Detenuto in isolamento da 10 anni

Imemc. Mahmoud ‘Issa è un prigioniero politico palestinese che si trova in carcere dal 1993, negli ultimi 10 anni in isolamento. Gli sono permesse visite di soli 30 minuti, ma nel mese di febbraio un giudice ha negato il permesso alla madre 75enne di fargli visita. Secondo Israele la donna rappresenterebbe un “rischio per la sicurezza.”

Mahmoud ‘Issa, di Anata, cittadina a nord-est di Gerusalemme, fu arrestato da Israele nel 1993. Fu poi condannato da un tribunale militare israeliano a tre ergastoli, con l’accusa di aver partecipato al rapimento e all’uccisione di un militare israeliano identificato come Nissim Toledano, e di aver tentato di uccidere altri due militari israeliani.

Il quotidiano israeliano Haaretz, in un suo report, ha rivelato che la sentenza si basò su ciò che il giudice definì “materiale segreto”, e su informazioni presentate dalla Sicurezza interna israeliana  (Shin Bet).

Secondo la famiglia di ‘Issa, egli sarebbe stato tenuto in isolamento, tutti questi anni, per punizione.

Sua sorella ritiene incredibile che Israele possa considerare l’anziana madre 75enne, malata e parzialmente sorda, un rischio per la sicurezza.

Ella ha aggiunto – come riferisce Haaretz – che quando viene loro permesso di visitare ‘Issa, non possono avere alcun contatto fisico col detenuto, dal momento che l’incontro avviene attraverso una barriera di vetro, e che possono comunicare solo attraverso un telefono interno controllato da guardie.

Israele sostiene che ne’ la madre ne’ altri familiari di ‘Issa abbiano presentato richieste di visita, che il regolamento impone. In caso di richiesta, essa “sarebbe stata considerata.” Ma i familiari negano, sostenendo invece di aver presentato numerose richieste.

Lo Shin Bet ordina al servizio carcerario di rinnovare l’isolamento di ‘Issa ogni sei mesi, in modo tale da mantenerlo isolato nella sua piccola cella, negandogli il diritto di stare con gli altri detenuti politici.

Haaretz riferisce inoltre la dichiarazione fatta dall’avvocato Abeer Baker alla Corte distrettuale di Nazareth, sin dal novembre 2011, relativa a quanto stabilito dalla Corte interamericana dei diritti umani, ovverosia che lunghi periodi di detenzione in isolamento violano la Convenzione americana dei diritti umani.

Ma secondo quanto stabilito il 30 novembre scorso dal giudice David Cheshin, l’accusa gli avrebbe concesso “documentazione sufficiente a mantenere il detenuto in isolamento, e (…) il fatto di impedire le visite dei familiari o le telefonate non vuol essere una punizione.”

La fine dell’isolamento è una delle principali richieste presentate dai prigionieri politici palestinesi in Israele attraverso lo sciopero della fame a oltranza. I prigionieri chiedono inoltre il permesso di ricevere visite dalla Striscia di Gaza, e che i loro diritti fondamentali siano garantiti in base al diritto internazionale.

I detenuti Bilal Thiab e Thaer Halahla sono in sciopero della fame da 70 giorni: giovedì scorso sono stati entrambi condotti in tribunale, dove un membro arabo della Knesset, dr. Ahmad Tibi, li ha visitati diagnosticandone le gravi condizioni di salute, che richiedono un ricovero immediato.

La Società dei prigionieri palestinesi segnala che lo scorso mercoledì il detenuto Rateb ad-Deek, anch’egli in sciopero della fame, ha perso l’udito, e ha vomitato sangue in seguito alla somministrazione, in carcere, di un farmaco errato.

Traduzione per InfoPal a cura di Stefano Di Felice