LA STRAGE DEI BAMBINI: 335 uccisi, 1497 feriti in 21 giorni di guerra unilaterale israeliana contro Gaza.

 

Gaza – Infopal. Il ministero dell’Istruzione palestinese ha reso noto che in 21 giorni di massacri israeliani contro la Striscia di Gaza assediata e sigillata, sono stati uccisi 335 bambini e feriti altri 1497.

Ad ammazzarli sono stati missili ad uranio impoverito e bombe al fosforo, armi non convenzionali proibite dalle convenzioni internazionali, lanciate dagli aerei da guerra israeliani, dagli F16, dagli elicotteri apache, dall’artiglieria e dai carrarmati.

Il ministero, in un comunicato stampa di cui il corrispondente di Infopal.it a Gaza ha ricevuto una copia, ha confermato che “i brutali crimini commessi dall’esercito di occupazione israeliano contro i bambini della Striscia di Gaza sono intenzionali. Essi intendono colpire selvaggiamente ogni aspetto dell’umanità”.

Il ministero ha aggiunto che gli effetti della guerra di distruzione non si limitano all’uccisione fisica, o ai danni inflitti in modo permanente, ma causano anche devastanti problemi psicologici. Gli attacchi aerei, i bombardamenti di cielo, terra e mare, le sparatorie a tappeto, causano ai bambini insonnia, enuresi notturna, dislessia, panico, terrore di venire uccisi e altri disturbi. Le loro abitazioni, scuole, moschee, ospedali sono diventati luoghi insicuri, a causa dei feroci bombardamenti, e non esiste riparo alcuno per loro. Questo li rende ancora più fragili, insicuri e impauriti.

Il ministero dell’Istruzione ha accusato Israele di violazione della legge internazionale, in particolare la IV Convenzione di Ginevra, che chiede la protezione dei civili durante le guerre.

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Perché i bambini palestinesi vengono uccisi?
Mohammad Habib, corrispondente Infopal da Gaza

La piccola Hadil, approfittando delle tre ore della cosiddetta tregua “umanitaria”, è uscita dalla scuola dove si è rifugiata insieme agli altri quattro membri della sua famiglia, per cercare tra le macerie della sua casa, bombardata dagli aerei da guerra israeliani, quanto è rimasto dei suoi vestiti e giocattoli.

Hadil è seduta sulle rovine della sua casa, con gli occhi lacrimanti e la speranza di trovare ancora un giocattolo o un vestito pulito.

Nella stessa situazione di Hadil si trovano centinaia di altri bambini che hanno perso tutto – casa, abiti, giochi, libri, familiari, scuola -, quando sono stati così fortunati da non aver perso anche la vita.

Chi di noi non ha visto il piccolo Luai Subh, il bambino che abita a nord della Striscia di Gaza? I suoi occhi sono stati letteralmente sciolti dalle armi chimici usate dagli israeliani, quando, la scorsa settimana, hanno bombardato la sua casa. Luai è condannato alla cecità permanente.

E chi non ha visto in televisione la piccola Jamila al-Hayash, rimasta senza gambe a causa di un missile israeliano che si è abbattuto su di lei e sui suoi cugini mentre stavano giocando sulla terrazza di casa?

Nello stesso bombardamento è stata uccisa sua sorella Jalila di 11 anni, sua cugina Isra’a di 13, e suo cugino Mohammad ha perso la gamba sinistra.

I bambini della Striscia di Gaza, che rappresentano il 56% dell’intera popolazione, lottano per sopravvivere all’aggressione israeliana, “Piombo fuso”, iniziata il 27 dicembre 2008.

L’”Associazione per i Diritti del bambino” denuncia la minaccia rappresentata dal proseguimento dell’escalation israeliana contro la Striscia e dell’assedio: manca il cibo, l’acqua, la luce, le medicine, il carburante. Ogni diritto umano, anche più elementare, è violato.

Il dott. Eyad al-Sarraj, psichiatra e direttore del GCMHP – Gaza community mental health program (Programma per la salute mentale di Gaza) -, ha dichiarato: “I bambini di Gaza sono sotto shock. Sono molto disturbati dai continui bombardamenti. Soffrono di ansia, sono terrorizzati, provano odio. Fare la pipì addosso è diventata la norma“.
Al-Sarraj ha chiarito che i bambini sono esposti a un danno psicologico a lungo termine: “Hanno perso, dentro di sé, la figura del padre, o dell’adulto, come loro protettore, perciò, per sostituirla, tentano di unirsi ai gruppi armati“.

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Sono 322 (al 14/01/09) i bambini morti a Gaza: ”Ragazzi terrorizzati, sappiatelo: questa guerra produce pazzi”

 

Le cifre dell’Unicef. Parla Hussam Hamdouna, direttore di una Ong che lavora nella Striscia.

Di Serena Fiorletta

Sono 322, fino a questo momento, secondo l’Unicef, i bambini morti a Gaza. “È una guerra totale questa”, mentre i numeri dei morti si succedono freddamente per ragguagliarci sulla situazione nella stirscia di Gaza, queste sono le prime parole che ci raggiungono al telefono con Hussam Hamdouna, direttamente dall’inferno palestinese. Hussam è il direttore di una di quelle realtà che non dovrebbero rientrare tra i cosiddetti obiettivi militari, il Rec (Remedial Educational Center), una Ong palestinese che opera nel settore educativo, con sede a Jabalia.

La città degli scontri più violenti

Jabalia è la città dove, in questi ultimi giorni, si stanno svolgendo gli scontri più violenti e dove, secondo la tv araba Al Jazira, l’esercito israeliano avrebbe bombardato i centri abitati. Le parole della nota emittente sono confermate dalla viva voce di Hussam che ha lasciato la sua abitazione due giorni fa dopo un bombardamento. La sua casa è seriamente danneggiata per rimanerci a vivere ma sopratutto la  zona è diventata troppo calda sotto la diretta occupazione militare israeliana.
Le parole che arrivano nitide alla nostra cornetta sono colme di dolore e proccupazione, “troppe persone sono morte, non è solo Hamas il problema, qui vogliono ucciderci, è una vera guerra contro gente inerme”.
La popolazione nella striscia di Gaza supera il milione e mezzo e circa la metà ha meno di quindici anni. I disagi vissuti da questi bambini sono dovuti alle condizioni di vita causate dall’ annoso conflitto israelo-palestinese.

Bambini: il Rec fatica a conteggiare i danni

Il Rec lavora in differenti punti dell’angusto territorio di Gaza ma ad oggi non sanno quali reali danni abbiano subito le loro sedi, i bambini che seguono sono salvi ma anche di questo non si ha la certezza, le condizioni scatenate dall’attacco non permettono di comunicare facilmente, né di aiutare le famiglie da loro seguite, oggi bisognose di cibo, acqua, riparo e conforto.

Danni alla psiche difficili da gestire

Quello che invece Hamdouna può dirci con certezza è che i bambini palestinesi con cui lavorano da anni sono già vittime di traumi da guerra, che questo nuovo orrore non può che rafforzare. “Sarò franco e diretto, la violenza porta violenza, danni alla psiche difficili da gestire, tutte le persone qui hanno traumi dovuti ai conflitti vissuti, ai bombardamenti, alla paura; parlo di bambini che seguiteranno a bagnare il letto per anni, che non riescono più a dormire da soli, che saranno pieni di odio e violenza, che non riescono ad andare bene a scuola.”

Parlare di pace dopo le bombe

La domanda che angoscia Hussam, anche ora, mentre le bombe continuano a cadere, è come lavorare, quando tutto sarà finito, con questi bambini terrorizzati. Ci spiega come il compito arduo dell’educatore sia rimanere fuori dalla politica che impregna costantemente le loro vite, così come non ha senso parlare di pace il giorno dopo un bombardamento in cui si è rimasti abbracciati ad un genitore morente. Ma come tutto dovrà essere incentrato sull’educazione in senso lato come unica arma per uscire da  questa situazione chiamata “questione palestinese”.

“E’ davvero difficile, i paesi arabi ci hanno lasciati soli, la comunità internazionale anche, abbiamo bisogno di essere supportati dalle altre società civili in un lavoro di ricostruzione” ci spiega con calore il direttore del Rec. Nonostante alcune voci in questi giorni abbiano parlato di due Palestine, una di Gaza retta da Hamas ed una nella West Bank sotto l’Anp, Hussam sottolinea come invece i palestinesi di Gaza si sentano un’unica cosa con chi risiede in Cisgiordania, soli di fronte ad un vasto mondo.

Coltivo un’assurda speranza

“Non riesco ad immaginare un futuro che non sia nero ma la vita deve andare avanti, spero ormai nella fortuna, cioè nel coltivare la speranza che questa assurda guerra finisca, che smettano di uccidere”. Anche “perchè abbiamo bisogno di riorganizzare ancora un’altra volta la nostra vita, l’ennesima volta, senza essere lasciati soli”. Ci chiede di augurargli buona fortuna e che la notte che sta arrivando sia  leggermente meglio di quelle appena trascorse, ma non sappiamo se ciò che accadrà, quale notte seguirà una volta chiusa la comunicazione.

Il Rec lavora con una onlus italiana

Il REC lavora da anni con l’onlus italiana EducAid in progetti volti al supporto psicologico e materiale alla popolazione, al supporto socio educativo e psicosociale dei bambini vittime del conflitto, attraverso attività come l’introduzione dei clown nelle corsie degli ospedali o il ludobus che attraversa la striscia di dolore portando educatori e risate.

E’attraverso questi progetti di vera e propria cooperazione che il fratello di Hussam ed educatore del Rec, Yusef, arriva in Italia un anno fa per uno stage al CEIS (Centro Educativo Itao Svizzero). Le parole di questo giovane pieno di energia ed oggi di tristezza ricalcano inconsapevolemente ma non casulamente quelle del fratello, con una angoscia paradossalmente maggiore, dovuta alla distanza dal conflitto e quindi dalla sofferenza della sua famiglia e della sua gente.

“Noi crediamo che l’unica soluzione per sviluppare le nostre città e la pace stessa sia l’educazione dei giovani” ma, ci spiega in un italiano fluente, come sia dura ora parlare di pace a chi ha perso i propri cari in questo crudele scontro.

Mia madre scappava con il telefono in mano

 “Mia madre mi ha raccontato mentre scappava con il telefono in mano di come tutto ciò le ricordava la fuga del ’48, con la differenza che ora sente come invece di cacciarci vogliono ucciderci tutti”. Questa percezione è la stessa nei bambini e questo secondo Yusef distrugge tutto il loro lungo lavoro, “ma noi rinizieremo, un’altra volta, sarà dura ma lo faremo”. Lavorano gli educatori del Rec, anche mentre li bombardano pensano a cosa diranno domani ai loro bambini. Bambini che hanno lasciato frammenti di infanzia tra le macerie grigie di casa, “che ora pensano che il nemico non è solo l’israeliano, ma l’ “altro” in generale, perchè tutto il mondo è restato a guardare”esclama l’educatore.

Questo è il dolore di Yusef, che ritiene che con questa guerra assurda Israele stia creando la “fabbrica dei pazzi”, perchè questo fa la guerra se non uccide, fa impazzire di dolore.

(I primi due articoli sono di Infopal.it.  La fonte di quest’ultimo è http://www.ilsalvagente.it/Sezione.jsp?titolo=Sono%20322%20i%20bambini%20morti%20a%20Gaza:%20”Ragazzi%20terrorizzati,%20sappiatelo:%20questa%20guerra%20produce%20pazzi”&idSezione=1889)

 

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