La storia della famiglia Hararah, fatta a pezzi dall’esercito israeliano.

Una storia.

Le bombe israeliane hanno preso di mira la famiglia Hararah nel quartiere Al-Shujaia.

 

23 luglio.

 

Nessuno poteva ascoltare le parole della piccola Arij Hararah, scioccata dalla tragedia che supera i suoi tre di vita.

Sua madre è stata uccisa la mattina di venerdì 21 luglio insieme ai suoi due figli presi di mira dall’esercito di occupazione israeliano.

Ha domandato: "Dove è andata mia madre? Loro dicono che è in ospedale insieme ai miei due fratelli feriti, ma io non ci credo. Potrà tornare un’altra volta e potrò dormire vicino a lei?

Certo che tornerà perché sa bene che io ho paura di dormire da sola, io sono la più piccola perciò mi ama più di tutto il mondo intero, mi metterò a sedere sull’uscio della casa, così sarò io la prima a riceverla e abbracciarla, non piangerò cara mamma come loro perché tu tornerai da me”.

 

L’attesa della bambina Arij, lontano, in un angolo della casa era più potente del clima triste diffuso nella sua famiglia che piangeva quattro membri dopo che un carrarmato israeliano, posizionato nella zona dell’ingresso Karni, aveva bombardato con almeno due bombe la loro casa nel quartiere Al-Shujaiah, nella collina Al-Mintar, la zona più alta della città di Gaza. Nell’attacco è stata uccisa la madre Sabah (45 anni) insieme ai suoi due figli Amer (23 anni) e Mu’men (16 anni), e lo zio paterno, Mohammad (26 anni), dopo il loro arrivo in ospedale, a pezzi. Sono stati colpiti anche i due fratelli Omar (17 anni) e Mohammad (20 anni).

 

Che notte!

Um Jihad Hararah, la sorella del martire Mohammad soprannominato (Abu Hafs), e zia di Amer e Mu’men, ha descritto la notte precedente con parole zuppe di lacrime e del sangue del massacro commesso nei confronti di civili che stavano dormendo in pace nelle loro piccole case: “Abbiamo passato la notte scorsa nel terrore totale, mentre udivamo il rumore delle bombe israeliane da una parte e le sirene dall’altra. Nessuno di noi ha potuto uscire di casa. All’inizio abbiamo pensato che l’attacco era contro il quartiere Al-Zaitun”.

E ha aggiunto che tutto quello che ha fatto Um Amer quando ha sentito il rumore della prima bomba, alle prime ore all’alba, è stato di salire insieme ai suoi due figli Amer e Mu’men sul tetto a terrazza per vedere la zona presa di mira. In quel momento i carrarmati li hanno bombardati con la scusa che stavano osservando il movimento dei militari nella zona per informare i resistenti palestinesi. Anche Mohammad, curioso di sapere dove fosse finita la prima bomba, era salito sul tetto accanto: aveva paura che la casa di suo fratello, vicino alla sua, fosse quella presa di mira.  

Suo fratello Mohammad, che era attivista delle Brigate Izzddin Al-Qassam, ripeteva “cantate per il martire”, e aveva aggiunto, due giorni prima: “Fra qualche giorno sentirete una buona notizia su di me”. E domandava ai suoi amici: “Non so perché finora nessuno della mia famiglia è stato ucciso”. E poiché la casa di Abu Amer è la più alta della zona, Mohammad controllava i movimenti dei carrarmati. Questa famiglia non ha risparmiato niente per dare una mano a qualsiasi palestinese che ama questa patria.

Um Jihad si è accontentata di inviare un messaggio al mondo che ha girato le spalle ai palestinesi.

(…) 

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