Vittorio Arrigoni: ‘La speranza è sbarcata a Gaza!’.

Riceviamo e pubblichiamo.

Intervista esclusiva di BoccheScucite a Vittorio Arrigoni, unico italiano della missione Free Gaza. 

LA SPERANZA E’ SBARCATA A GAZA!

 BoccheScucite: Nella pur limitata eco della nostra stampa, abbiamo letto dell’entusiasmo e del calore della gente di Gaza nell’accogliervi al momento dello sbarco. Ma cosa realmente vi hanno chiesto e ci chiedono di fare i palestinesi della Striscia? 

Vittorio Arrigoni: I palestinesi con cui esco in alto mare a pescare, che incontro dinnanzi alla soglia di una moschea, quelli con cui scambio due chiacchiere al suk, quelli che mi invitano a cena al termine del digiuno per il Ramadan, quelli con cui mi cimento in infinite discussioni di geopolitica sorseggiando caffè più scuri della pece, o innaffiando i polmoni di pesanti zaffate di fumo dolciastro d’arghilè, tutti i palestinesi che incontro mi chiedono una sola cosa: Salam, cioè Pace.

Chiedono di poter vivere in pace e di poter godere degli stessi diritti umani di cui godono gli israeliani, e qualsiasi altro popolo del pianeta.

Di potersi spostare liberamente sulla loro terra, di pescare nel proprio mare, di studiare e lavorare, di metter su famiglia, e di poter essere in grado di sostenerla autonomamente, non come ora, dove in una economia collassata per via dell’occupazione, il tasso di disoccupazione raggiunge il 60%, e il 70% delle famiglie vive di aiuti umanitari.

Personalmente, i palestinesi che incontro ogni giorno mi chiedono  conto dell’indifferenza dell’occidente, vero e proprio cancro della nostra società edonistica. Mi chiedono conto di quelle spalle voltate su esseri umani come noi che muoiono di stenti, dinnanzi ad un check-point o a  mitragliate in mezzo al mare nell’intento di portare a casa il pesce quotidiano. Dell’indifferenza italiana di fronte al lento genocidio di un nostro vicino di casa, essendo la Palestina appena aldilà del editerraneo. I palestinesi oggi mi chiedono le stesse cose di quando ero in West Bank, di essere testimone della loro sofferenza e, una volta tornato in Italia, di raccontare l’inferno che ho condiviso con loro.

Proprio come quando a Tulkarem, l’indomani di una ennesima carneficina di civili ad opera dell’esercito israeliano, alcuni amici mi accompagnarono all’obitorio della città, per vedere i corpi maciullati dalla ferocia dei soldati il giorno prima. Mi mostravano i cadaveri freschi di giornata con l’esortazione a prendere nota per poi riferire, una volta tornato in Italia. E’ questa la richiesta di sempre, la missione che sto svolgendo anche in questo preciso istante.

BoccheScucite: Ci sembra di aver colto nelle reazioni del governo israeliano un riferimento alla supposta illegalità della vostra azione. Ma quali sono invece le forme più evidenti dell”illegalità’ israeliana diventata assedio e punizione collettiva di un intero popolo nella piccola Striscia di Gaza?

Vittorio: Ufficialmente, il governo israeliano è stato piuttosto controverso nei nostri confronti. dapprima ci hanno definito pirati, arrivando a dichiarare che sulla rotta per Gaza ci avrebbero fermato con ogni mezzo; poi, quando hanno visto che nonostante le minacce di morte e i sabotaggi non ci siamo fermati, hanno lasciato trapelare che visto che loro erano "brava gente" ci lasciavano passare tranquillamente. Ci mancherebbe altro! Abbiamo navigato su acque internazionali e poi in quelle che a tutti gli effetti sono riconosciute internazionalmente come acque palestinesi: Israele non ha lì alcuna giurisdizione.

Le forme più evidenti di illegalità israeliana e di punizione collettiva verso i palestinesi le viviamo pressoché ogni giorno quando ci uniamo ai pescatori di Gaza e andiamo al largo, quando navi da guerra israeliane vegono verso di noi sparandoci addosso (vedi il video: http://guerrillaradio.iobloggo.com/archive.php?eid=1735 ) .

Oltre a questo, ovunque nelle persone che incontro ci sono i segni tangibili delle sofferenze della vita a Gaza, la più grande prigione a cielo aperto che sia mai stata edificata.

Centinaia di malati con le carte in regola per essere ricoverati e curati fuori Gaza muoiono nella vana attesa di poter varcare i valichi coi quali Israele ha chiuso ermeticamente i confini. Numerosissimi sono i giovani che hanno vinto borse di studio all’estero, e da qui non possono muoversi, ma quello che più mi sconcerta è conoscere così tante famiglie spezzate dall’assedio imposto a Gaza: moglie e mariti che non si vedono da anni. Recentemente siamo stati a solidarizzare durante una manifestazione con le madri che hanno i loro figli al di là del filo spinato, senza alcuna possibilità di ricongiungimento.

Sulla via del ritorno verso Cipro, le nostre barche hanno ospitato alcune  vittime dell’assedio: una madre con quattro bambini che non rivedeva il marito da due anni -nonostante la cittadinanza cipriota di tutta la famiglia- e un padre col figlio costretto su una sedia a rotelle che necessita di cure immediate, perchè ha perso le gambe durante un bombardamento israeliano a Bet Hanun.

BoccheScucite: Anche se Free Gaza ha avuto dei risvolti umanitari nei confronti della fascia più debole della popolazione di Gaza, il vostro obiettivo è apparso chiaramente di alto valore politico: avete dimostrato che è possibile, anzi doveroso, rompere un assedio totale partendo dalla società civile… Cosa proponete ora alle realtà che in Italia si impegnano a sostenere la pace e la giustizia in Israele e Palestina?

Vittorio: Con il nostro sbarco a Gaza, abbiamo voluto dimostrare che la storia siamo noi. La storia non la fanno i governati codardi con le loro ignobili sudditanze ai governi militarmente più forti. La storia la fanno le persone semplici, gente comune, con famiglia a casa e un lavoro ordinario, che si impegnano per un ideale straordinario come la pace, per i diritti umani, per restare umani. La storia siamo stati noi, che mettendo a repentaglio le nostre vite, abbiamo concretizzato l’utopia, regalando un sogno, una speranza a centinaia di migliaia di persone. Che hanno pianto con noi, approdando al porto di Gaza, come i tre anziani palestinesi vittime della diaspora imbarcati sulle nostre navi, che non hanno mai potuto piangere sulle tombe dei familiari: hanno pianto, ma sono state lacrime di gioia.

Il nostro messaggio di pace è un invito alla mobilitazione di tutte le persone comuni, a non delegare la vita al burattinaio di turno, a prendersi in prima persona la responsabilità di una rivoluzione. Una rivoluzione interiore che promuove quell’amore e quell’empatia che di riflesso cambierà il mondo.

Alle realtà impegnate in Italia a sostenere la pace e la giustizia in Palestina e in Israele chiedo di continuare a perseverare, che 60 anni di occupazione criminale della Palestina non ci devono scoraggiare nemmeno un attimo, farci retrocedere di nemmeno un passo, verso una speranza di libertà per il popolo palestinese, che contemporaneamente equivarrebbe alla sicurezza per Israele.

Il popolo palestinese, lutto dopo lutto, imprigionato e collettivamente punito da una mano criminale, è ferito a morte da decenni ma non muore, non si è lasciato annichilire, resiste, ma necessita di tutta la nostra solidarietà per continuare a sperare, contro chi spara. Perchè il giorno in cui si smette di sperare, si muore.

La speranza che abbiamo restituito a migliaia di persone per un giorno riaprendo il porto di Gaza, ci impegnamo a restituirla ogni giorno in futuro, restituendo il mare palestinese ai suoi pescatori, o cercando di far pressioni ai confini affinchè l’illegale autorità israeliana permetta il passaggio di malati e feriti.

BoccheScucite:  Dai Territori Occupati e da Israele le informazioni ci arrivano spesso blindate e censurate. Potresti riportare per i lettori di BoccheScucite un’affermazione, un gesto che in questi giorni hai raccolto da una persona a cui finalmente si è potuto "scucire la bocca”? 

Vittorio: Vorrei scucire la bocca, qui a Gaza, ad un ebreo israeliano. A Jeff Halper, che era con me sulla barca Free Gaza  partita da Cipro, che ho visto commuoversi, quando migliaia di palestinesi lo hanno accolto come eroe, esattamente come tutti noi. In quegli istanti abbiamo dimostrato che la pace è possibile in medio oriente.

Perchè se un ebreo israeliano come Jeff Helper è accolto come un eroe, addirittura un liberatore, da decina di migliaia di persone festanti in estasi (da quelli che la politica e i media si impegnano a dipingere come terroristi), allora la pace non è un’utopia e, se lo è, abbiamo dimostrato che a volte le utopie si concretizzano. Jeff Halper ha raccontato di come i palestinesi di Gaza erano entusiasti nel parlargli in ebraico, da loro appreso quando diversi anni fa andavano a lavorare a Tel Aviv. Jeff mi ha detto più volte di sentirsi a casa, in famiglia, circondato da affetto e ospitalità straordinari.

Alcuni giorni dopo, in viaggio per tornare a casa sua a Tel Aviv, varcando il valico di Eretz, Jeff è stato arrestato dalla polizia israeliana, e presto sarà processato. Trattato da amico e fratello da quelli che apparentemente sarebbero i suoi "nemici", e da nemico dai suoi stessi concittadini, gli "amici". Perfetto teorema del perchè non c’è ancora prospettiva di pace fra Palestina e Israele. La sua bocca che qui ho scucito ora, in Israele e fuori dal medio oriente, è stata prontamente cucita dai media. Che non si sappia, che non si osi solo pensare, che un civile israeliano, disarmato, armato solo della sua simpatia e generosità, possa venire accolto con amore fraterno dai palestinesi imprigionati a Gaza.

BoccheScucite: Dopo lo sbarco, la pesca, la condivisione delle prime giornate a Gaza, cosa sta succedendo ora? (Anche perchè non ci pare che i nostri media abbiano tanti corrispondenti che ci raccontano cosa accade nell’inferno della Striscia…)

Vittorio: Innanzitutto vorrei segnalarvi il mio blog,  http://guerrillaradio.iobloggo.com e il sito della nostra organizzazione http://www.freegaza.org  (attualmente sotto attacco hacker da parte di sionisti!!!). Laddove i media cuciono bocche, e farciscono i cervelli di precotta disinformazione, internet può rivelarsi una fonte mirabolante per veicolare la verità. Lo sanno bene i soldati israeliani, che, da qualche giorno alla vista delle nostre telecamere, tendono ad abbassare le armi (non sempre…). Abbiamo constatato quanto essi abbiano più timore delle nostre telecamere che dei loro fucili e mitragliatori super tecnologici. Si vergognano di mostrare al mondo i loro efferati crimini, e spesso abbassano le armi dinnanzi ad una telecamera. Forse  forse, addirittura, arrivano a provare un barlume di senso di colpa, nel momento in cui tutto il mondo ha dinnanzi agli occhi questo oltraggio all’umanità.

Continueremo quindi nella nostra missione: cercare di aprire i valichi per i malati, i più sofferenti, portare i pescatori in alto mare, laddove c’è ricchezza di pesce, ben consci dell’alto connotato simbolico di queste azioni. Restituire sovranità e quindi libertà al popolo palestinese, e contemporaneamente sbattere in faccia ai militari israeliani il dato di fatto che anche i palestinesi hanno dei diritti umani e che c’è chi è pronto a rischiare la propria vita per la loro difesa. Coi nostri video e reportage, inoltre, vogliamo dare la sveglia all’opinione pubblica su questa quotidiana catastrofe innaturale. Ci sono terribili catastrofi naturali a questo mondo, come terremoti e uragani, inevitabili, verso le cui  vittime l’umanità intera si è spesso dimostrata pronta a   solidarizzare, a darsi da fare. A Gaza è in corso una catastrofe umanitaria perpetrata da Israele ai danni di un popolo che vorrebbe ridotto alla più completa miseria, sottomissione. E io mi chiedo come si può restare ancora indifferenti. Gesù Cristo scelse i suoi discepoli fra i pescatori palestinesi: sebbene siano uomini rudi e poco avvezzi alle buone maniere, sono dotati di un animo stoico e infinitamente generoso, doti fondamentali per sopravvivere entro queste acque inquinate di sangue da duemila anni a questa parte. Non dimentichiamoli.

Il 22 di questo mese, inshallah, le nostre navi ripartiranno da Cipro, portando ancora una volta il loro carico di aiuti umanitari, ma soprattutto proveranno a portare ancora una volta la speranza,  a restituire la libertà, l’utopia concretizzata.

Per far questo, abbiamo bisogno di aiuto. Per le spese che abbiamo dovuto sostenere ci siamo indebitati tutti, e per restare a fare attivismo qui a Gaza e contemporaneamente far salpare le barche a Cipro servono fondi, di cui siamo a corto. Ogni minima donazione ci sarà utile, per continuare la nostra missione umanitaria, per restare umani.

Restiamo umani, Vittorio Arrigoni.   blog:http://guerrillaradio.iobloggo.com/

website della missione: http://www.freegaza.org/

MANDIAMO UNA MAIL DI SOLIDARIETA’:

contatto: guerrillaingaza@gmail.com 

tel. +972 598 826 516 

SOSTENIAMO LE PROSSIME SPEDIZIONI DI PACE: è possibile versare un contributo direttamente sul conto corrente intestato a Vittorio Arrigoni Banca Popolare Commercio & Industria 23892 Bulciago. 

Coordinate Bancarie Nazionali:  IT55 S 05048 51000 000000006046

Coordinate Bancarie Internazionali: IT55 S050 4851 0000  0000 0006 046            BIC: POCIITM1012

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