Espansione israeliana del “parco nazionale” è un “attacco premeditato contro i cristiani nella terra santa”

Gerusalemme occupata/al-Quds – MEMO. I leader della chiesa palestinese e i parlamentari statunitensi hanno espresso preoccupazione per un controverso piano per espandere un parco e nazionalizzare un’ampia sezione del Monte degli Ulivi, uno dei luoghi più sacri della cristianità, che fin dall’antichità è stato un importante luogo di pellegrinaggio per i cattolici, gli ortodossi orientali e i protestanti.

Il 2 marzo, il piano dovrebbe essere sottoposto all’approvazione preliminare del Comitato per la pianificazione e la costruzione locale del comune di Gerusalemme, secondo quanto riferito dal Times of Israel. L’udienza era originariamente prevista per il 10 aprile, ma è stata anticipata.

Una delegazione di democratici della Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti, in visita in Israele, ha espresso preoccupazioni, così come i principali funzionari della chiesa ed alcuni gruppi per i diritti umani, che hanno definito la misura come una presa di potere e una minaccia per la presenza cristiana nella “Terra Santa”.

I parlamentari statunitensi hanno sollevato la questione della potenziale acquisizione da parte di Israele di luoghi santi cristiani con il primo ministro Naftali Bennett, durante un incontro avvenuto la scorsa settimana. Apparentemente, Bennett, conosciuto per aver fatto commenti incendiari sui palestinesi, e lui stesso un sostenitore delle colonie israeliane, non sembrava a conoscenza del piano, ma ha detto alla delegazione statunitense che sta facendo “tutto il possibile per ridurre le tensioni” nella Gerusalemme occupata e per “prevenire azioni che potrebbero innescare nuove violenze”.

In una lettera al ministro israeliano per la Protezione dell’ambiente, Tamar Zandberg, i leader della chiesa hanno fatto eco alle preoccupazioni sollevate a dicembre sulla minaccia di “estinzione” affrontata dal cristianesimo e portata avanti dai gruppi radicali israeliani:

“Negli ultimi anni, non possiamo fare a meno di sentire che varie entità stanno cercando di ridurre al minimo, per non dire eliminare, le caratteristiche non ebraiche della città santa e di alterare lo status quo in questo sacro Monte”, si legge nella lettera inviata dal Patriarca greco-ortodosso di Gerusalemme, Teopoli III, dal Custode della terra santa della Chiesa cattolica, Francesco Patton, e dal Patriarca armeno di Gerusalemme, Nourhan Manougian.

“Si tratta di un provvedimento brutale, che costituisce un attacco diretto e premeditato verso i cristiani in terra santa, alle chiese e ai loro antichi diritti, garantiti a livello internazionale. Con il pretesto di proteggere gli spazi verdi, il piano sembra servire a un agenda ideologica che nega lo status ed i diritti dei cristiani a Gerusalemme”, continua la lettera.

“Purtroppo non è la prima volta che l’INPA svolge un ruolo ostile contro le chiese e la presenza cristiana in terra santa”, aggiunge la lettera, in riferimento all’Autorità israeliana per la natura ed i parchi (INPA), che sta promuovendo il progetto.

I loro avvertimenti sulla possibile presa del Monte degli Ulivi seguono un messaggio sorprendente, consegnato dai dirigenti della chiesa nel periodo che precede il Natale. “Negli ultimi anni, la vita di molti cristiani è stata resa insopportabile da gruppi locali radicali, con ideologie estremiste”, hanno affermato i leader, facendo riferimento ai gruppi radicali israeliani. “Nonostante duemila anni di fedele servizio, la nostra presenza è precaria e il nostro futuro è a rischio”.

Prima della creazione di Israele, nel 1948, i cristiani palestinesi erano la seconda comunità religiosa più grande, costituendo oltre l’11% della popolazione totale locale. Le ondate di pulizia etnica, che i palestinesi chiamano di Nakba (catastrofe), hanno ridotto il loro numero all’attuale livello di “estinzione”.

La cattura violenta, l’annessione illegale e l’occupazione militare di Gerusalemme, da parte di Israele, ha accelerato la fuga dei cristiani palestinesi dal loro paese. I gruppi per i diritti umani hanno descritto il dominio di Israele sul territorio come una forma d’Apartheid, in base alla quale anche i palestinesi cristiani sono trattati come cittadini di seconda e terza classe.