Un altro segnale ostile alla pace: Israele approva 942 unità abitative

Imemc e Ma’an. 

Il “Comitato per la pianificazione edilizia” ha approvato lunedì un nuovo progetto per la costruzione di 942 unità abitative destinate a coloni ebrei nell’insediamento illegale di Gilo, nella zona sud di Gerusalemme occupata.

Gilo è un insediamento illegale costruito su terre palestinesi in Cisgiordania di proprietà degli abitanti del villaggio di al-Walaja, nei pressi della città palestinese di Beit Jala. Ci vivono già 40mila coloni israeliani e Tel Aviv lo considera parte integrante di ciò che chiama la “Gerusalemme unita, la capitale eterna di Israele”.

Il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, ha inaugurato la campagna elettorale affermando che “Israele, con il volere di Dio, continuerà nella costruzione di Gerusalemme, e sotto il controllo israeliano, la città rimarrà unita per sempre”.

Il primo ministro ha rivendicato il fatto che “Israele sta tendendo la mano ai palestinesi per raggiungere un accordo di pace reciproco e reale”, per poi aggiungere che il suo partito continuerà a impegnarsi nella salvaguardia di ciò che lui chiama “gli interessi israeliani, malgrado le pressioni interne”.

Il quotidiano israeliano Haaretz ha reso note le considerazioni dell’avvocato Daniel Seidemann, un esperto di questioni edilizie a Gerusalemme, con le quali afferma che il nuovo piano è un chiaro ostacolo al processo di pace e che il Comitato per la pianificazione potrebbe aggiungere altre 300 unità al progetto.

Gli insediamenti israeliani sono costruiti contravvenendo apertamente alle leggi internazionali e alla Quarta convenzione di Ginevra di cui Israele è firmataria. Al di là del fatto che gli insediamenti sorgono su terre palestinesi occupate illegalmente da Israele, il processo espansivo e costante delle colonie israeliane mina il consolidamento di uno stato palestinese nei territori del 1967 e tali attività danneggiano ogni tentativo di arrivare a una risoluzione del conflitto giusta e onnicomprensiva.

Hagit Ofran, del movimento israeliano Peace Now, ha dichiarato che il governo di Netanyahu sta portando avanti azioni che di fatto renderanno impossibile il raggiungimento della soluzione dei due stati.

Anche l’ex primo ministro israeliano, Ehud Barak, riconoscendo lo stato di depressione in cui sono costretti i palestinesi per via delle continue violazioni israeliane, ritiene probabile una terza Intifada.

Nabil Abu Rodeina, portavoce del presidente Mahmoud Abbas, ha affermato che le azioni di Israele mirano a vanificare ogni possibilità di pace, sabotando la soluzione dei due stati.

Abu Rodeina ha inoltre aggiunto che l’Autorità palestinese risponderà alle violazioni israeliane attraverso le organizzazioni internazionali e gli strumenti utili da loro messi a disposizione.

Traduzione per InfoPal a cura di Valentina Iacoponi