‘Bugie di guerra: il caso Ciriello’.

Uno tra gli eventi più irrisolti di Ramallah sarà ricordato in una conferenza in programma per mercoledì 12 maggio 2010, alle ore 12, presso la sala Paola Angelici, al primo piano di piazza della Torretta 36, a Roma.

In questo incontro, dal titolo “Bugie di guerra: il caso Ciriello”, l’argomento sarà la morte ancora in attesa di una risposta di un giornalista freelance, fotografo e fotoreporter di guerra: il collaboratore del “Corriere della Sera”, Raffaele Ciriello.

Colpito da una raffica di mitra sparata da un carro armato israeliano, morì in terra palestinese, a Ramallah, mentre cercava di documentare l’ennesima, violentissima giornata di scontri, iniziata all'alba con l'avanzata dell'esercito israeliano, per completare il rastrellamento e l'occupazione della città, il 13 marzo di 8 anni fa.

La conferenza si interesserà ancora alle dinamiche dell’uccisione che non sono mai state chiarite; secondo Amedeo Ricucci, un giornalista del Tg1 che si trovava insieme al fotoreporter, gli israeliani avevano sparato senza motivo.
“I soldati – aveva dichiarato Ricucci –affermano di aver sparato contro di noi perché dalla nostra parte era stato aperto il fuoco contro un carro armato. Ma i palestinesi, che erano dietro di noi, non avevano sparato neppure un colpo. Il tank ha sparato in un momento e in una zona in cui non erano in corso combattimenti”.

Per quanto, subito dopo l’incidente, nel 2002, fosse stato espresso il cordoglio da parte del governo e del Parlamento, tuttavia le autorità israeliane respinsero l’idea di prendere in considerazione la rogatoria avanzata dai giudici di Milano, che chiedeva di identificare i componenti del carro armato israeliano da cui era partita la raffica di mitra (visibili nel video girato, in punto di morte, dallo stesso Ciriello).

Il governo israeliano si rifiutò di farlo, nonostante la firma del trattato di collaborazione giudiziaria (Convenzione di Strasburgo) stipulato tra i due paesi. In seguito a ciò il procedimento penale verrà perciò archiviato; contestando prima l’incarico dei giudici italiani di indagare su una morte avvenuta al di fuori dei confini nazionali, le autorità di Tel Aviv si arrogarono poi il diritto di giudicare “infondata” la richiesta dei magistrati: a loro avviso non vi era alcuna responsabilità da parte di Israele per la morte di Raffaele.

Bisogna sottolineare che l’ardire degli israeliani fu sostenuto anche dall’atteggiamento del nostro ministero degli Esteri che, al posto di far intraprendere un'azione formale contro le loro autorità (rifiutatesi di conformarsi ai trattati internazionali ratificati) una volta ricevuti i risultati dell'inchiesta interna dell'Israeli Defence Forces sui fatti di Ramallah dichiarò solamente come la consegna di quel rapporto alla famiglia e al paese di Ciriello fosse un “atto di riguardo” e da apprezzare…

La versione ufficiale e definitiva dello stato di Israele sui fatti di Ramallah affermava che, secondo l'IDF, la morte di Raffaele Ciriello non sarebbe stato altro che uno sfortunato e tragico incidente. Ciriello sarebbe morto infatti per errore, in quanto scambiato per un palestinese armato di RPG (un lanciagranate, che si punta a spalla), nonostante impugnasse una piccola telecamera amatoriale. Si leggeva inoltre che, “esaminate tutte le circostanze, era evidente che da parte dei nostri soldati non vi fosse stata alcuna inadempienza”. Come dire: il caso è chiuso.

Ai militari israeliani non è mai interessato più di tanto fornire una versione credibile dell'accaduto, quanto evitarne le conseguenze, per garantire ai propri soldati la più totale irreprensibilità, evitando problemi di carattere legale di tipo internazionale.

Non c'è perciò da stupirsi del vortice di versioni fornite di volta in volta sull’accaduto: prima l'ammissione dell'errore, poi la ritrattazione sbalorditiva – “non ci sono prove che siamo stati noi a sparare”, come disse nell'agosto 2002 il portavoce dell'IDF –infine l’ultima ridicola versione dell'incidente.

Un iter analogo era stato seguito d'altronde per le inchieste svolte dall'IDF sulla morte di altri 4 giornalisti uccisi da fuoco israeliano in Palestina, tutti professionisti dalla lunga esperienza, uccisi in circostanze quantomeno sospette (nonostante fossero chiaramente identificabili come giornalisti).
Secondo Reporters sans Frontieres su nessuna di queste morti c'è mai stata un'inchiesta seria, né sono mai state prese sanzioni, disciplinari o amministrative, nei confronti dei soldati che hanno aperto il fuoco.

Resta, infine, il fatto che finora nessuno abbia avuto il coraggio, civile prima che politico, di protestare contro questa situazione che rende complici tutti del rischio che la morte di Raffaele venga archiviata come uno dei tanti incidenti sul lavoro.

Per questo, è bene ricordare pubblicamente l’accaduto: una buona occasione sarà proprio quella di mercoledì 28, a Roma, dove parteciperanno Paolo Butturini, segretario dell'Associazione Stampa Romana, Natalia Marra, presidente della Consulta Freelance dell'Associazione Stampa Romana, Amedeo Ricucci, inviato Rai Educational, e Nico Piro, inviato Tg3.

 

Fonti:

http://www.facebook.com/pages/Consulta-freelance-Lazio/111721762196092?ref=mf

http://www.raffaeleciriello.com/

http://it.wikipedia.org/wiki/Raffaele_Ciriello

http://www.repubblica.it/online/mondo/terriquarantadue/diciassette/diciassette.html

http://www.altremappe.org/LiberaInformazione/RicucciCiriello.htm

A cura di Erica Celada

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