Colonizzare il Natale: dati su Betlemme e l’occupazione israeliana

Organizzazione per la Liberazione della Palestina (Olp).

Natale 2012.

Colonizzare il Natale: dati su Betlemme e l’occupazione israeliana.

Betlemme è un chiaro esempio dei terribili effetti negativi che le politiche di colonizzazione israeliane hanno prodotto in Palestina. Proprietà confiscate illegalmente, famiglie palestinesi espulse e continua costruzione di insediamenti israeliani, sono solo alcune delle innumerevoli storie che si possono udire nelle parole degli abitanti della Palestina, in particolare di Betlemme. Israele ha effettivamente cercato di modificare la struttura demografica e la composizione geografica dei territori palestinesi occupati, in particolare nella zona di Gerusalemme Est, confiscando quante più possibili proprietà e risorse naturali e includendo il meno possibile di cittadini palestinesi, a beneficio dell’illegale impresa coloniale.

Insediamenti israeliani e Betlemme

A partire dall’occupazione israeliana del 1967, Israele ha intrapreso diverse politiche per cercare di annettere le aree importanti del distretto di Betlemme. Come conseguenza, Betlemme ha perso buona parte del suo territorio a nord a causa degli insediamenti israeliani.

  • Dal 1967, alcuni dei più grandi progetti d’insediamento illegale che aumentarono drammaticamente dopo gli Accordi di Oslo del 1993, sono stati portati a termine nella zona occupata di Gerusalemme Est, in particolare a Betlemme.
  • Attualmente 22 insediamenti israeliani si sono stabiliti sul territorio di Betlemme. Essi includono: Gilo, Giv’at Hamatos e Har Homa a nord; Teqoa e Nokdim (dove vive Avigdor Lieberman, ministro degli Esteri israeliano) ad est; Efrata e Navi Daniel (dove vive Yuli Edelstein, ministro per l’Informazione di Israele) a sud; Har Gilo e Betar Illit ad ovest, trasformando così Betlemme in una prigione a cielo aperto.
  • Nella zona nord di Betlemme (incluse le città di Beit Jala e Beit Sahour) Israele ha confiscato illegalmente circa 22.000 dunum di terreno (22 chilometri quadrati), che equivalgono a circa le stesse dimensioni dello Stato di Nauru.
  • Dei 22.000 dunum confiscati, Israele ha annesso illegalmente 18.000 dunum alla cosiddetta “Municipalità di Gerusalemme” che continua ad espandere dal 1967. Questi terreni confiscati sono stati usati per ingrandire gli insediamenti illegali di Gilo, Giv‘at Hamatos e Har Homa.
  • Il muro illegale ha di fatto permesso ad Israele di annettere 4.000 dunum di terreno che appartenevano a Betlemme.

Il nord: gli insediamenti di Gilo, Giv’at Hamatos e Har Homa

  • L’insieme degli insediamenti di Har Gilo, Cremisan, Gilo, Giv’at Hamatos e Har Homa andranno effettivamente ad isolare Betlemme da Gerusalemme. Inoltre, questa rete d’insediamenti potrebbe espandersi verso la zona orientale di Betlemme, arrestando ogni possibile crescita della città verso la valle del fiume Giordano e verso il Mar Morto, all’interno dello Stato di Palestina.
  • Alcuni dei progetti israeliani annunciati per gli insediamenti di Gilo, Giv’at Hamatos e Har Homa riguardano la costruzione di hotel che beneficeranno della vicinanza a Betlemme e godranno di una vista perfetta sulla città. Gli alberghi saranno costruiti sulla terra che appartiene a Betlemme; non favoriranno però i legittimi proprietari terrieri, bensì l’attività di colonizzazione illegale israeliana. Inoltre, il progetto influenzerà negativamente anche gli hotel palestinesi di Betlemme e Gerusalemme est.
  • La maggior parte dei proprietari dei terreni interessati sono cristiani palestinesi di Betlemme, Beit Jala e Beit Sahour, oltre ad appartenenti a diverse confessioni.

 

Il “regime dei permessi” e gli attacchi israeliani contro la libertà di culto

La politica di occupazione israeliana volta a separare e isolare le diverse comunità palestinesi, ha diviso comunità storiche in maniera sistematica. In particolare, il muro e l’instaurarsi di un “regime dei permessi” razzista hanno intensificato ulteriormente la separazione tra Betlemme e Gerusalemme.

 

Il regime esige che i Palestinesi che non risiedono a Gerusalemme debbano possedere un permesso di sicurezza per passare da un lato all’altro. Quest’obbligo è previsto anche per le autorità religiose cristiane e musulmane, le donne, gli anziani e i giovani.

 

Per consolidare la propria annessione illegittima a Gerusalemme Est, Israele esige che i palestinesi di Betlemme debbano avere dei permessi per entrare nel territorio occupato di Gerusalemme Est.

 

  • Al fine di migliorare la propria immagine internazionale, durante il periodo di Pasqua e Natale Israele vende i permessi ai cristiani palestinesi. Questo gesto rappresenterebbe l’impegno e la cooperazione di Israele; tuttavia, i palestinesi sono comunque tenuti a chiedere il permesso alla potenza occupante per passare da un lato all’altro non di un paese straniero ma del loro stesso Paese. Nonostante questo, non tutti coloro che richiedono il permesso alla fine lo ottengono. Ad esempio, nell’aprile 2011, 15.000 cristiani palestinesi hanno richiesto il permesso di entrare nella Gerusalemme Est occupata, ma Israele ne ha concessi solamente circa 2500[1].
  • Israele inoltre rilascia i permessi in maniera casuale, spesso solo ad uno o due membri di una stessa famiglia. Ciò implica che i permessi non vengano utilizzati poiché le famiglie che scelgono di stare insieme sono costrette a festeggiare a casa.
  • Chi possiede una carta d’identità palestinese e riesce ad ottenere il permesso, può entrare a Gerusalemme solo da 3 dei 14 posti di blocco militari che circondano la città occupata. Questi checkpoint sono interdetti ai pedoni, provocando così disagi e lunghi ritardi[2].
  • Nei pressi di Betlemme ci sono 32 barriere fisiche erette dalle forze di occupazione israeliane, inclusi posti di blocco, blocchi stradali, cumuli di terra e cancelli[3].
  • Alcuni rapporti internazionali si sono occupati di questa situazione. Il rapporto su Gerusalemme della rappresentanza diplomatica europea (2012) ha rilevato che il Governo di Israele applica restrizioni politiche e giuridiche a discapito della libertà di culto dei fedeli cristiani e musulmani che vorrebbero accedere ai siti religiosi situati nella città vecchia di Gerusalemme[4].
  • La maggior parte dei cristiani palestinesi che si trova in Palestina, vive tra Gerusalemme Est e il distretto di Betlemme (2007)[5].

 

 

 

Ultimi sviluppi: Cremisan e Mar Elias (Giv’at Hamatos)

 

Per più di un anno, i Palestinesi di Beit Jala hanno continuato a pregare per salvare la loro terra da un’ulteriore annessione. Dopo aver confiscato quasi il 70% del loro territorio a favore degli insediamenti israeliani di Gilo e Har Gilo, Israele ora progetta di costruire un muro che separerà i Palestinesi da una delle ultime aree verdi rimaste a Betlemme, la Cremisan Valley.

 

  • La valle che Israele vorrebbe annettere è proprietà sia di 58 famiglie cristiane palestinesi che delle Chiese. Si trova tra gli insediamenti di Gilo e Har Gilo e include anche il progetto d’insediamento di Giv’at Yael.
  • Più della metà degli olivi di Beit Jala si trova a Cremisan. L’olio d’oliva che viene prodotto in quella zona è considerato uno dei più raffinati della Palestina.
  • Una scuola materna cattolica gestita da suore salesiane sarà pesantemente colpita dal progetto israeliano. Inoltre, un Seminario cattolico e un’azienda vinicola gestita da Salesiani, dove lavora personale proveniente da Beit Jala, rimarranno nel lato occidentale del muro.
  • Israele prevede di continuare la costruzione durante i primi mesi del 2013, ma se il muro verrà costruito, i palestinesi della zona di Betlemme perderanno una delle loro tradizioni più preziose. Infatti, durante gli ultimi mesi di maggio, la comunità cattolica organizza una processione dalla statua in onore della Vergine Maria a Cremisan fino alla Chiesa dell’Annunciazione a Beit Jala.

 

L’insediamento di Mar Elias – Giv’at Hamatos

 

Mar Elias è uno dei siti cristiani più santi in Palestina. E’ il luogo da cui ogni anno ha inizio la processione di Natale verso Betlemme. Anche se storicamente è sempre appartenuto a Betlemme, le restrizioni imposte da Israele hanno impedito ai cristiani palestinesi di accedere liberamente alla chiesa per pregare in quell’area.

 

La terra che circonda Mar Elias appartiene principalmente alle Chiese e alle famiglie cristiane palestinesi di Betlemme. Tuttavia, la maggior parte di essa è stata confiscata illegalmente dalle autorità d’occupazione israeliane allo scopo di espandere i propri insediamenti. Giv’at Hamatos è diventato il collegamento tra Gilo e Har Homa, isolando Betlemme da Gerusalemme e minacciando un luogo sacro situato nella parte storica di Gerusalemme, sulla strada per Hebron.

 

  • Migliaia di nuovi insediamenti sono stati annunciati tra il 2011 e il 2012. Un numero che viene considerato come una misura di ritorsione contro quello richiesto dalle Nazioni Unite (2610 unità).
  • La parte meridionale di Giv’at Hamatos è divisa in tre aree (zona A di cui fanno parte 2610 unità, zona B con 549 unità e zona C con 813 unità) ed include l’area di Tantour che storicamente apparterrebbe a Beit Jala. Invece a nord l’insediamento raggiunge Talpivot, a Gerusalemme Ovest.
  • Qualora fosse portato a termine, questo insediamento potrebbe produrre un effetto simile all’espansione E1 di Ma‘ale Adumin: potrebbe isolare ulteriormente Gerusalemme est occupata, trasformando le comunità palestinesi in qualcosa di simile ai bantustan.

 

.Traduzione per InfoPal a cura di Elisa Ticinelli


* http://www.kairospalestine.ps/sites/default/Documents/Kairos%20position%20on%20Holy%20week.pdf

1Faith under occupation: The plight of the indigenous Christians in the Holy Land, http://www.eappi.org/index.php?id=7530

[2] Ibid.

[3] UN OCHA, Shrinking Space: Urban Contraction and Rural Fragmentation in the Bethlehem Governorate, Maggio 2009, http://www.ochaopt.org/documents/ocha_opt_bethlehem_shrinking_space_may_2009_english.pdf

[4] EU Heads of Mission Report on Jerusalem (2012), p. 30: http://www.reiner-bernstein.de/genferinitiative/ge_erklaerungen/EU-Jerusalem%20Report_11.02.12.pdf

[5] Palestinian Christians: Facts, figures and trends’, Diyar 2008; http://www.diyar.ps/media/documents/pal_chr_booklet.pdf, 7