Congresso arabo-internazionale sul Diritto al Ritorno. Qaddoumi, le reazioni di Fatah, le conclusioni.


Damasco 23 -24 novembre 2008. Si è concluso lunedì 24 il “Congresso arabo-internazionale sul Diritto al Ritorno”, organizzato a Damasco, in Siria, dal Palestinian Return Centre e dal Committee for the Arab-International Congregation for the Right of Return , che ha visto la partecipazione di circa 5000 persone giunte da tutto il mondo arabo e islamico e dall’Europa.

Lunedì i partecipanti hanno diffuso una Dichiarazione sul Diritto al Ritorno “Congresso arabo-internazionale sul Diritto al Ritorno: Dichiarazione di Damasco.”  sottolineando che tale diritto è inalienabile e centrale nella causa palestinese.

Il Congresso che ha aperto i lavori sabato “Congresso arabo-internazionale sul Diritto al Ritorno. Il report.”  ha ospitato personalità di 54 paesi arabo e di diversi altri dell’Occidente.

Relatori e pubblico hanno condannato fortemente i progetti israeliani volti a cancellare il più possibile la presenza palestinese in Palestina, a sradicare altre città e villaggi, distruggendone contemporaneamente cultura, tradizioni, case e campi, a creare tanti bantustan separati tra loro dal Muro dell’Apartheid.

Il Congresso ha anche chiesto alle Nazioni Unite di rimuovere l’adesione di Israele dall’Onu poiché per 60 anni non ha mai permesso il diritto al Ritorno per i profughi palestinesi, violando così la condizione per cui era stata accolta nell’Organizzazione internazionale.

Il discorso del capo dell’Ufficio politico dell’OLP. Parlando alla conferenza, Farouq Qaddoumi, capo dell’Ufficio politico dell’OLP, ha sottolineato che il Diritto al Ritorno dei rifugiati palestinesi nella loro terra in Palestina rappresenta un principio nazionale irrinunciabile.

“Ogni accordo con l’occupazione israeliana – ha affermato – che non tenga conto del Diritto al Ritorno non vedrebbe la luce poiché non ci sarebbe soluzione al problema palestinese”.

Il leader dell’OLP ha anche criticato l’Accordo di Oslo che, ha evidenziato, “non ha portato a nulla di buono al popolo palestinese”, ma, in compenso, “ha indebolito il sostegno arabo alla causa palestinese”. “Questo accordo – ha aggiunto – ha danneggiato la nostra causa e colpito la nostra unità nazionale”. E ha invitato le fazioni a compattarsi dietro la resistenza e i principi nazionali palestinesi.

Per quanto riguarda il Comitato esecutivo dell’OLP, Qaddoumi ha dichiarato che esso ha preso decisioni alla leggera in ogni ambito riguardante la resistenza, obiettivo per cui l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina era stata creata.

Reazioni al Congresso. Lunedì, Fatah ha denunciato il suo leader politico, Farouq Al-Qaddoumi, per aver partecipato alla conferenza, definendo il suo sostegno al Diritto al Ritorno una “deviazione” dall’ideologia di Fatah.

Il movimento ha anche fatto sapere che la partecipazione di Qaddoumi significa “fare gli interessi di Hamas che mira a isolare Fatah e dipingerlo come il partito della colpa”. E ha sottolineato come il leader polico non stesse rappresentando né l’OLP né Fatah.

Conclusioni e obiettivi. Il grande e variegato numero di partecipanti, giunti da tutto il mondo arabo e islamico – era presente anche l’ex presidente della Malesia, rappresentanti iraniani, sudanesi – e dall’Europa –  parlamentari inglesi e greci e delegazione italiana -, il coinvolgimento di quasi tutte le fazioni palestinesi – compresa la Fatah di Qaddoumi e il FPLP, che con Talal Naji presiedeva il Congresso, monsignor Capucci a rappresentare i cristiani, Leila Khader, e il leader dell’Ufficio politico di Hamas in esilio, Khaled Meshaal – ha fatto sì che l’evento assumesse una indubbia portata storica, non solo per la Dichiarazione sul Diritto al Ritorno, diffusa nella giornata conclusiva, ma per la partecipazione stessa di tante realtà politiche e della resistenza palestinese, unite dalla volontà e dalla determinazione di raggiungere gli obiettivi nazionali inseguiti da decenni e boicottati dai piani israelo-americani, dalla debolezza europea e da una fazione “collaborazionista” palestinese.

 

 Khaled Meshaal. Interessante si è rivelato anche sia il discorso pubblico, effettuato durante la cerimonia di apertura del Congresso, sia quello rivolto alle delegazioni europee, del capo politico di Hamas, Meshaal, che ne hanno evidenziato il carattere carismatico, equilibrato, pacato e dotato di grande buon senso e sentimento patriottico. Un’immagine che, a detta di molti dei presenti, è ben lontana da quella di “pericoloso terrorista” dipinto dalla propaganda sionista-americana imposta anche ai governi e alle diplomazie europee. Stessa impressione hanno suscitato gli altri componenti del’Ufficio politico.

Da questa conferenza, Hamas è emerso ancora di più come un movimento, popolare e intellettuale allo stesso tempo, in grado di riunire forze e realtà palestinesi diverse intorno a uno stesso tavolo, rispettandone le differenze politiche, religiose, culturali e di genere nella condivisione di principi e obiettivi comuni. I parlamentari presenti all’incontro hanno unanimente chiesto all’Europa di dialogare con Hamas, in quanto rappresentante eletto del popolo palestinese, ad onta della black-list israelo-statunitense.

La conferenza si è conclusa con la Dichiarazione di Damasco e con la lettura di una serie di messaggi di solidarietà di vari paesi arabi e islamici.

 

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