Le logiche osservazioni di Xi: “Un mondo multipolare offre sfide e opportunità al Medio Oriente e all’Africa”

MEMO. Di Ramzy Baroud. L’ultimo scambio di saluti, ripreso dalle telecamere, tra il presidente cinese in visita Xi Jinping ed il suo ospite e omologo russo, Vladimir Putin, riassume l’attuale conflitto geopolitico, ancora in fase nascente, tra gli Stati Uniti e i suoi alleati occidentali, da un lato, e la Russia, la Cina e i loro alleati, dall’altro.

Xi si apprestava a lasciare il Cremlino dopo una visita durata tre giorni che può essere definita storica. “È in arrivo un cambiamento che non si verificava da 100 anni e noi lo stiamo portando avanti insieme”, ha dichiarato Xi stringendo la mano a Putin.

“Sono d’accordo”, ha risposto Putin stringendo il braccio di Xi. Abbi cura di te, caro amico”, ha aggiunto.

In men che non si dica, i social media sono esplosi condividendo ripetutamente questa scena. Gli analisti dei media occidentali sono andati in fibrillazione, cercando di capire il significato che si nascondeva dietro queste poche parole.

“Fa parte del cambiamento che sta arrivando, il fatto che guideranno insieme?”, Ian Williamson ha sollevato la questione sullo Spectator. Pur non offrendo una risposta diretta alla domanda, ha comunque fatto accenno ad una risposta: “È una prospettiva agghiacciante, alla quale l’Occidente deve farsi trovare preparato”.

La dichiarazione di Xi è stata, ovviamente, pronunciata di proposito. Significa che i forti legami tra Cina e Russia, e la loro possibile futura unità, non sono il risultato di interessi geopolitici immediati derivanti dalla guerra in Ucraina o una risposta alle provocazioni statunitensi a Taiwan. Già prima dell’inizio della guerra in Ucraina, nel febbraio 2022, molte prove indicavano che l’obiettivo di Russia e Cina non era affatto temporaneo o dettato dalle contingenze. Anzi, aveva radici ben più profonde.

Il linguaggio stesso del multi-polarismo ha definito per anni la politica di entrambi i Paesi, un dibattito che si ispirava soprattutto al malcontento dei due Paesi nei confronti del militarismo statunitense, dal Medio Oriente al Sud-Est asiatico; alla frustrazione causata dalle tattiche prepotenti di Washington ogni volta che sorge un disaccordo (che si tratti di commercio o di demarcazioni di confine); al linguaggio punitivo; alle continue minacce; all’espansione militare della NATO e a molto altro ancora.

Un mese prima dell’inizio della guerra ho sostenuto, assieme alla mia co-scrittrice Romana Rubeo, che sia la Russia che la Cina potrebbero essere sul punto di raggiungere una qualche sorta di unità. Questa conclusione si basava su una semplice analisi del linguaggio ufficiale delle due capitali e sull’effettivo approfondimento delle relazioni.

All’epoca scrivemmo,

“Si sta già formando una sorta di alleanza tra Cina e Russia. Il fatto che il popolo cinese ne prenda atto e sostenga la spinta del suo governo verso una maggiore integrazione – politica, economica e geostrategica – tra Pechino e Mosca, indica che l’alleanza informale e potenzialmente formale è una strategia a lungo termine per entrambe le nazioni”.

Anche allora, come altri analisti, non ci aspettavamo che una tale possibilità potesse realizzarsi in tempi così rapidi. La guerra in Ucraina, di per sé, non era affatto indicativa di un avvicinamento tra Mosca e Pechino. È stata invece la risposta di Washington, minacciando e umiliando la Cina, a fare la maggior parte del lavoro. La visita dell’allora presidente della Camera degli Stati Uniti, Nancy Pelosi, a Taiwan nell’agosto del 2022 è stata un disastro diplomatico. A Pechino non è rimasta altra alternativa che inasprire e rafforzare i legami con la Russia, nella speranza che quest’ultima rafforzasse la sua presenza navale nel Mar del Giappone. Ed in effetti così è stato.

Tuttavia, il riferimento ai “100 anni” di Xi racconta una storia geopolitica molto più importante di quanto ci si potesse aspettare. Mentre Washington continua a perseguire politiche aggressive – con il presidente americano Joe Biden che dà la priorità alla Russia e i suoi avversari repubblicani che danno la priorità alla Cina come principali nemici degli Stati Uniti – i due giganti asiatici sono ora costretti a fondersi in un unico corpo politico, con un discorso politico comune.

“Abbiamo firmato una dichiarazione sull’approfondimento del partenariato strategico e dei legami bilaterali che stanno entrando in una nuova era”, ha affermato Xi nella sua dichiarazione finale.

Questa “amicizia senza limiti” è possibile oggi più che mai, poiché nessuno dei due Paesi è costretto da confini ideologici o dalla concorrenza. Inoltre, entrambi sono intenzionati a porre fine all’egemonia globale degli Stati Uniti, non solo nella regione dell’Asia e del Pacifico, ma anche in Africa, in Medio Oriente e, infine, a livello mondiale.

Durante il primo giorno della visita di Xi a Mosca, il Presidente russo Putin ha emesso un decreto col quale ha cancellato i debiti dei Paesi africani per un valore di oltre 20 miliardi di dollari. Inoltre, ha promesso che la Russia è “pronta a fornire gratuitamente l’intera quantità inviata negli ultimi tempi ai Paesi africani che ne abbiano particolarmente bisogno”, nel caso in cui Mosca decida “di non estendere l’accordo (sul grano) entro sessanta giorni”.

Per entrambi i Paesi, l’Africa è un alleato importante nell’imminente conflitto globale. Anche il Medio Oriente è fondamentale. L’ultimo accordo, che ha normalizzato i legami tra Iran e Arabia Saudita, è sconvolgente non solo perché pone fine a sette anni di ostilità e conflitti, ma anche perché l’arbitro è stato la Cina stessa. Pechino è ora un mediatore di pace proprio in quel Medio Oriente che per decenni è stato dominato dalla fallimentare diplomazia statunitense.

Cosa significhi ciò per i Palestinesi è ancora da vedere, poiché troppe variabili sono ancora in gioco. Tuttavia, affinché questi cambiamenti globali possano servire in qualche modo gli interessi palestinesi, l’attuale leadership, o una nuova leadership, dovrebbe lentamente abbandonare la sua dipendenza dagli aiuti e dalle legittimazioni occidentali e, con il sostegno degli alleati arabi e africani, adottare una strategia politica diversa.

Il governo statunitense, tuttavia, continua ad interpretare la situazione interamente nel contesto della guerra tra Russia e Ucraina. Il Segretario di Stato americano Antony Blinken ha risposto al viaggio di Xi a Mosca affermando che “il mondo non dovrebbe essere ingannato dalle mosse tattiche della Russia, sostenuta dalla Cina o da qualsiasi altro Paese, per congelare la guerra (in Ucraina) alle sue condizioni”. È piuttosto strano, ma anche significativo, che il netto rifiuto del possibile invito al cessate il fuoco sia stato fatto da Washington e non da Kiev.

La visita di Xi, tuttavia, è davvero storica dal punto di vista geopolitico. È paragonabile, per portata e possibili conseguenze, alla visita fatta a Pechino dell’ex presidente degli Stati Uniti Richard Nixon che contribuì al deterioramento dei legami tra l’Unione Sovietica e la Cina del presidente Mao Zedong.

Il miglioramento delle relazioni tra Cina e Stati Uniti aveva aiutato Washington ad estendere ulteriormente il suo dominio globale, mettendo l’URSS sulla difensiva. Il resto è storia, ricca di rivalità geo-strategiche e divisioni in Asia, e quindi, in ultima analisi, l’ascesa degli Stati Uniti in quella regione come potenza incontrastata.

La visita di Nixon a Pechino fu descritta dall’allora ambasciatore Nicholas Platt come “la settimana che cambiò il mondo”. Analizzando questa affermazione da una visione americano-centrica del mondo, Platt aveva effettivamente ragione nella sua valutazione. Il mondo, tuttavia, sembra stia cambiando di nuovo. Anche se ci sono voluti 51 anni per questo capovolgimento, le conseguenze saranno probabilmente a dir poco sconvolgenti.

Le regioni che sono state a lungo dominate dagli Stati Uniti e dai loro alleati occidentali, come il Medio Oriente e l’Africa, stanno elaborando tutti questi cambiamenti valutandone le potenziali opportunità. Se questo spostamento geopolitico continuerà, il mondo si troverà ancora una volta diviso in schieramenti. Sebbene sia troppo presto per determinare con certezza i vincitori e i vinti di questa nuova configurazione, è certo che un mondo dominato dagli Stati Uniti e dall’Occidente non sarà più possibile.

(Foto di Amiri Diwan of the State of Qatar/Anadolu Agency via Getty Images).

Traduzione per InfoPal di Aisha T. Bravi