‘La soluzione dei due Stati non è una soluzione’

Di Gregg Carlstrom

Siloh (Cisgiordania occupata) – Al-Jazeera.net. Questa è una colonia israeliana, situata a circa 30km ad est della Linea Verde, improbabile luogo dove poter affrontare una discussione sul possibile futuro di Israele in termini di Stato binazionale.

Circa 2mila persone vivono qui, un posto in cima a una collina a pochi chilometri da Nablus, in un insediamento circondato da cancelli e guardie armate. Nell'ultima elezione della Knesset (parlamento israeliano) del 2009, oltre la metà dei coloni israeliani che abitano in questa regione della Cisgiordania, avevano votato a favore del partito del Likud, per Unione Nazionale o anche per uno dei tanti partiti religiosi israeliani.

Ai piedi della collina, alcuni archeologi sono impegnati a lavorare agli scavi di Tel Shiloh, ovvero quello che secondo gli ebrei fu il sito del Tabernacolo per circa 400 anni.
Dopo aver intervistato centinaia di israeliani il mese scorso, l'opinione sulla soluzione di uno Stato unico che convinceva maggiormente proveniva proprio da questo posto, un insediamento israeliano illegale in Cisgiordania.

“Ciò che chiamano la soluzione dei due Stati non è una soluzione”, aveva detto Netanel Elyashiv, colono israeliano residente nel vicino insediamento di Eli, emigrato in Israele otto anni fa dagli Stati Uniti.
“Sia la gente di sinistra sia quella di destra sono assurde. La destra vuole che tutti gli arabi vadano via, mentre la sinistra crede che possiamo vivere separati da un muro”, aveva confidato l'insegnante.

“La realtà è quella binazionale e questo è quanto la gente deve capire”.

Non esiste in Israele né nei Territori palestinesi occupati un supporto dominante per la soluzione binazionale. Tutt'altro, è proprio il contrario. Stando ad alcune statistiche: la maggioranza degli israeliani, e una percentuale che va tra il 40 e il 60% dei palestinesi che vivono nei territori occupati, sono ancora a sostegno della soluzione dei due Stati”. Inoltre, il governo israeliano e l'Organizzazione di Liberazione della Palestina (Olp) continuano a manifestare un'adesione formale all'idea di rilanciare negoziati che conducano proprio alla soluzione dei due Stati.

Le loro azioni nei mesi scorsi, però, hanno dimostrato che essi non credono nemmeno a quest'idea e, dopo quattro settimane, sembra difficile sfuggire alle conclusioni secondo le quali la creazione dei due Stati è semplicemente invalida. 

“Non vedo via d'uscita”. La soluzione di due Stati è morta da tempo, nessuno sembra nemmeno averlo detto agli architetti del piano, in modo che la macchina del “processo di pace” possa avviarsi. Così che, poco dopo che Mahmoud 'Abbas aveva tenuto il suo discorso alle Nazioni Unite, Catherine Ashton e Tony Blair avevano fatto una corsa davanti alle telecamere, impazienti di annunciare che il Quartetto era arrivato a una “formula” per riavviare i negoziati tra Israele e l'Olp.
Tuttavia, il loro annuncio è sembrato essere più insignificante del solito. Entrambi hanno ammesso che nessuna delle due parti, Israele e palestinesi, hanno accolto la proposta. 'Abbas aveva espresso un modesto interesse.
Benjamin Netanyahu aveva fatto sapere di sostenere la formula, mentre, contemporaneamente, si liberava dagli impegni per la sospensione delle attività coloniali, uno dei principi-cardine dei Quartetto.

Al contrario, il governo israeliano ha annunciato in settimana di avere in serbo la costruzione di 1.100 unità abitative a Gilo, colonia israeliana illegale ad est di Gerusalemme, sulla terra di Betlemme.

“In tal modo, Israele sta rispondendo alla dichiarazione del Quartetto con 1.100 'NO'”, ha osservato il capo del negoziatori palestinesi, Sa'eb 'Erakat.
I membri del Quartetto continuano comunque a rilasciare dichiarazioni e a organizzare incontri, ma anche quest'ultima iniziativa è sembrata essere praticamente defunta in partenza, proprio come lo furono le numerose che l'avevano preceduta.

Il processo di pace continuerà a trascinarsi, ma esiste un sentimento crescente tra israeliani e palestinesi – anche tra quanti sostengono la soluzione dei due Stati – in base al quale (lo Stato binazionale) è qualcosa di irraggiungibile. Almeno non con un Israele dominato dal blocco delle destra, tanto meno con la presenza di 500mila coloni israeliani che già vivono nella Cisgiordania occupata.

“Non vedo via d'uscita per mezzo dei negoziati”, ha ammesso Nabli Sha'at, leader dei negoziatori dell'Olp.

Cresce il diritto. E' pessimista, Sha'at, a causa del rifiuto di Israele a sospendere le attività edilizie di insediamenti e anche perché il suo intermediario americano non ha nemmeno sollevato tale questione.
E se lo facessero, sarebbe comunque una causa persa. Le leadership dei partiti politici Likud, Shas, Habayit Hayehudi e Unità Nazionale hanno scritto una lettera a Netanyahu, questa settimana, per premere e trovare una via di ritorsione nei confronti dell'Olp per la mozione all'Onu. Preferiscono una replica? Bene, annettere le colonie israeliane alla Cisgiordania.

Un'eventualità di questo tipo legalizzerebbe la situazione esistente sul campo, e quasi sicuramente renderebbe impossibile la soluzione dei due Stati. La Cisgiordania, infatti, non sarebbe parte di un vero Stato se Israele dovesse annettere all'interno delle proprie frontiere i 122 blocchi coloniali.

Questi partiti continueranno a esercitare un controllo sulle politiche israeliane nell'immediato futuro. Un sondaggio condotto a settembre da Ha'aretz aveva rivelato che la coalizione di destra in Israele potrebbe riconfermarsi alle prossime elezioni: il partito laburista di centro-sinistra conquisterà nove seggi, tutti a spese di Kadima che ne perderà dieci. Pertanto, la presenza del blocco di centro-sinistra in Israele resterà più o meno invariato a quello di oggi, e non sarà grande abbastanza da formare una coalizione.

Quando non respingeranno anche solo il principio dei negoziati, i partiti conservatori dominanti, come in tempi recenti, si opporranno alle precondizioni necessarie per riavviare colloqui con l'Olp.

Se anche fosse disposto a smantellare qualche insediamento, davvero Israele potrebbe permettersi tutto questo? Un recente studio dimostra che Israele ha speso 270mila dollari per ciascun uomo, donna e bambino che ha fatto sgomberare dalla Striscia di Gaza nel 2005.

Molto più popolata è la Cisgiordania: 500mila coloni israeliani vivono nelle colonie in Cisgiordania e a Gerusalemme Est, in confronto ai 9mila evacuati da Gaza. Vorrebbe dire pagare un prezzo esorbitante per un Paese che per tutta l'estate è stato scosso da proteste socio-economiche provocate in parte dai sussidi già erogati a favore dei coloni a spese degli israeliani che abitano sull'altro lato della Linea Verde.

'Il più grande fallimento diplomatico'. In contrasto con questo scenario, esiste un entusiasmo dominante per il voto all'Onu dell'Olp. Il 70% degli israeliani si è espresso a favore di un'accettazione da parte del proprio governo della mozione palestinese, votando con un “SI” alle Nazioni Unite, ma questo pare essere l'ultimo disperato fondo di sostegno a un'idea defunta.

Gli analisti sperano ancora di dare luogo a mosse politiche per riavviare il “processo di pace”, tuttavia, la realtà politica – su entrambi i lati – soprattutto in Israele, suggerisce che niente di tutto ciò è realistico.

Carlos Strenger ha scritto su Ha'aretz: “Netanyahu potrebbe entrare nella storia…come l'uomo che ha ucciso la soluzione dei due Stati”.

Quest'idea della soluzione dei due Stati, è il fallimento diplomatico più grande dell'ultimo secolo”, ha detto Elyashiv, il residente di Eli di cui si è parlato all'inizio di questo articolo. “Dovranno passare ancora decenni per raggiungere una buona soluzione”.

Restano ancora sospese  divergenze di sostanza all'interno del Sionismo: l'obiettivo di mantenere il carattere ebraico dello Stato e l'idea dello stato binazionale. Anche senza il Diritto al Ritorno per i rifugiati palestinesi, un singolo Stato su tutta la Palestina storica sarebbe comunque abitato in maggioranza da non ebrei, e il tasso di natalità dimostra che gli ebrei saranno sorpassati ulteriormente nei prossimi anni.

Un sondaggio condotto lo scorso anno dall'Istituto di democrazia in Israele mostrava che la maggioranza degli intervistati era a sostegno del carattere ebraico di Israele piuttosto che di uno democratico.

Semplicemente c'è qualcuno, in entrambe le parti, che non desidera vivere insieme all'altro. Nelle scorse settimane, 'Erekat, inviato dell'Olp all'Onu, aveva affermato: “Palestinesi ed ebrei dovrebbero vivere separati' in futuro”. Queste sono affermazioni che di solito provengono dagli israeliani conservatori, gli stessi che sostengono che “lo Stato palestinese è in Giordania”, usando una forma di “cortesia” per parlare di pulizia etnica sulla Palestina storica.

Ma la realtà dalla quale non si fugge è quella che vede oltre 2milioni di palestinesi all'interno di Israele, chiudendo una ridefinizione politica: quella dei 500mila coloni israeliani della Cisgiordania che resteranno lì, con tutta probabilità.

Il mantra del “processo politico” tra Israele e palestinesi è stato a lungo quello del “due Stati per due popoli”. Tuttavia, ciò sembra non avere senso nel momento in cui entrambi gli Stati contengono già entrambi popoli.

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