Nuove case, Israele batte Palestina 18.472 a 91

Nuove case, Israele batte Palestina 18.472 a 91

Da www.ilmanifesto.it del 22/02/08

di Michele Giorgio

Clamoroso risultato di uno studio israeliano sulle autorizzazioni
edilizie rilasciate in Cisgiordania: respinto il 94% dei permessi
chiesti dai palestinesi. Demolite 1.663 case arabe e 199 israeliane

«Occupazione benevola», così per un buon numero di anni le autorità
israeliane hanno descritto l’occupazione dei territori palestinesi. E
«benevola» senza dubbio lo è stata, ma solo nei confronti dei coloni
israeliani che hanno potuto espandersi a piacimento sulle terre
strappate con la forza ai palestinesi. L’ultimo rapporto di Peace Now,
diffuso ieri, rivela che nel periodo 2000-2007 le autorità di
occupazione hanno respinto il 94% dei permessi di costruzione
richiesti dai palestinesi nella cosiddetta «area C», ovvero il 60%
della Cisgiordania sotto il pieno controllo amministrativo di Israele,
dove vivono circa 70 mila palestinesi (l’Anp ha piena giurisdizione
solo sull’«area A», meno del 20% del territorio). Non solo, ma
l’«Amministrazione civile» israeliana ha proceduto, con particolare
efficienza, a demolire il 33% delle costruzioni illegali palestinesi
mentre si è mostrata «comprensiva» verso l’abusivismo dei coloni. Sono
stati emanati in totale 4.993 ordini di demolizione contro i
palestinesi a fronte dei 2.900 per le costruzioni israeliane e sono
stati abbattuti 1.663 edifici arabi e 199 case israeliane. Vale la
pena di ricordare che per la legge internazionale le colonie ebraiche
sorte in Cisgiordania dopo il 1967 sono illegali e rappresentano una
violazione dei diritti palestinesi.
Peace Now ha calcolato che negli anni presi in considerazione per ogni
permesso di costruzione concesso ai palestinesi sono stati emessi in
media 55 ordini di demolizione e 18 edifici sono stati successivamente
abbattuti. In sette anni ai palestinesi sono state concesse
complessivamente 91 autorizzazioni edilizie mentre negli insediamenti
colonici israeliani sono state costruite oltre 18.472 case.
«In queste condizioni i palestinesi non hanno alternativa che
costruire senza permesso» ha scritto il movimento pacifista «e il 33
per cento di quelle abitazioni, vengono in seguito demolite». Dati
che, sottolinea Peace Now, «confermano la discriminazione compiuta
dalle autorità israeliane nei confronti dei civili palestinesi: il
principio è che in Cisgiordania possono costruire solo i coloni». A
riprova delle accuse di Peace Now c’è anche l’atteggiamento del
governo israeliano verso gli oltre 100 avamposti eretti autonomamente
dai coloni e che sono illegali anche per la legge dello stato ebraico.
Ogni tanto il premier Olmert e il ministro della difesa Barak ne
annunciano l’evacuazione, ma sul terreno non accade nulla.
E a rendere ancora più evidenti le politiche dell’occupazione, le
autorità israeliane ieri hanno prorogato di altri sei mesi la chiusura
di alcune istituzioni palestinesi a Gerusalemme est – tra cui la
Camera di Commercio e l’Orient House – la cui riapertura invece era
stata data per certa all’indomani dell’incontro di Annapolis.
Gli uffici palestinesi più rappresentantivi vennero chiusi tra il 2001
e il 2002, nella fase più acuta della seconda Intifada. Israele
annunciò che il provvedimento sarebbe stato rivisto ogni sei mesi e,
di proroga in proroga, si è giunti fino ad Annapolis, dove Olmert ha
promesso la revoca della chiusura. Invece il governo israeliano ha
riconfermato la sua linea di annullamento delle istituzioni
palestinesi a Gerusalemme Est. Il ministro della difesa israeliano
invece concederà a 4.495 palestinesi e stranieri di poter vivere
finalmente con i loro familiari in Cisgiordania dai quali, in qualche
caso, sono rimasti separati per anni. Altre 50mila persone attendono
che Israele conceda loro il permesso per entrare o rimanere in
Cisgiordania.

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