Recovery Fund e complesso militare-industriale: affari di guerra in Medioriente tra Italia e Israele

Di L.P. Partiamo da lontano. Recovery bond, Recovery Fond, MES, Eurobond e altro sono tutti meccanismi finanziari usati per stringere più forte il cappio del debito pubblico agli stati dell’UE. Tutti sono artifici che funzionano secondo il principio della “privatizzazione dei profitti e socializzazione delle perdite”, mantra per altro comune all’attuale sistema economico industriale ad assistenza statale (vedasi casi Fiat, Alitalia, Posteitaliane ed altro). Tutti hanno lo stesso principio di fondo, ma in questo caso ci troviamo i Recovery Bond per emergere dalla “crisi”, nella quale siamo ormai dal 2007 o forse dal 2001 e dalla quale palesemente non usciremo perché è una crisi economica che serve ad alimentare la macchina dell’attuale sistema economico (per citare Eric Hobsbawm) all’interno di una crisi congiunturale politica di sistema. Detto ciò, perché è così che è previsto, l’Italia per sopravvivere deve sempre chiedere soldi, non emettendoli, e così si è piegata alla proposta dell’Europa: in questo caso i Recovery Fund. L’Ue darà all’Italia 209 miliardi nei prossimi 6 anni, di cui 127 miliardi dovrà restituirli con interesse (plus-aumento del debito pubblico, incrementato dalla somma di questi più gli interessi su di essi) e solo 82 miliardi sono sovvenzioni coperte con contributo straordinario UE, dati da un fondo in cui l’Italia versa circa 60 miliardi. Quindi soldi nostri che ci vengono restituiti. Se la matematica non è un’opinione solo l’1% del nostro PIL a partire dal 2021. Quindi solo briciole. Tutto questo in cambio di riforme neoliberiste di spending review, di digitalizzazione come da istruzioni del Piano Colao, come da ricette di Villa Pamphili, come da ricette di governo, come da ricetta richiesta dall’UE.
Nonostante si esulti per il Recovery Fund o “Fondo per la ripresa”, sappiamo benissimo che quei finanziamenti non serviranno assolutamente per potenziare il welfare state (sanità, istruzione e quant’altro) ma a privatizzarlo o a renderlo tale attraverso nuove modalità pensate da Bruxelles. Il Recovery Fund non servirà nemmeno per gli aiuti per risollevarci dalla situazione socio-economica, ma una gran parte verrà destinata ai più avanzati settori dell’industria bellica. Non a caso i ministeri della Difesa e dello Sviluppo Economico hanno presentato un elenco di progetti di carattere militare di circa 30 miliardi di euro, che andranno rimborsati con gli interessi. Esattamente in linea con i dettami del tecno-capitalismo avanzato, su ispirazione del Piano Colao, i progetti del ministero della Difesa prevedono di spendere 5 miliardi di euro per applicazioni militari nei settori della cibernetica, delle comunicazioni, dello spazio e dell’intelligenza artificiale, accompagnati dall’uso militare del 5G. Una spesa di 25 miliardi di euro del Recovery Fund è invece destinata a progetti del ministero dello Sviluppo Economico riguardanti tecnologie spaziali-satellitari, tecnologie sottomarine avanzate e caccia Tempest di “sesta generazione”, a quanto pare non contenti degli attuali lavori alla Base militare di Ghedi per l’aerobase di “quinta generazione”. Gli investimenti riguarderanno anche convertiplani militari, droni e unità navali di nuova generazione.
Visto che possiamo permettercelo, per il periodo 2017-2034 sono stati stanziati aggiuntivamente, dai governi italiani, più di 35 miliardi a fini militari, che gravano sul bilancio del ministero dello Sviluppo Economico e del ministero della Difesa. La spesa militare italiana si stabilisce a 26 miliardi annui, per una media di 70 milioni di euro al giorno, che l’Italia si impegnerà ad aumentare a 100 milioni di euro al giorno, per volere degli Stati uniti. Tra le industrie belliche che premono sul governo perché aumenti la fetta militare del Recovery Fund, c’è la Leonardo, di cui il ministero dello Sviluppo Economico possiede il 30%. La stessa Leonardo che partecipa con la statunitense Lockheed Martin, che costruisce F-35 con la partecipazione dell’Aereoporto di Cameri (Novara), tanto voluto il ministro della Difesa Roberta Pinotti e dall’ambasciatore americano John Philips, come polo di manutenzione per tutti gli F35 che voleranno in Europa. La «protagonista globale nell’Aerospazio, Difesa e Sicurezza», con la missione di «proteggere i cittadini» sottrae, nel frattempo, finanziamenti alle più utili spese sociali di cui il nostro Paese ha tanto bisogno. Ma il complesso militare-industriale si estende oltre i confini europei, arrivando ad Israele, con il quale Leonardo ha rapporti molto privilegiati.
È notizia di pochi giorni fa, come riferito dal quotidiano The Jerusalem Post, le autorità di Tel Aviv acquisteranno dalla holding Leonardo-Finmeccanica un “pacchetto formativo” che include 12 elicotteri ad ala rotante AW119Kx “Koala” e due simulatori per la Scuola di Volo dell’Aeronautica israeliana. In cambio le forze armate italiane riceveranno, dal colosso industriale Rafael Advanced Defense Systems, lanciatori e missili “Spike” e simulatori avanzati “per un certo numero di elicotteri dell’esercito, in una partnership tra Leonardo ed Elbit Systems”. Il nuovo accordo di cooperazione industriale-militare tra Italia e Israele è stato stipulato in video conferenza il 22 settembre dal Direttore generale del ministero della Difesa israeliano, generale Amir Eshel, e dal Direttore nazionale degli armamenti, generale Nicolò Falsaperna. L’accordo del 22 settembre 2020 amplia di cinque unità la commessa di elicotteri AW-119Kx “Koala” rispetto a quella che il ministero della Difesa israeliano aveva assegnato, il 14 febbraio 2019, a Leonardo-Finmeccanica. Un accordo che ha visto anche il plauso del ministro della Difesa Benny Gantz: “Il completamento di questo importante accordo di cooperazione è essenziale per la formazione dei piloti di elicotteri e riflette anche la grande importanza delle industrie della Difesa sia per la sicurezza di Israele che per la sua economia”.
Questo permetterà alle forze armate israeliane di completare la sostituzione dei vecchi velivoli da addestramento Sayfan-Bell 206, in servizio con l’Aeronautica Militare dagli anni ‘70. Molti missili aria-superficie controcarro Spike di Rafael sarebbero destinati al nuovo elicottero d’attacco AH-249 dell’Esercito, consentendo l’ingaggio di mezzi dotati di sistemi attivi antimissile impiegabili a “qualunque condizione metereologica, nonché in ambiente contaminato NBC (nucleare, batteriologico e chimico) o in presenza di disturbi elettromagnetici”, spiegano i manager dell’azienda israeliana.
La cooperazione italo-israeliana potrebbe ampliarsi anche grazie all’acquisizione di altri sistemi di guerra terrestri come il sistema Drone Dome prodotto da Rafael per volere dello Stato Maggiore dell’Esercito. Inoltre i Ministeri della Difesa di Italia e Israele hanno siglato anche un Implementing Agreement per lo sviluppo di studi ingegneristici sui blindati VBM 8×8 Freccia ed Eitan: il primo è il nuovo veicolo da combattimento prodotto da Leonardo ed Iveco Defence Vehicles, mentre il secondo è invece un blindato per il trasporto truppe prodotto da Israel Military Industries – IMI e Rafael Advanced Defence Systems che sarà consegnato entro la fine del 2021. L’Eitan è stato progettato a seguito delle operazioni di guerra a Gaza nel 2014.

Fonti:

https://ilmanifesto.it/dal-recovery-fund-30-miliardi-per-il-militare/https://www.analisidifesa.it/2020/09/elicotteri-leonardo-aw119-e-missili-spike-nel-nuovo-accordo-tra-italia-e-israele/