Chiese in lockdown. Festività cristiane cancellate a Gaza, ma la paura è anche politica (FOTO)

Palestine Chronicle. La gioia del Natale è stata in gran parte assente tra la popolazione cristiana di Gaza a causa del blocco del COVID-19. Le chiese in tutta la Striscia hanno annullato i festeggiamenti associati alle festività e i cristiani, come i loro fratelli musulmani, sono rimasti a casa. Una paura giustificata dalla crisi sanitaria da Covid-19, ma anche spesso volutamente indotta nella popolazione gazawi con secondi fini.

Già a maggio la Campagna SPLAI, lanciata dal Movimento BDS, aveva avvertito come la crisi del coronavirus non ci colpisce tutti allo stesso modo. La classe, la razza e il genere interagiscono con le strutture di oppressione esistenti, mettendo in una situazione ancora più pericolosa i gruppi vulnerabili come i migranti, le persone provenienti da Paesi più fragili, rifugiati, senza casa, disoccupati e popoli interi che vivono sotto occupazione e apartheid.

La Campagna SPLAI aveva avvertito come la discriminazione, a cui molti popoli sono sottoposti su base razziale, si sarebbe aggravata nella cosiddetta “guerra” contro il COVID-19.

Per definire questa fase storica, dominata dal Covid-19, è necessario dunque parlare di “corona-razzismo” a cui le popolazioni palestinesi sono soggette. Decenni di colonizzazione e oppressione israeliane hanno distrutto il sistema sanitario palestinese e in questi mesi il governo israeliano non solo ha negato il diritto alla salute per i palestinesi, ma non ha pubblicizzato adeguatamente le misure di protezione in lingua araba, cogliendo come scusa il Covid-19 per reprimere ancora di più le popolazioni palestinesi in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza. Non a caso le forze militari israeliane in questi mesi hanno scaricato i lavoratori palestinesi negli affollati posti di blocco, mentre le autorità carcerarie israeliane hanno negato le misure di igienizzazione e di cura ai prigionieri politici.

Israele ha condizionato e continua a condizionare l’accesso di apparecchiature mediche relative al COVID-19 al popolo gazawi in cambio di concessioni politiche da parte dei palestinesi, in palese violazione del diritto internazionale.

Mentre si aggravava la situazione sanitaria, Israele non ha fatto nulla per migliorarla ed ha approfittato del momento per reprimere ancora di più il popolo palestinese, impaurendolo più di prima. Da un lato la militarizzazione della crisi sanitaria, sociale ed economica, e dall’altra la sua trasformazione in una questione di sicurezza condita anche di terrorismo psicologico sulla popolazione.

D’altronde quando si è in parte artefici di un problema, lo strumento migliore per coprirlo è la paura attraverso l’allarmismo. Come scrivevano a maggio gli attivisti della Campagna SPLAI:

“Siamo preoccupati per il fatto che nell’eccezionale situazione di pandemia in cui viviamo stiamo sperimentando misure antidemocratiche e in alcuni casi del tutto autoritarie che limitano i nostri diritti e le nostre libertà e che temiamo possano diventare la nuova normalità.

Israele è uno dei principali esportatori di dogmi e strumenti di repressione, di sorveglianza di massa e di crimini di guerra, tutti “testati sul campo”, cioè sui corpi della popolazione palestinese prigioniera e poi promossi come tali in Europa, America latina, Nord America, Asia meridionale e Africa”.

Queste tra le cause della paura dei gazawi e della paura del Covid-19 in tema di contagio ed aggregazione. La paura quindi è stratificata e non contiene solo la questione sanitaria, ma anche politica. D’altronde la disgregazione e la frammentazione del popolo palestinese con misure securitarie, avendo come pretesto il Covid-19 può giovare solamente ad Israele ed alla loro occupazione coloniale.

Il fotoreporter di Palestine Chronicle Fawzi Mahmoud ha visitato una chiesa a Gaza City e ha condiviso queste foto.

Traduzione per InfoPal di L.P.