“Serve una tregua, aiutare i rifugiati è sempre più difficile”

Di Emily Pomponi e Alessandro Barbieri. Da Gaza arriva un nuovo appello di Abu Amir, il corrispondente dell’Unione ebraica francese per la pace (UJFP) nella Striscia e coordinatore di diverse Ong che si occupano dei soccorsi e della distribuzione degli aiuti nella città di Nuseirat (la prima località, vicino alla costa, a sud di Wadi Gaza), arrivato nella città della sua famiglia da una settimana, dopo essere rimasto bloccato al Cairo per alcuni giorni per l’impossibilità di attraversare il valico di Rafah. Nella sua lettera all’UJFP spiega:

“Cari Sarah e Pierre, la situazione sta peggiorando dopo lo spostamento di gran parte della popolazione di Khan Yunis e Deir al-Balah nella zona di Nuseirat. C’è una grave carenza di scorte alimentari, di farina e di riso, e la situazione nel giro di una settimana porterà alla carestia, soprattutto nell’area di Nuseirat, che è diventata la più grande zona di accoglienza dei rifugiati. 

“Bombardamenti e distruzioni sono ovunque, nulla è cambiato. Non c’è un’area sicura. Questa sera, l’esercito israeliano ha bombardato un edificio in un complesso residenziale vicino a casa mia che ospita centinaia di rifugiati. Ci sono diversi martiri e feriti. Circa 150 donne e bambini dei residenti del condominio sono fuggiti a casa mia dopo che l’esercito ha chiesto di evacuare il palazzo. Abbiamo ricevuto più di cinque donne ferite nella mia casa dopo che sono state dimesse dall’ospedale, nonostante le loro precarie condizioni di salute.

“Il resto dei residenti della torre residenziale dorme all’aperto, nonostante il clima freddo. La situazione è diventata catastrofica nella mia casa. Donne e bambini sono seduti l’uno sull’altro, e mancano coperture e lenzuola. I bambini e le donne stanno congelando per il freddo. Ho contattato diversi negozi per fornire tende da montare nei terreni adiacenti alla casa e coperte per proteggerli dal freddo, ma il numero delle persone da aiutare è molto ampio”.

La macchina degli aiuti continua a lavorare, nonostante le condizioni estremamente difficili e, in accordo con i direttori delle due scuole Al-Shuhada A e B responsabili dell’accoglienza delle famiglie sfollate, i bambini sono stati riuniti in una delle scuole per ricevere le scarpe calde che Abu Amir era riuscito a comprare il giorno prima. Duecentoventi bambini hanno beneficiato della distribuzione. Le scuole dell’UNWRA infatti, trasformate in rifugi per le famiglie sfollate dal nord della Striscia di Gaza, sono sovraffollate. L’équipe si è abituata a effettuare controlli precisi visto che i prezzi a Gaza sono alle stelle: il valore di ciò che è stato distribuito ammonta a 6.600 shekel, pari a circa 1.650 euro per 220 bambini. I due direttori hanno ringraziato calorosamente il movimento di solidarietà francese e internazionale, insistendo sulla necessità di continuare.

Davanti a ciò Abu Amir, con le 250 madri e i bambini che ora vivono come rifugiati nella sua casa, lancia l’appello:

“Non so cosa stia succedendo in questo mondo, ci sono migliaia di morti da entrambe le parti.

Le madri perdono i loro figli, i bambini perdono i loro padri da entrambe le parti, ci sono prigionieri qua e là e il sangue è ovunque.

Non c’è una logica in tutto questo, e chi ha il controllo di questa faccenda non ha motivo provocare tutta questa sofferenza. Questa guerra deve finire da entrambe le parti ed entrambe le parti devono sapere che l’umanità è superiore a tutto.

Non è forse giunto il momento che i due popoli ascoltino la voce della ragione, e che Israele riconosca il diritto del popolo palestinese alla propria terra? Che i due popoli imparino a vivere insieme o uno accanto all’altro?

Questo è il momento di dire basta, non vogliamo più guerre. Le madri che hanno perso i loro figli e i figli che hanno perso i loro padri da entrambe le parti devono dire basta. I due popoli devono unirsi e le loro voci devono fare altrettanto per fermare la guerra. Vengo da Gaza e accanto alle madri e ai bambini sfollati, duecentocinquanta persone che hanno perso i loro cari e le loro case, diffondiamo questo appello e chiediamo insieme di fermare la guerra”.