La morte solitaria di una donna sfollata

Electronic Intifada.net. Di Eman Hillis. Aveva fame e sete e non aveva nessuno della sua famiglia accanto a lei. (Da InvictaPalestina).

Suhaila era sola nel suo appartamento quando Israele ha iniziato la sua guerra genocida il 7 ottobre.

Tutto quello che poteva sentire erano i suoni delle esplosioni. Tutto quello che poteva fare era pregare per le persone che venivano martirizzate.

Prima di tornare a Gaza qualche anno fa, Suhaila aveva vissuto dieci anni in Egitto.

Era tornata perché voleva vedere i suoi nipoti e le sue nipoti. Non poteva immaginare quali orrori le sarebbero stati riservati

Suhaila, una donna di 63 anni costretta su sedia a rotelle, viveva nella zona di Sheikh Radwan a Gaza City. Era rimasta lì dopo che Israele aveva ordinato a tutti nel nord di Gaza – compresa Gaza City – di lasciare le proprie case durante i primi giorni della guerra.

La situazione a Sheikh Radwan era diventata sempre più grave, soprattutto dopo che Israele aveva inviato carri armati nella zona. Israele non ha mostrato pietà verso i bambini e gli anziani.

La violenza si era avvicinata sempre di più all’appartamento di Suhaila.

Tutto quello che poteva sentire erano le esplosioni, il suono delle sirene delle ambulanze, le urla della gente. I rumori erano così forti e intensi che pensava che sarebbe diventata sorda.

Quando ci fu una pausa, Suhaila sentì bussare alla sua porta.

“C’è qualcuno lì?” aveva chiamato una voce.

“Sì”, aveva risposto lei. “Io sono qui.”

La sua voce era debole e non riusciva ad alzarla.

I colpi alla sua porta continuavano e Suhaila continuava a dire “Sono qui”. Era riuscita a sedersi sulla sedia a rotelle.

Poco dopo la porta si era spalancata. Era apparso un uomo.

“Sei l’unica in questo appartamento?” aveva chiesto.

Suhaila aveva annuito. “Chi sei?” lei aveva chiesto.

L’uomo aveva spiegato di essere un impiegato della Protezione civile. Le disse che  doveva uscire velocemente dall’appartamento.

L’intero blocco, ha aggiunto, stava per essere preso di mira da Israele.

Suhaila era scioccata e arrabbiata per la notizia, ma aveva represso le sue emozioni. Chiese all’operatore della protezione civile di aiutarla a prendere due thobe dal suo armadio.

Poi aveva lasciato frettolosamente il suo appartamento.

Suhaila fu portata a Khan Younis, nel sud di Gaza. Andò a stare lì con i parenti.

La casa dei suoi parenti non era adatta a chi usa una sedia a rotelle.

Suhaila aveva bisogno di aiuto per andare in bagno. Dipendeva dai suoi parenti per cibo e acqua.

Non era rimasta a lungo a Khan Younis.

Non molto tempo dopo il suo arrivo, Israele aveva iniziato a bombardare la città, causando un’evacuazione su larga scala.

Suhaila si era diretta con i suoi parenti a Rafah, più a sud. Sfortunatamente, in mezzo al trambusto generale, era stata separata da loro

Sola per le strade di Rafah, Suhaila non aveva idea di cosa fare o dove andare. Un giovane era venuto in suo aiuto e l’aveva portata in una moschea.

Anch’io mi ero rifugiata nella stessa moschea. È stato lì che Suhaila mi ha raccontato cosa le era successo.

Alla moschea Suhaila si agitava parecchio.

Un’infermiera volontaria di nome Samah aveva notato che la salute di Suhaila stava peggiorando.

Quando a Suhaila era stato offerto del cibo, lei lo aveva rifiutato.

Nel suo stato di angoscia, aveva accusato altri nella moschea di aver tentato di ucciderla.

In un’occasione aveva accettato di mangiare un po’, dopo ore di persuasione. Aveva chiesto una mela e del cioccolato.

Ma nessuno dei due era disponibile nel mercato, e anche se lo fossero stati, sarebbero stati troppo costosi perché i rifugiati potessero permetterseli.

Una mattina presto, Suhaila aveva avuto una sferzata di energia. Aveva chiesto di andare in bagno e di cambiarsi i vestiti.

All’improvviso, aveva iniziato a vomitare.

È arrivata un’ambulanza e aveva portato via Suhaila.

Sulla strada per l’ospedale, Suhaila è morta. Non è stato celebrato alcun funerale.

Alcune persone potrebbero attribuire la morte di Suhaila a “cause naturali”.

O alla sua età.

O alla malattia.

Ma io sono convinta che sia morta di dolore.

È morta in un posto estraneo.

Aveva fame e sete e non aveva nessuno della sua famiglia accanto a lei.

Eman Hillis è una scrittrice di Gaza.

Traduzione per InvictaPalestina di Grazia Parolari.