Shimon Peres: il criminale di guerra israeliano del quale l’occidente ha dimenticato le vittime

Peres-1Memo. Shimon Peres, deceduto mercoledì a 93 anni dopo l’ictus che lo aveva colpito il 13 settembre, sintetizza appieno la divergenza tra l’immagine che Israele ha in occidente e la realtà delle sue politiche sanguinarie e coloniali in Palestina ed in tutta la regione.

Peres era nato nella moderna Bielorussia nel 1923 e la sua famiglia si era trasferita in Palestina negli anni ’30. Da ragazzo si arruolò nella Haganah, la milizia principalmente responsabile della pulizia etnica dei villaggi palestinesi negli anni 1947-’49, durante la Nakba.

Nonostante il violento dislocamento dei Palestinesi sia un argomento da record storico, Peres ha sempre insistito sul fatto che le forze sioniste “hanno difeso la purezza delle armi” durante la costituzione dello stato di Israele. In effetti egli ha sempre ritenuto che prima che esistesse Israele “qui non vi era nulla”.

Per oltre settant’anni Peres è stato primo ministro (per due volte) e presidente, anche se in realtà non ha mai vinto una elezione nazionale in modo perentorio. E’ stato membro di governo per 12 volte ed ha avuto incarichi presso i ministeri della difesa, degli esteri e delle finanze.

Forse in occidente è meglio conosciuto per il ruolo che ebbe nei negoziati che portarono agli accordi di Oslo del 1993 e che gli hanno permesso di vincere, assieme a Yitzhak Rabin e Yasser Arafat, il Premio Nobel per la Pace.

Ma fino ai giorni nostri per i Palestinesi e per i loro vicini del Medio Oriente, i ricordi di Peres sono molto differenti dalla reputazione che si è guadagnato in occidente come di una “colomba instancabile”. L’elenco che segue è senza dubbio un riassunto comprensivo di tutto il lavoro di Peres al servizio del colonialismo e dell’apartheid.

Armi nucleari

Tra il 1953 ed il 1965 Peres ha lavorato prima come direttore generale del ministero della difesa israeliano e poi come vice-ministro della difesa. A causa delle sue responsabilità in quel momento, Peres è stato descritto come “un architetto del programma degli armamenti nucleari di Israele” che, fino ai giorni nostri, “resta al di fuori del controllo dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (IAEA)”.

Nel 1975, come hanno rivelato informazioni segrete dell’epoca, Peres ha incontrato il ministro della difesa sudafricano PW Botha e gli “ha offerto di vendere testate nucleari al regime dell’apartheid”. Nel 1986 Peres autorizzò l’operazione del Mossad che permise il rapimento della spia nucleare Mordechai Vananu a Roma.

Colpire i cittadini palestinesi

Peres ha avuto un ruolo chiave nel regime militare imposto ai cittadini palestinesi fin dal 1966, sotto il quale le autorità compirono furti di terreni in grande quantità e dislocamento di persone.

Uno degli strumenti fu l’articolo 25 che permetteva che un territorio palestinese fosse dichiarato zona militare chiusa. Ai loro proprietari veniva vietato l’accesso, il terreno veniva quindi confiscato come “non coltivato”. Peres ha lodato l’articolo 25 definendolo come un mezzo per “continuare direttamente la lotta per le colonie ebraiche e per l’immigrazione degli ebrei”.

Un’altra delle responsabilità di Peres nell’attività come direttore generale del ministero della difesa fu di “giudaizzare” la Galilea, vale a dire di attuare politiche mirate alla riduzionedella proporzione di abitanti palestinesi rispetto a quelli ebrei in quella regione.

Nel 2005, come vice premier nel governo di Ariel Sharon, Peres rinnovò il suo attacco sui cittadini palestinesi con piani che incoraggiavano gli ebrei israeliani a spostarsi in Galilea. Il suo piano di “sviluppo” ha riguardato 104 comunità, cento delle quali comunità ebraiche.

Nello stesso anno, durante conversazioni segrete avute con funzionari statunitensi, Peres sosteneva che Israele aveva “perso un milione di dunams [1000 km quadrati] nel territorio del Negev a favore dei Beduini”, aggiungendo che lo “sviluppo” del Negev e della Galilea avrebbe potuto “alleviare ciò che [egli] definiva una minaccia demografica”.

Supporto alle colonie illegali in Cisgiordania

Mentre il progetto israeliano delle colonie in Cisgiordania ha finito per essere sempre associato soprattutto col Likud e con altri partiti nazionalisti di estrema destra, è invece stato il partito laburista che ha dato l’avvio alla colonizzazione dei territori palestinesi appena conquistati – e Peres ne è stato un partecipante entusiasta.

Durante il mandato di Peres come ministro della difesa, dal 1974 al 1977, il governo di Rabin ha fondato un discreto numero di colonie-chiave in Cisgiordania, compresa Ofra, ampie parti delle quali sono state costruite su terreni confiscati a proprietari privati palestinesi.

Avendo avuto un ruolo chiave all’inizio dell’impresa delle colonie, negli anni più recenti Peres è intervenuto per minare quasiasi tipo di misura, non importa quanto di poco conto, che sanzionasse le colonie illegali – sempre, ovviamente, in nome della protezione dei “negoziati di pace”.

Il massacro di Qana

Con l’incarico di primo ministro nel 1996, Peres ordinò e supervisionò l’”Operazione Furore” durante la quale le forze armate israeliane uccisero 154 civili in Libano e ne ferirono altri 351. L’operazione, ritenuta da molti come una dimostrazione di forza prima delle elezioni, ha visto i civili libanesi colpiti intenzionalmente.

Secondo il sito web ufficiale israeliano della Air Force (quello in ebraico, non in inglese), l’operazione ha compreso “bombardamenti massicci dei villaggi shiiti nel sud del Libano allo scopo di provocare un flusso di civili verso nord, in direzione di Beirut, in modo tale da fare pressione sulla Siria e sul Libano perchè tenessero a freno Hezbollah.”.

L’incidente più noto di tutta l’operazione è stato il massacro di Qana, durante il quale Israele ha bombardato un campogestito dalle Nazioni Unite, uccidendo 106 civili che si erano rifugiati all’interno. Un rapporto dell’ONU ha dichiarato che, contrariamente a quanto smentito da Israele, è “improbabile” che il bombardamento “sia il risultato di errori tecnici e/o procedurali”.

In seguito gli artiglieri hanno dichiarato alla televisione israeliana che non avevano alcun rimorso per il massacro compiuto, dato che i morti erano “soltanto un gruppo di arabi”. Quanto a Peres, anche lui aveva la coscienza pulita: “Tutto è stato fatto secondo logica ed in modo responsabile”, ha dichiarato, “Io sono in pace con me stesso”.

Gaza – difesa del blocco e delle brutalità

Negli ultimi dieci anni, Peres è divenuto uno degli ambasciatori israeliani a livello globale più importanti, mentre la Striscia di Gaza ha subito un assedio devastante e tre aggressioni disastrose. Nonostante l’indignazione mondiale per queste politiche, Peres ha sempre e costantemente appoggiato le punizioni collettive e le brutalità militari.

Nel gennaio 2009, ad esempio, nonostante le richieste delle “Organizzazione israeliane per i diritti umani… perchè ‘Operazione Piombo Fusò venisse fermata”, Peres parlò di “solidarietà nazionale dietro l’operazione militare” come “l’ora migliore di Israele”. Secondo Peres, scopo dell’aggressione “era provocare un grosso colpo alla popolazione di Gaza in modo da far perdere loro la voglia di colpire Israele”.

Durante l’”Operazione ‘Pilastro della Difesa’” del novembre 2012, Peres “si prende il compito di migliorare le relazioni pubbliche di Israele, raccontando il resoconto israeliano ai leader del mondo”, con le parole di Ynetnews. Alla vigilia dell’offensiva israeliana, “Peres aveva avvisato Hamas che se avesse voluto una vita normale per la popolazione di Gaza, avrebbe dovuto smettere di lanciare razzi contro Israele”.

Nel 2014, durante un bombardamento su Gaza senza precedenti, Peres si è impegnato ancora una volta per cancellare i crimini di guerra. Dopo che le forze israeliane avevano ucciso quattro bambini mentre giocavano su una spiaggia, Peres sapeva di chi era stata la colpa – dei Palestinesi: “Era una zona che noi avevamo avvisato sarebbe stata bombardata”, ha affermato. “E sfortunatamente non hanno fatto rientrare i bambini”.

L’assedio soffocante, condannato a livello internazionale come forma di punizione collettiva, che è vietata, è stato difeso anche da Peres – e precisamente per il fatto che si tratta di una punizione collettiva. Come diceva Peres nel 2014: “Se Gaza cessa il fuoco, non vi sarà bisogno di un assedio”.

L’appoggio di Peres per le punizione collettive si è allargato anche all’Iran. Nel 2012, commentando sul fatto che sei milioni di iraniani sofferenti di cancro non potevano avere le terapie necessarie a causa delle sanzioni, Peres disse: “Se vogliono tornare ad una vita normale, che allora diventino normali”.

Impenitente fino alla fine

Peres è sempre stato chiaro a proposito dell’obiettivo di un trattato di pace con i Palestinesi. Come ha detto nel 2014: “La priorità è preservare Israele come stato ebraico. Questo è il nostro obiettivo principale, ed è ciò per cui stiamo lottando”. L’anno scorso ha ribadito queste sue idee durante un’intervista con AP, affermando: “Israele dovrebbe implementare la soluzione dei due stati per i suoi propri interessi”, in modo da non “perdere la nostra maggioranza [ebraica]”.

Questo ricorda ciò che ha portato all’appoggio dei laburisti agli Accordi di Oslo. Rabin, parlando davanti alla Knesset non molto tempo prima di essere assassinato nel 1995, fu chiaro nel dire che quel che Israele cercava con gli accordi di Oslo era una “entità” palestinese che volesse essere “un pò meno di uno stato”. Gerusalemme sarebbe stata la capitale indivisa di Israele, le colonie chiave sarebbero state annesse ed Israele sarebbe rimasto nella Valle del Giordano.

Qualche anno fa Peres descriveva i Palestinesi come “vittime di se stessi”. Proseguendo: “Essi vittimizzano se stessi. Sono vittime dei loro stessi errori inutilmente”. Questa crudele accondiscendenza era la caratteristica di un uomo per cui la parola “pace” ha sempre e solo significato pacificazione coloniale.

Traduzione di Aisha Tiziana Bravi