Palestina, quale futuro?

Da: www.voceditalia.it
 
 
Palestina, quale futuro?

 

A colloquio con la Voce d’Italia Angela Lano, islamologa
Qual è la situazione palestinese, quale futuro per questo popolo? Lo chiediamo ad Angela Lano: giornalista torinese, laureata in lingua e letteratura araba, direttrice dell´agenzia www.infopal.it e autrice di diversi libri sulla questione islamica e la condizione delle donne musulmane.

Quali sono le condizioni del popolo palestinese, privo dei sufficienti aiuti internazionali?

Stando ai rapporti delle agenzie umanitarie, oltre che dei vari ministeri come quello della sanità e il ministero dell´educazione palestinese, emerge una situazione devastante. Il tasso di disoccupazione è ai massimi storici. Di conseguenza anche la povertà è ad altrettanti livelli: le famiglie non hanno i soldi per procurarsi da mangiare, né sono in grado di procurarsi libri e quaderni per i figli o medicinali per curarsi. Le conseguenze di questa povertà latente si risentono anche da un punto di vista sociale ed ecologico. C´è un centro per la salute mentale di Gaza molto famoso ed efficiente, il GCMHP (Gaza Community Mental Health Programm), che racconta appunto che questa situazione di violenza e povertà, di mancanza di tutto, rischia di creare nelle generazioni presenti e future dei disagi psichici molto forti. Ad esempio tra i bambini ci sono dei disturbi che vengono figurati come "patologie da sindrome da stress post-traumatico" che comportano inappetenza, disturbi del sonno, aggressività e tendenza al suicidio.

Affrontiamo la questione politica. Metà dell´esecutivo Hamas si trova nelle carceri israeliane, inoltre deve fare i conti con il boicottaggio internazionale, che a sua volta ha innescato una situazione sociale esplosiva. Quale futuro vede per questo esecutivo

Il futuro di Hamas è abbastanza drammatico. Sono in corso tentativi internazionali, americani e israeliani, di dar vita a un golpe contro il governo Hamas. Del resto, anche una parte di Fatah sembra si stia muovendo in tal senso, e attraverso minacce continue, da parte del presidente dell´Anp (Autonomia Nazionale Palestinese), di licenziare il governo. L´obiettivo è quello di dar seguito alle richieste israeliane. Basta pensare che fino a qualche settimana fa, prima dell´incontro tra Abbas e Bush a Washington in occasione dell´Assemblea annuale dell´Onu, si erano svolti incontri per la formazione di un governo di unità nazionale. Sembrava che Hamas e Fatah fossero vicini ad un accordo. Tornato dagli Usa, Abbas ha cambiato atteggiamento, e questo fa pensare che abbia subito pressioni da parte di Washington. Di conseguenza, ora non vuole più incontrare il premier Haniyah.

Intanto qualche giorno addietro un´agenzia ha annunciato un protocollo d´intesa con l´intermediazione egiziana, fra Hamas e Fatah, per superare i profondi contrasti. Non sarebbe la prima volta, potrebbe essere l´accordo decisivo o una replica di qualcosa già visto??

In queste settimane, per non parlare di esperienze passate, ci sono giunte più volte notizie in cui si parlava di un imminente accordo tra le fazioni. Ma l´obiettivo sperato non è mai stato raggiunto. Ben venga che, questa volta, attraverso l´Egitto siano riusciti e trovare una qualche intesa.

Ma in passato abbiamo visto più volte una intermediazione egiziana, ottenendo comunque un nulla di fatto. Sicuramente per Hamas e Fatah serve qualcosa che vada al di là dell´intermediazione egiziana e di quella internazionale. E´ anche un discorso politico interno. Non crede?

All´interno di Fatah ci sono divisioni: abbiamo letto le dichiarazioni di Qaddoumi, leader politico di Fatah in esilio a Tunisi, contrarie al licenziamento del governo Hamas. All´interno del movimento non manca certo un dibattito forte. Esistono correnti diverse, dirette da personaggi di spicco, come Abbas e Qaddoumi, che sono su posizioni differenti. Sicuramente quella di Qaddoumi rispecchia maggiormente la volontà del popolo palestinese, che in maggioranza è contraria allo scioglimento dell´attuale esecutivo. Non dobbiamo dimenticare che in Palestina, nel mondo politico e sociale, anche coloro che non sono legati a movimenti islamici o a partiti politici, sono dell´idea che questo governo non vada licenziato. O meglio, sostengono l´ipotesi di un governo di unità nazionale, quindi la linea di Abbas non rispecchia i reali desideri dal popolo palestinese Invece, una parte di Fatah è legata, per convinzioni personali o di realpolitik, ad una linea più israelo-americana.

Hamas e Fatah si contendono il predominio politico e sociale dei territori palestinesi. Qual è la reazione del popolo palestinese rispetto a questo scontro?

Ci sono delle aree che sono più legate a Fatah, ed altre più legate ad Hamas, come la Striscia di Gaza. Ma al di là delle divisioni territoriali e della realtà sociali, come le forze di polizia dipendenti dalla Presidenza o gruppi di settore pubblico esplicitamente fedeli a Fatah, il resto della popolazione ha votato per Hamas esprimendo una serie di istanze: cambiamento, moralizzazione, liberazione nazionale. E´ stato anche un voto di protesta, che ha segnalato la delusione per anni di corruzione. La gente chiede che le fazioni riescano a raggiungere un accordo e che si ponga fine a questa violenza fratricida. Fra i tanti palestinesi che hanno votato Hamas ci sono anche cristiani. Ci sono religioni cristiani che hanno espresso giudizi positivi sull´operato e la moralità politica di Hamas. Questo vorrà ben dire qualcosa, no? Tuttavia, il cambiamento tanto atteso dalla popolazione è stato boicottato sia dal feroce embargo internazionale che sta affamando e immiserendo strati sempre più ampi di palestinesi, sia dall´arresto da parte di Israele di metà esecutivo Hamas e di molti membri del Parlamento. Questo li ha privati della maggioranza utile a governare. Il blocco esterno ha svuotato le casse palestinesi, dunque, come può Hamas portare avanti un programma politico? Mi sembra altamente scorretto, immorale direi, l´atteggiamento di alcuni esponenti di Fatah, come Dahlan e altri, che hanno rinfacciato al governo il mancato raggiungimento di questi obiettivi. E´ un esecutivo assediato, e sta facendo ciò che può. Per poterlo giudicare onestamente bisognerebbe dargli le condizioni di governare: porre termine al boicottaggio internazionale, restituire gli ingenti capitali dei dazi palestinesi illegalmente sottratti da Israele, liberazione dei politici e amministratori ingiustamente reclusi, possibilità di esercitare commerci e attività economiche, ecc. Tutte condizioni "normali" per il corretto espletamento delle funzioni di un esecutivo.

Durante le trattative di pace in Libano, il ministro degli esteri italiano, Massimo D´Alema, ha avanzato la proposta di un contingente internazionale Onu nella Striscia di Gaza. Cosa ne pensa e come giudica l´atteggiamento italiano verso la causa palestinese?

Sicuramente l´approccio di D´Alema alla questione mediorentale è migliore di quella del precedente governo, che invece aveva sposato la causa israeliana in modo unilaterale, abbandonando totalmente una storica politica filo-araba, sostenuta da Andreotti e Craxi. La dichiarazione di D´Alema può essere presa in senso positivo. Sicuramente una forza di contrapposizione a Gaza potrebbe essere utile. A Hebron c´è già un contingente italiano, ma non mi risulta che impedisca agli israeliani di esercitare violenze contro i palestinesi, di sottrarre loro le case o di trasformarle in postazioni militari o di occupare la Moschea di Ibrahim. Non mi pare utilissima come forza di contrapposizione. Come purtroppo non mi sembra positiva la forza internazionale in Libano. Di fatto Israele continua a violare lo spazio aereo libanese – ha persino attaccato una nave militare tedesca. Israele agisce sempre nell´impunità generale. La risoluzione Onu è ambigua e parla soprattutto di "disarmare Hezbollah", e alla fine questa sarà la missione Unifil, con tutti i gravi rischi che ne seguiranno. Ci ritroveremo come in Afghanistan, dove l´Onu ha lasciato il posto alla Nato, e si spara contro i civili. Una forza di interposizione, come dice chiaramente il termine stesso, si deve interporre tra i due litiganti. Se invece si impone la linea solo su uno dei contendenti, il suo ruolo perde di credibilità. Il nostro governo di centro-sinistra che ha accreditato questa pericolosa missione in Libano e ha rifinanziato le altre dovrebbe riflettere sulle drammatiche conseguenze a cui si andrà incontro. Israele e gli Usa non scherzano, sono pronti a tutto per raggiungere i loro obiettivi: totale occupazione e controllo di tutto il Vicino e Medio Oriente (importanti strategicamente ed economicamente).

Quali sono le condizioni delle donne palestinesi da un punto di vista sociale?

Purtroppo il mondo femminile, come quello infantile, subisce direttamente una situazione di precarietà, di miseria e di violenza inflitta al popolo palestinese. La società che è oppressa dall´esterno, a sua volta opprime al suo interno. Nei miei ultimi viaggi in Palestina ho notato un netto peggioramento della condizione della donna e dei bambini. Gli uomini sono frustrati perché disoccupati o per le angherie e umiliazioni a cui sono sottoposti tutti i giorni, e a casa si sfogano. Sono in aumento preoccupante anche i "delitti d´onore". Bisogna anche dire, però, che l´universo femminile è molto attivo, vivace: ci sono tanti movimenti che mostrano un dinamismo interessante. Spesso, comunque, le condizioni cambiano a seconda che si tratti di realtà cittadine, periferiche o rurali. Le differenze sociali e culturali sono molto forti. Le comunità nelle campagne sono spesso molto più tradizionaliste e chiuse.

Qual è invece la condizione della donna palestinese che vive in Italia? Come vengono trattate dalla società?

La loro presenza è sicuramente minoritaria rispetto ad altre realtà etniche, come quella magrebina. Si tratta di una élite, solitamente sono donne diplomate o laureate e ben integrate. Ci sono quelle che lavorano, e magari portano il velo, e che vengono discriminate allo stesso modo delle donne musulmane. L´italiano medio non è capace di distinguere la storia che c´è dietro a ogni gruppo nazionale: un arabo per molti significa Arabo Saudita o Marocchino. Non sanno dove collocarlo geograficamente e culturalmente. Nelle scuole superiori i ragazzi spesso non sanno quali sono gli stati di appartenenza di questo o quel popolo. Non parliamo di quanti si fanno annientare il cervello dai programmi trash in tv e che fanno di tutta l´erba un fascio. Cosa vuole che gliene importi della donna palestinese o di quella marocchina. Quanto alla causa palestinese, molto sostenuta, in passato, dalla sinistra e da certa destra, ora non è quasi più di moda. Ora c´è la "sinistra per Israele" o l´equivicinanza dalemiana. Il problema è anche il tentativo di far sparire la questione palestinese dalla pubblica informazione: la maggior parte dei quotidiani italiani, ma anche delle tv, sono finanziati o controllati da lobby politico-economiche che sono pro-sioniste e pro-governo israeliano e che considerano i palestinesi né più né meno che dei "terroristi". Che informazione vuole che passi? Fino agli anni ´90, l´italiano, anche quello medio, aveva ben presente chi erano i palestinesi. Adesso i media descrivono, e contribuiscono a creare, la figura del palestinese semplicemente come un terrorista. Abbracciano per intero solo il punto di vista israeliano. Anche la storia della Questione palestinese è ormai entrata nell´oblio e ha lasciato il posto alla versione israeliana: tanto che anche il nostro attuale governo ha festeggiato con l´Ambasciata israeliana a Roma l´anniversario della "liberazione" israeliana. Liberazione da chi?

A cura di Stefano Totaro

Data: 27/10/2006 16.08.57

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