Hebron nel mirino

-1089452097Hebron – PIC. Dal massacro commesso dal criminale sionista Baruch Goldstein, nella moschea di al-Ibrahimi, nel 1994, via al-Shohada (I Martiri), della città di Hebron, non conosce più la vera festa, la vera “Aid”, una vita normale.

Le quaranta famiglie palestinesi rimaste sono numerate. Non possono uscire dalla via o tornarvi, se non con ordine preciso delle forze di occupazione.

Via al-Shohada merita veramente il proprio nome. Nel corso della sua storia, è sempre stata una via di sacrifici e martiri. La via, che collega il nord della città di Hebron al sud, potrebbe raccontarci molte storie.

Ad esempio, una manciata di musulmani si trovavano accerchiati da Crociati, su una collina chiamata ar-Romida, che sovrasta la moschea di al-Ibrahimi e i quartieri della città. Poi, i crociati uccisero quaranta di questi musulmani e le loro teste rotolarono e caddero in questa via che prese il nome di al-Shohada (i martiri). E là, dove caddero le loro teste, venne eretto un luogo sacro che prese il nome della moschea di al-Arbaine (i Quaranta).

Ed ora, ai nostri giorni, la via è ancora testimone oculare della resistenza dei palestinesi nei confronti degli occupanti sionisti.

Infatti, di tanto in tanto i palestinesi cadono in questa via e cadono ancora come martiri. Gli ultimi in ordine di tempo, tra molti altri, sono Hadil Hashamloun, Fadl Qawasmi, Tareq Natcha, Hashem Izza.

Una vita sotto assedio

Inimmaginabile la vita nella via di al-Shohada, racconta Zohair Bayed, 55 anni. “Sopravvive” lì da decenni.

“Immaginate che per raggiungere la vostra abitazione, sia al mattino che alla sera, dobbiate passare attraverso tre cancelli elettronici, sotto telecamere di sorveglianza, con un’approfondita ispezione dei documenti e attese interminabili!”, confida al nostro corrispondente.

Questo trattamento è valido per chiunque abiti nella via. Tutt’altra storia, invece, per parenti, amici e visitatori in quanto non possono nemmeno avvicinarsi alla via. Gli abitanti e i loro familiari sono privati di qualsiasi tipo di contatto.

Una gioia mancata

Sono soprattutto i bambini ad esser privati della loro “Aid”, la loro festa, la loro gioia, sottolinea al-Bayed. Infatti, i bambini della via non hanno niente. I negozi sono chiusi, non hanno posti o luoghi per poter giocare. Peggio ancora, sono aggrediti dai bambini delle colonie vicine, aggressioni protette dall’esercito di occupazione.

Il nostro quotidiano è straziato, la nostra via è straziata, i nostri cuori sono straziati, le nostre famiglie sono straziate, ma non ci spostiamo dalla nostra terra e festeggeremo l’Aid, costi quel che costi, sfidando gli occupanti sionisti, il loro assedio e le loro misure drastiche, conclude infine.

Traduzione di Giovanna Vallone