Israele agisce costantemente per provocare una guerra regionale: si sta preparando un conflitto ben più grande?

Palestinechronicle.com. Di Robert Inlakesh. Gli Stati Uniti sembrano disposti a fare ben poco per impedire quello che appare chiaramente come un tentativo di trascinarli in un’escalation.

Nonostante le dichiarazioni dei politici a Washington, che affermano di non volere che l’attuale guerra a Gaza si trasformi in un conflitto regionale più ampio che coinvolga l’Iran, i loro alleati israeliani hanno ricevuto carta bianca per provocare costantemente un’escalation.

Se non viene posto un freno a questa scivolosa escalation israeliana nei confronti degli attori regionali, potrebbe profilarsi una guerra di grandi proporzioni.

In Solidarietà con la Palestina.

In solidarietà con la Resistenza palestinese, diversi attori regionali hanno aperto fronti separati con il regime israeliano.

L’Hezbollah libanese è stato il primo attore regionale a dichiarare di essere entrato in un’escalation strategica, iniziata l’8 ottobre e gestita con cura per alleggerire il carico militare sulla Striscia di Gaza, ma evitando di compiere passi che potrebbero portare a una guerra su larga scala tra Libano e Israele.

Più tardi, nello stesso mese, Ansarallah dello Yemen avrebbe iniziato a lanciare missili e droni verso il sud della Palestina occupata, prendendo di mira le postazioni israeliane, prima di adottare il suo blocco più efficace sul traffico navale verso il porto di Eilat.

Anche un gruppo che si fa chiamare Resistenza islamica in Iraq ha avviato operazioni contro le forze statunitensi e successivamente ha indirizzato il proprio attacco sui siti strategici israeliani.

Per quanto riguarda la Repubblica islamica dell’Iran, essa ha dichiarato apertamente il proprio sostegno alle fazioni della Resistenza palestinese dentro Gaza e si è coordinata in modo stretto con i vari fronti in tutta la regione, esplicitando però di non avere intenzione di scatenare una guerra regionale.

Carta bianca a Israele.

Analizzando le dichiarazioni dei funzionari americani, è chiaro che la loro retorica è quella di una nazione interessata a sostenere i loro alleati a Tel Aviv, ma gestendo la situazione per sedare la possibilità di un’escalation regionale. Tuttavia, nel concreto, il governo statunitense ha dato a Israele carta bianca per comportarsi come meglio credono. In Libano, una delle prime mosse di Israele è stata quella di colpire le abitazioni civili nel sud del Paese.

Il 13 ottobre, il fuoco dei carri armati israeliani ha ucciso il giornalista di Reuters, Issam Abdallah. Continuando la loro strage di giornalisti, il 21 novembre Israele ha ucciso due dipendenti di Al-Mayadeen. Il 2 gennaio, Israele ha poi effettuato un attentato che ha ucciso un alto dirigente di Hamas, Saleh al-Arouri, in un sobborgo meridionale della città di Beirut. Il 26 febbraio, l’aviazione israeliana ha bombardato Baalbek, nel nord del Libano, per la prima volta dal 2006. Da allora, hanno preso di mira questa zona più volte, uccidendo civili. Ognuna di queste escalation è stata accolta da risposte calcolate da Hezbollah, che si è astenuto dal colpire Israele nella stessa misura.

Presi di mira i depositi missilistici siriani.

All’interno della Siria, gli israeliani hanno progressivamente aumentato il livello dei loro attacchi non provocati contro l’Esercito Arabo Siriano, gli ufficiali iraniani e i civili siriani.

Una fonte siriana con una profonda conoscenza degli affari militari interni ha riferito a The Palestine Chronicle, a condizione di anonimato, che, negli ultimi mesi, l’esercito israeliano si è concentrato sui depositi missilistici siriani, insieme alle infrastrutture civili.

A dicembre, gli attacchi aerei israeliani hanno anche ucciso un ufficiale del Corpo delle guardie della rivoluzione islamica (IRGC) iraniano, Razi Mousavi, il che ha portato a una serie di interventi iraniani contro obiettivi del Mossad situati nel nord dell’Iraq.

A fine gennaio, gli attacchi aerei israeliani hanno ucciso cinque funzionari dell’IRGC e tre membri dell’Esercito arabo siriano a Damasco. Più di recente, i raid che hanno demolito il consolato iraniano a Damasco, rappresentando un attacco diretto al territorio iraniano, hanno ucciso almeno sette iraniani, tra cui due alti membri delle Forze Quds dell’IRGC.

Nessuna linea rossa.

Nonostante gli Stati Uniti abbiano tentato di prendere le distanze da alcune delle escalation di violazioni del diritto e delle norme internazionali, non sono riusciti a stabilire alcuna linea rossa per i loro alleati a Tel Aviv.

Al contrario, gli Stati Uniti e altre nazioni occidentali, come il Regno Unito, si sono impegnati in ulteriori azioni che hanno contribuito ad alimentare le tensioni regionali. L’Operazione Prosperity Guardian di Washington, lanciata per interrompere il blocco posto nel Mar Rosso da Ansarallah dello Yemen, non solo si è rivelata un imbarazzante e costoso fallimento, ma anche un’approvazione dei crimini di guerra di Israele a Gaza.

Gli Stati Uniti hanno anche compiuto una serie di omicidi contro figure di spicco affiliate alle Forze di Mobilitazione Popolare (PMF) irachene, che sono una parte ufficialmente integrata nell’apparato di sicurezza di Baghdad. Gli ultimi attacchi contro funzionari dell’IRGC equivalgono a una dichiarazione di guerra contro la Repubblica Islamica dell’Iran.

Eppure, sembra che gli Stati Uniti siano disposti a fare ben poco per impedire ciò che chiaramente appare come un tentativo di trascinarli in un’escalation che potrebbe trasformarsi in una guerra più grande che coinvolge gran parte dell’Asia occidentale.

Traduzione per InfoPal di Rachele Manna