C’erano due lati di queste manifestazioni

Memo. La manifestazione dell’opposizione di domenica scorsa al Cairo è stata enorme? Si, lo è stata, ma enorme è stata anche la folla in supporto del presidente, anche se a sentire i media difficilmente si saprebbe. E per questo vale la pena osservare il conflitto in Egitto da un’altra prospettiva, per poi poterne parlare. Immaginiamo, per ipotesi, che Hamdeen Sabahi, Mohamed El Baradei o Amr Moussa fossero stati eletti presidenti l’anno scorso; e, continuo, che l’attuale presidente eletto Morsi ed i suoi sostenitori, fossero scesi in piazza Tahrir intonando slogan come “Vattene”. Sarebbero stati tollerati con rispetto paternalistico o considerati come forze oscurantiste che vogliono rovesciare la democrazia e la legittimità delle urne elettorali?

Il presidente Morsi ha parlato ai manifestanti dell’opposizione con rispetto, invitando al dialogo. Si è assicurato presso il ministro della Difesa che le persone in piazza fossero al sicuro. Ha fatto tutto questo nonostante sapesse che una larga parte della folla radunata nelle piazze della città fosse costituita da avanzi di sostenitori dello spodestato regime di Mubarak e da Cristiani Copti la cui Chiesa ha preso una posizione senza precedenti contro il presidente egiziano. Nessuno del governo ha detto che queste forze sono scese in piazza per motivi di parte che non hanno a che fare col successo o con il fallimento del presidente, per il semplice motivo che sono cittadini col diritto di manifestare come tutti gli altri. In più resterebbero probabilmente anti-Morsi e non importa cosa il presidente possa dire o fare, proprio come gli Alawiti in Turchia, ad esempio, sono anti- Erdogan, nonostante le conquiste significative ottenute durante il suo mandato. In questo confronto identità di gruppo stanno uscendo allo scoperto.

Quando la chiesa Copta, che ha supportato Hosni Mubarak fino all’ultimo giorno, fa appello ai suoi membri di prendere parte alle manifestazioni contro Morsi, questo punto viene messo in rilievo. Questo è accaduto nonostante il fatto che l’articolo della Costituzione che comprende i diritti copti sia stato fatto formulare dai rappresentanti della chiesa. Lo hanno scritto e approvato e poi si sono ritirati, insieme ad altri, dal Comitato costituente dopo aver accettato la maggior parte dei suoi articoli per motivi di parte che non hanno niente a che fare con i testi mentre piuttosto hanno molto a che fare con una politica che crea divisioni. Stando così le cose, abbiamo bisogno di chiederci quanti di quelli presenti alla manifestazione di domenica fossero in piazza anche il 25 Gennaio 2011 giorno che portò alla deposizione del vecchio regime, forse al massimo il 20%?

E sono guidati dai partiti dei “one-man band” El Baradei, Moussa, Sabahi e Aboul Fotouh. Tutti hanno notato come gli ultimi seguaci di Mubarak dominassero la piazza, mentre molti dei giovani uomini della rivoluzione originaria ( così come molte giovani donne, dopo essere state molestate) hanno abbandonato la protesta dovendo dividere la piazza con i sostenitori di Mubarak. Oltre a tutto questo c’è il semplice fatto che nessun presidente, indipendentemente dal partito o dall’orientamento politico, avrebbe potuto, in un solo anno, porre rimedio alle troppe sofferenze sociali ed economiche dell’Egitto. La leadership dell’opposizione è cosciente di questa cosa come tutti, ma sta sfruttando cinicamente la situazione per il suo tornaconto politico. Eleggere un presidente che non ci piace? Nessun problema, mettiamo in scena un colpo di stato.

Tutto questo è inaccettabile. Dobbiamo passare dalla legittimità rivoluzionaria alla legalità costituzionale. Questo è esattamente quello che Morsi richiede, con l’elezione di un nuovo parlamento che possa formare un nuovo governo che rimpiazzi il vecchio, bersaglio della rabbia della gente. Quando Sabahi ammette, in un’intervista al giornale Al-Hayat, che Morsi gli ha offerto un posto da vice-presidente che lui ha rifiutato, mentre altri hanno rifiutato di cooperare o di partecipare al governo, appare chiaro che hanno desiderato -e si sono impegnati estremamente- per il fallimento di Morsi dal primo momento. Il quadro finale non è ancora chiaro. Le persone sperano ancora in un colpo militare, che Sabahi ha esplicitamente invocato ieri, per “salvarle”, ma hanno considerato se le agenzie di sicurezza sono con o contro di loro?

Molti hanno lavorato contro il presidente eletto, dunque per quali obiettivi lavorano adesso? L’essenza della rivoluzione era di mettere in atto un sistema di governo scelto dalla gente attraverso elezioni libere e chiare con legittimità costituzionale. Il processo non è ancora completo, ma la gente è scesa in piazza per abbandonarlo in favore di un’alternativa che resta, per il momento, ignota. Dovrebbe prestare molta attenzione a ciò che desidera. Potrebbe non trattarsi dell’ “alternativa democratica” che pensa. Traduzione di Rossella Della Corte