Colonialismo e Apartheid israeliani sono alla base del conflitto, dichiarano gruppi all’ONU

MEMO. Quasi un centinaio di organizzazioni per i diritti umani hanno detto all’ONU che il colonialismo e l’Apartheid dei coloni israeliani sono la causa principale della situazione nella Palestina occupata. Tale dichiarazione è stata rilasciata durante una presentazione congiunta davanti alla Commissione internazionale d’inchiesta indipendente delle Nazioni Unite (COI) sulla Palestina.

I firmatari della presentazione hanno sottolineato che i palestinesi sono mobilitati in una lotta collettiva da decenni. Stanno sfidando “73 anni di frammentazione, imposta dalla colonizzazione israeliana e dall’Apartheid in quella che è nota come Intifada/Rivolta”.

Nella loro presentazione, i gruppi si sono opposti alla narrazione della conquista israeliana della Palestina come un conflitto “tra due parti”. Tale narrazione indica l’occupazione di Israele dal 1967 come la ragione principale della violenza in corso e della pulizia etnica.

“Inquadrare la questione nell’ambito del colonialismo e dell’Apartheid consente di prendere in considerazione la difficile situazione del popolo palestinese nella sua totalità”, hanno osservato. “Questo sposta il discorso da un focus sulle cosiddette soluzioni politiche ad una lotta per l’autodeterminazione, volta a smantellare il regime coloniale israeliano, piuttosto che cercare ‘riforme’ alle condizioni di vita sotto il sionismo”.

I palestinesi hanno sostenuto che lo schema della loro sottomissione del 1967 distorce la natura e la realtà della loro condizione. Dall’inizio della conquista israeliana della Palestina, la scelta per loro è tra un’occupazione militare brutale ed una meno brutale. Non ci si dovrebbe aspettare che le persone scelgano sotto quale forma di oppressione e umiliazione desiderano vivere, sostengono i gruppi.

La presentazione ripercorre la storia del movimento coloniale sionista e sostiene che Israele è uno stato coloniale ed un prodotto di questo movimento. Affronta l’emergere del movimento sionista alla fine del XIX secolo e la sua adozione di un’identità altamente razziale. L’attuazione della visione sionista in Palestina richiedeva inevitabilmente l’eliminazione degli indigeni e l’annessione della loro terra, a beneficio del gruppo razziale colonizzatore di nuova costruzione.

Nella sottomissione sono state menzionate anche la pratica israeliana del crimine dell’Apartheid e la sua frammentazione della Palestina in varie zone di controllo, per cementare il regime razzista etno-nazionalista.

Istituito nel maggio 2021 in seguito all’aggressione israeliana a Gaza e contro la moschea di al-Aqsa, l’obiettivo del COI è di “indagare, nel Territorio palestinese occupato, compresa Gerusalemme Est, e in Israele, tutte le presunte violazioni e gli abusi delle leggi internazionali dei diritti umani”.

Nel suo primo rapporto all’inizio di questo mese, la commissione ha affermato: “La continua occupazione da parte di Israele del Territorio palestinese e la discriminazione contro i palestinesi sono le cause principali delle tensioni ricorrenti, dell’instabilità e del protrarsi del conflitto nella regione”.

Ha anche notato che l’impunità alimenta un crescente risentimento tra il popolo palestinese. Ha identificato lo sfollamento forzato, le minacce di sfollamento forzato, le demolizioni, la costruzione e l’espansione delle colonie, la violenza dei coloni e l’embargo su Gaza come fattori che contribuiscono ai cicli ricorrenti di violenza.

Traduzione per InfoPal di F.H.L.