Al-Barghouhti: ‘Sostegno ai detenuti in sciopero, c’è unità tra i prigionieri’

Al-Barghouhti: ‘Sostegno ai detenuti in sciopero, c’è unità tra i prigionieri’

Betlemme – Ma’an. Due giorni fa, il leader palestinese detenuto da Israele, Marwan al-Barghouthi, ha rilasciato le seguenti dichiarazioni: “I prigionieri palestinesi resteranno uniti nel sostenere coloro che stanno scioperando”.

“I prigionieri palestinesi di tutte le fazioni, detenuti in tutte le prigioni dell’occupazione israeliana, sostengono all’unanimità lo sciopero. Essi stanno lottando una battaglia per ‘la libertà e la dignità’“, ha scritto il leader di Fatah.

Come avevano detto ieri in un comunicato stampa dall’Alto comando nazionale del Movimento in sciopero, anche al-Barghouthi riconosce all’organo l’esclusivo ruolo di interlocutore con le autorità carcerarie israeliane.

Il Comando è formato da: Mohanad Sharim, Mahmoud Sharita, Huma’a Tayih e Jamal al-Hour, di Hamas, ‘Alaa’Abu Jazar, ‘Abdel Rahim Abu Houla e Nasser Abu Hammed di Fatah, Zayed Basisi del Jihad Islamico, ‘Ahed Galma del Fronte popolare (FplP) e Wajdi Juda del Fronte democratico (FdlP).

Domenica, i detenuti del carcere di Nafha avevano fatto sapere di non avere grandi speranze in una comunicazione con Israele e avevano dichiarato: “Nel momento in cui invocheremo ‘Dio è grande’, e batteremo con forza i pugni sulle porte delle nostre celle, saremo d’accordo nel dare una nuova spinta alla nostra protesta”.

Foto: Ma'an News Agency.

“Da 20 giorni (oggi 21) siamo in sciopero della fame sotto lo slogan ‘vivere con dignità oppure morte'”, avevano scritto i detenuti palestinesi dalla prigione del Negev all’agenzia Ma’an.

Il 17 aprile scorso, oltre mille detenuti palestinesi hanno avviato lo sciopero unendosi a quanti giò lo stavano facendo contro l’arbitrarietà delle proprie detenzioni. Attualmente sono circa 2mila i detenuti in sciopero della fame.

Il leader del Jihad Islamico, Mohammed al-Hindi ha ammonito: “Qualora adovesse accadere una qualche fatalità a uno solo dei nostri connazionali detenuti da Israele, esploderà una terza Intifada”.

L’affare delle detenzioni è un fenomeno tra i più sensibili nella società palestinese, e si stima che il 40% degli uomini dei Territori palestinesi occupati ne abbiano fatto esperienza.