Da Muhammad Bouazizi a Khader Adnan: gli oppressori sanno di avere i giorni contati

Pubblichiamo questo articolo di Memo anche se, nel corso di questi giorni, ci sono stati significativi cambiamenti.

L’analisi che fa l’autore del pezzo giornalistico continua ad essere valida.

 

Memo. Dopo sessanta giorni di sciopero della fame, il detenuto palestinese Khader Adnan viene tenuto incatenato al letto nell’ospedale israeliano di Safad. Il signor Khader non è un cittadino israeliano e nei suoi confronti non pende alcuna condanna penale. Egli è un palestinese che è stato rapito nella sua abitazione in Cisgiordania, e portato con la forza in Israele. Il diritto umanitario internazionale vieta “il trasporto forzato di massa, o di singoli individui, e la deportazione di persone protette, dal territorio occupato, al territorio della potenza occupante o nel territorio di qualsiasi altro paese, occupato o no che esso sia… a prescindere dalle motivazioni”. Dobbiamo supporre che l’unica ragione per cui tale questione ha continuato ad essere tollerata per un periodo così lungo, risieda nel disprezzo che gli israeliani dimostrano per il diritto internazionale, e nell’impunità delle loro azioni.

Khader Adnan è stato arrestato il 17 dicembre del 2011. Dal secondo giorno di detenzione ha iniziato lo sciopero della fame, in segno di protesta per la disposizione “amministrativa” all’origine del suo arresto. Egli ha adottato questa forma di protesta non violenta in seguito ai trattamenti di tortura, di abuso e di umiliazione ai quali gli israeliani lo hanno sottoposto durante l’interrogatorio.

I prigionieri palestinesi hanno organizzato numerosi scioperi della fame, in passato. Ma questo, nella lunga lotta per la libertà e l’indipendenza, è quello che sta durando di più. Con il superamento del sessantesimo giorno, il trattamento disumano dei palestinesi, da parte israeliana, è portato una volta di più alla ribalta.

Nonostante i numerosi appelli provenienti dalle entità per i diritti umani e da Richard Falk, il relatore speciale delle Nazioni Unite per i diritti umani nei Territori palestinesi occupati, Israele persiste con le sue politiche feroci. Un’occhiata veloce ai media israeliani ci rivela una ripugnante retorica di disumanizzazione delle vittime di Israele, atta tra l’altro a giustificare gli abusi perpetrati.

Il trattamento subito da Khader Adnan, oltre a essere un tentativo di umiliazione e di terrorismo nei confronti di persone indifese, sfida la logica e la spiegazione razionale. Siamo in presenza di un giovane padre con un master in matematica e in economia, privo di precedenti penali, e privo di un futuro nella sua terra martoriata dall’occupazione militare israeliana. Il suo avvocato, Jawad Polis, è sconvolto dalla condotta dei carcerieri israeliani, che hanno condotto Adnan nella sala da pranzo dell’ospedale militare incatenato su una sedia a rotelle, senza che vi fosse alcun procedimento penale né alcuna prova o alcun crimine a suo carico. Secondo l’avvocato solo una mente sadica e anormale può inscenare una simile situazione. Dopo 60 giorni di sciopero della fame, che tipo di minaccia può rappresentare un individuo, per la sicurezza di Israele, per giustificarne l’incatenamento?

Sorprendentemente, sia pure in tale situazione di vulnerabilità, Adnan risulta infrangibile e imbattuto. La sua è la storia del popolo palestinese e della sua lotta contro la colonizzazione israeliana della Palestina. Non c’è da meravigliarsi, quindi, se decine di migliaia di sostenitori appartenenti a fazioni e a gruppi di età diversi si sono riuniti a Gaza, venerdì 17 febbraio, per dimostrare solidarietà con il loro nuovo eroe.

In tutta la regione continuano a scorrere i messaggi di supporto, dai leader politici egiziani e tunisini, come dalle entità regionali quali l’Unione dei medici arabi. Mentre i giorni passano, il caso di Khader Adnan acquista un risalto sempre più ampio nelle capitali arabe; e se il suo fragile corpo dovesse soccombere prima della liberazione, il sedicente “Stato ebraico” si attirerà un immenso disgusto e una grande indignazione. Khadr Adnan è l’epitome di una nuova generazione di arabi e di palestinesi, che preferiscono morire con onore piuttosto che vivere senza dignità.

Nella mattinata di venerdì 17, il ministro per gli Affari dei prigionieri, ‘Issa Qaraqe’, si è affrettato a dissipare le voci che davano Adnan per morto. Il ministro ha esortato i giornalisti all’estrema cautela, e alla verifica dei fatti prima di pubblicare rapporti. Senza rifletterci troppo, risulta evidente che il ricordo di Muhammad Bouazizi è ancora fresco nella testa del ministro Qaraqae’. Attuando il sacrificio estremo di auto-immolazione, il giovane tunisino ha scatenato in Medio oriente un processo di cambiamento politico e sociale irreversibile.

Qualsiasi cosa accada nei prossimi giorni, il caso di Khader Adnan potrebbe segnare un altro punto di svolta positivo nella lotta palestinese contro l’ingiustizia e l’oppressione israeliane. Chi mette in atto lo sciopero della fame, riesce raramente a sopravvivere più di due mesi. La leggenda repubblicana irlandese, Bobby Sands, morì dopo 66 giorni, Khadr Adnan ha ora superato i 62 (i 66, oggi, ndr) e il tempo stringe. A meno che non accada qualcosa di drammatico, le conseguenze appaiono prevedibili. Tutti i tentativi di ricatto, messi in atto da Israele nei suoi confronti, sono falliti: gli israeliani gli hanno fatto credere che sua moglie lo tradiva, e gli hanno detto che i suoi figli sarebbero diventati degli orfani indigenti. Ciò nonostante, la moglie di Adnan, Randa Jihad Musa, ha reso noto che suo marito non intende cedere: “O la libertà o la morte”.

Il caso di Adnan è molto più della protesta di un individuo all’uso arbitrario della detenzione amministrativa di Israele, e della sua cultura della tortura. Esso riguarda il diritto di un popolo a vivere liberamente e dignitosamente sulla propria terra: riguarda gli sforzi volti a superare gli ostacoli posti sul suo cammino da un nemico subdolo e crudele. Dopo aver assistito all’iterazione del rapimento dei prigionieri liberati l’anno scorso in occasione dell’accordo di scambio, durante il quale venne rilasciato Gilad Shalit (che, non bisogna dimenticarlo, al tempo della sua cattura serviva l’esercito israeliano combattendo contro i civili di Gaza), i palestinesi hanno imparato che solo preparandosi a compiere il sacrificio estremo, essi saranno in grado di riguadagnare i propri diritti usurpati.

L’atteggiamento coraggioso e fondato su solidi principi di Khader Adnan ha messo in luce una volta ancora la natura crudele dell’occupazione militare israeliana. I leader della destra israeliana continuano ad opporsi agli appelli per il rilascio di Adnan, ma, come ha detto una signora in Libia, ogni tiranno ha i giorni contati. Come il sacrificio di Muhammad Bouazizi ha cambiato per sempre la politica dell’area, così anche il sacrificio di Khader Adnan condurrà a una nuova fase nella lotta per la libertà. Il ticchettio dell’orologio che si avvicina sempre più al suo martirio, dovrebbe essere un avvertimento per Israele e i suoi sostenitori: anche la loro illegale, ingiusta e crudele occupazione, un giorno finirà.

Traduzione per InfoPal a cura di Stefano Di Felice