L’economia dell’occupazione in Cisgiordania

di 'Abdel Sattar Qassam*, Memo.

Sin dal 1967, i Territori palestinesi occupati hanno attraversato diversi momenti di crisi economica che si potrebbero riassumere come segue:

Fino all'istituzione dell'Autorità nazionale palestinese (Anp), le autorità israeliane adottano due principi: 

– La popolazione ancora non perirà la fame, d'altra parte, una circostanza di quel tipo avrebbe messo a repentaglio la sicurezza dell'occupazione, ma contemporaneamente, non verranno forniti privilegi tali da far produrre nella popolazione una qualche dignità. Il loro benessere economico ha fluttuato oscillando tra due direzioni: il livello di povertà, senza mai scendere al di sotto, e una sorta di soglia del benessere, ovvero disponendo alimenti a sufficienza, senza tuttavia, oltrepassare mai questo livello;

– I mezzi di produzione palestinesi vengono distrutti, si crea dipendenza dagli aiuti esterni e manovalanza all'interno di Israele. Il controllo dei mezzi di produzione coincide con il controllo sulla libertà di scelta. Al fine di disarmarli della propria volontà politica, gli israeliani tengono la popolazione intrappolata in un ciclo di dipendenza da Israele, dai fondi dell'Organizzazione di liberazione della Palestina (Olp) e dalle donazioni provenienti dai Paesi arabi. 

Insieme ad una strategia economia globale, nel 1994 nasce l'Anp. I principi di detta strategia sono:

– Vincolare le capacità dei palestinesi di rispondere ai bisogni delle proprie famiglie ai finanziamenti dei Paesi donatori. L'accordo economico seguente a quello di Parigi aiuta ad erodere la loro volontà politica e porta la rassicurazione che non saranno respinti gli accordi di Oslo né quelli successivi. La maggior parte degli aiuti donati provengono dai Paesi arabi, ma lo schema globale rappresentato dagli Stati Uniti e dal suo strumento quale la Banca Mondiale (Bm), i quali intanto, non ripongono fiducia nei regimi arabi, aldilà di quale sia il livello di malleabilità di questi ultimi. L'America e i suoi alleati hanno voluto controllare le risorse di finanziamento destinate alla Cisgiordania e alla Striscia di Gaza;

– Danneggiare la produzione palestinese, o meglio, cioè che rimane della produzione palestinese, con i seguenti metodi:
Aprire la Cisgiordania e la Striscia di Gaza alle importazioni di beni economici provenienti dall'estero, soprattutto dalla Cina, e ridurre la domanda di prodotti locali, di miglior qualità e quindi, più costosi. Entrambe le aree palestinesi sono sommerse dai prodotti cinesi mentre quelli locali vengono messi da parte;

– Collegare il sistema finanziario di Cisgiordania e Striscia di Gaza al mercato finanziario globale, connettendo le banche qui presenti con il sistema finanziario israeliano fino a raggiungere il mercato globale. Cisgiordania e Striscia di Gaza non sono Stati e non possiedono un'economia globale tale da renderla competitiva. Sono terre sotto occupazione, e la loro condizione non reggerebbe ad un'apertura finanziaria – nel modo più assoluto. Tuttavia, i maestri americani e israeliani hanno voluto vincolare la popolazione in questo modo.

Parallelamente alla strategia attuata verso la produzione palestinese, è stato necessario aumentare il numero degli impiegati legati ai flussi provenienti dai Paesi donatori.

Agricoltori, fabbri, falegnami, artigiani, calzolai, tessitori e sarti ecc., tutti hanno subito una ripercussione finanziaria con il risultato che decine di migliaia sono stati costretti dalla necessità a ripiegare su un lavoro governativo, non produttivo.

Oltre 250 mila sono stati denudati delle proprie capacità produttive, mentre 150 mila sono passati ad uno status salariale. La popolazione insomma, ha smesso di essere produttiva e ha cominciato a vivere nell'attesa dei flussi assistenziali che affluivano in Palestina attraverso vari canali, tra cui quelli delle Organizzazioni non governative (Ong). Tutti questi lavoratori insomma, aspettano i propri salari alla fine di ogni mese. Di fatti, un larga fetta di popolazione è stata trasformata in prigionieri economici e mendicanti.

I servizi sono stati sviluppati senza alcuna considerazione per uno sviluppo economico reale basato sulla produzione. Coloro che visitano la Cisgiordania incontrano uno sviluppo in termini di strade, reti di comunicazione, elettricità e servizi bancari e forse restano anche sorpresi di un processo di simile portata vigente in una realtà di occupazione. Questo ha prodotto un incremento dei costi mensili per le famiglie senza alcun criterio su una produzione reale, ovvero senza alcun'ammissione dell'insostenibilità dei costi per l'acquisto di servizi. In economia, questo è pericoloso perché aumenta i debiti a livello individuale, è faticoso riuscire a ripagargli.

Tutto questo è stato funzionale agli interessi israeliani con l'obiettivo di trasformare la popolazione in una realtà impegnata a consumare senza curarsi degli interessi nazionali: le preoccupazioni di un debito bancario o il pagamento di una bolletta ricevono priorità rispetto alla lotta per la liberazione dall'occupazione. Inoltre, senz'altro, “dati” menzogneri che pretendono di dimostrare una crescita economica in Cisgiordania sono forniti dalla Banca Mondiale: è forse un caso che il premier dell'Anp, Salam Fayyad sia pure un ex membro dello stesso organismo internazionale?

Un altra fase di detto processo è stata la separazione di Gaza dalla Cisgiordania. E' avvenuto questo:

1. L'assedio su Gaza ha avuto inizio perché la democratica scelta della popolazione non ha coinciso con la volontà di Stati Uniti e Israele. La scelta di rilievo allora, sarebbe stata imporre un assedio sulla gente della Striscia di Gaza per fare in modo che Hamas abbandonasse il proprio mandato. Da vecchia data Israele ha utilizzato mezzi dolorosi per raggiungere i proprio obiettivi politici e il blocco su Gaza è una di questa politica.

2. L'oppressione dell'occupazione israeliana e la colonizzazione di Cisgiordania, infatti, sono delle guerre per spostare l'attenzione dalle questioni principali verso altre; come procurarsi denaro e alimenti. La creazione di un 'economia basata sul consumo ha aiutato a legare il cappio al collo della volontà politica della popolazione in cambio del “privilegio” di vivere sotto l'occupazione israeliana. La demoralizzazione della gente è un'intenzione tutta politica così come anche la decisione di denudarli della propria umanità; diventano consumatori e nient'altro, con poca dignità o autosufficienza. Questa politica sta avendo successo, ma, con tutta probabilità, resterà in piedi fino a quando durerà la volontà di Israele e Stati Uniti.

3. Sovraccaricando la gente di alti costi come quelli di governo e di altre tasse, è un modo per per eroderne gradualmente l'autonomia. Israele e Stati Uniti non hanno interesse a mantenere l'attuale livello di finanziamento e nemmeno l'Europa. Questi intendono utilizzare il denaro per distruggere lo spirito nazionale dei palestinesi al punto tale che non saranno in grado di tornare a lottare contro l'occupazione.

Per i palestinesi è necessario iniziare ad autofinanziarsi pur senza disporre dei mezzi di una produzione reale agricola o industriali.

Al fine di raccogliere dalla propria popolazione quante più risorse economiche-finanziarie possibili per le proprie transazioni governative, l'Anp dovrebbe imporre tasse aumentando questi costi laddove riuscirà, magari anche attraverso l'imposizione di nuove tasse e imposte. I dipartimenti fiscali e quelli delle rendite oggi sono attivi in Cisgiordania, influendo su pensioni, dividendi e sull'attività economica pro-capite degli impiegati non governativi e di altre categorie. A spese dell'Anp, i suoi ufficiali dovrebbero aumentare gradualmente i propri contributi; tutto questo potrà avvenire solo a spese della popolazione, attualmente, l'unica ad essere già colpita dalla sproporzione tra entrate e alti costi.

Negli anni '90, fu suggerito di aprire una casa chiusa a Gerico che avrebbe dovuto generare larghi introiti per le casse dell'Anp mentre altre strutture di supporto ad essa – facendo affluire nel Paese prostitute dall'Europa dell'Est – avrebbero svolto la medesima funzione. Il progetto iniziò con un casinò che presto però andò in bancarotta. Sebbene la città oggi sia diventata un centro vitale per la Central Intelligence Agency (Cia), la possibilità che possa assurgere a polo turistico a sostegno all'economia cisgiordana, potrebbe essere presa in considerazione.

Se i palestinesi intendono liberarsi dal cappio economico di Israele e dell'Occidente agevolando le questioni economiche-finanziarie a proprio beneficio, allora dovrebbero agire in questo modo:

– Considerarsi liberi dall'accordo economico di Parigi e dal giogo di Banca Mondiale e di United Stated Agency for International Development (Usaid);

– Ricercare fonti alternative di finanziamento;

– Concentrarsi sulla produzione, soprattutto su quella agricola;

– Per liberarsi dal vincolo di quelle banche collegate ai sistemi finanziari israeliano e internazionale, dovrebbero riemettere in circolo il sistema di trasferimento monetario tradizionale;

– Convertire gli impiegati dei servizi di sicurezza (ad esclusione dei poliziotti) all'operatività delle infrastrutture. I servizi di sicurezza assorbono circa il 45% del budget dell'Anp e la loro azione va, quasi esclusivamente a beneficio di Israele e a discredito del popolo palestinese. Il 5% è destinato invece alla polizia che, in teoria, dovrebbe essere la forza deputata a garantire legge e ordine;

– Bloccare alcune importazioni per incoraggiare la produzione palestinese di agricoltura, artigianato;

– Insistere perché i Paesi arabi finanziano direttamente al popolo palestinese e non attraverso una terzo paese donatore;

– Accettare un abbassamento delle spese di consumo rispetto a quelle attuali;

– Sviluppare un'economia commisurata ai doveri della liberazione piuttosto che commisurata ad occupazione e demoralizzazione.

 

*'Abdel Sattar Qassem: nato nel 1948 a Deir al-Ghussun, villaggio nel distretto di Tulkarem, ha studiato Scienze Politiche all'Università Americana de Il Cairo per conseguire il dottorato negli Stati Uniti (Università del Missouri). La sua carriera universitaria iniziò in Giordania ma nel 1979 fu licenziato per 'ragioni di sicurezza'. Dal 1980 ad oggi, insegna Scienze politiche all'Università 'an-Najah' di Nablus (Cisgiordania) dove è pure capo del consiglio accademico. Nel 1981 e nel 1988 ha vissuto l'esperienza della prigione israeliana per aver scritto e pubblicato alcuni libri – prontamente messi al bando.
È stato attivista politico durante la prima Intifadha pagando con 32 settimane di carcere dell'Autorità Nazionale Palestinese (Anp) per dissidenza.
A più riprese, Israele lo ha condannato agli arresti domiciliari imponendogli il divieto di lasciare il paese per 20 anni.
Ha subìto vari attentati che lo stesso Qassem imputa alle forze di sicurezza dell'Anp e, nel 1999 viene riarrestato per aver firmato una nota petizione di politici e accademici palestinesi contro la corruzione dell'Anp.
È stato insignito di numerosi riconoscimenti regionali ed internazionali per la ricerca e per la difesa dei diritti umani e, soprattutto – nella storia palestinese è il primo attivista ad aver dichiarato pubblicamente di voler sfidare il presidente 'Arafat alle elezioni presidenziali (maggio 2002).

http://www.middleeastmonitor.org.uk/articles/arab-media/1969-the-economics-of-occupation-in-the-west-bank

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