verso Gerusalemme sono dovute all’appoggio ricevuto dall’ex amministrazione USA di Donald Trump, che ha dichiarato Gerusalemme come capitale di Israele e vi ha insediato l’ambasciata statunitense proprio nella parte Est. Ciò ha dato forza al governo israeliano nel portare avanti il progetto di colonizzazione. Altro fattore importante è la “normalizzazione” in corso da parte di vari Stati arabi con Israele. Un fatto vigliacco, condannato e rifiutato da noi. I nostri fratelli arabi devono schierarsi a favore dei diritti dei Palestinesi, invece i governi fantocci stanno lavorando come sostenitori del governo israeliano. Noi abbiamo fiducia nei popoli, nel diritto internazionale, e andiamo avanti nel sostenere i nostri diritti. Siamo italiani, siamo europei, rispettiamo i diritti e la Costituzione e facciamo da tramite per raccontare ai nostri concittadini italiani ed europei cosa succede in Palestina e le ingiustizie e l’oppressione di cui è vittima il popolo palestinese. E per condannare gli oppressori e i colonizzatori. Su Gerusalemme abbiamo lanciato varie iniziative a livello europeo: presidi, lettere ai governanti europei, conferenze via zoom tra tutte le comunità arabe e palestinesi. Per dimostrare la nostra solidarietà e sensibilizzare i concittadini europei”.